
La dignità dei cornuti. Fuori dalla gabbia della tecnica.
Il tradimento è uno degli atti peggiori che una persona possa subire. Ma cosa avverrebbe se il tradito fosse consapevole del tradimento che avviene costantemente, quotidianamente, ripetutamente?! Il soggetto in questione, uomo o donna, diverrebbe immediatamente lo zimbello del paese. Questo nel caso di una persona comune. Nel caso di noi cittadini italiani è la normalità!
Lo Stato, la comunità nazionale in cui viviamo, ha abdicato completamente la propria funzione e il proprio dovere. Tutto ciò per cui lo Stato ha ragione di esistere, tutto quello che ci rende cittadini italiani, viene costantemente, ripetutamente, disatteso. Può esistere tradimento peggiore? No! È evidente che, al di là dei diritti inscritti nella nostra costituzione, ci sono delle regole non scritte che, storicamente, culturalmente, come popolo abbiamo abbracciato. Qualcosa che discende direttamente dalla cultura classica, dalla storia dei popoli della penisola, dalla conformazione morfologica del nostro territorio. Qualcosa che è intrinseco nel nostro stesso essere. Ebbene, questo confligge con una cultura “finanziaria” speculativa, talmente dogmatica che ha assunto il ruolo di “religione” per la gestione del “prodotto umanità”.
Oggi in maniera ancora più evidente che in passato, questa pseudo religione, ha soppiantato totalmente l’economia reale: il capitale, il liberismo (quello della mano invisibile di Smith), è il fantasma contro cui certe narrative continuano a farci combattere ma, in realtà, queste fasi sono state ampiamente superate e sostituite dalla potenza pervasiva della finanza che riesce a determinare l’estinzione di enorme somme di capitali, spostare le tendenze dei mercati, far morire o vivere gli stati. Cosa rimane in nostro possesso?! Cosa possiamo controllare a tutela della nostra possibilità di autodeterminare il nostro futuro?
Per ora la materia: la terra, l’oro, la casa, cioè quelle cose tangibili che possiamo usare per scegliere cosa vogliamo, in breve la “proprietà”, ma per quanto? Per il tempo che rimane tra il “rastrellamento” in atto di questi beni materiali da parte dei fondi speculativi e la nostra resistenza alla tecno gabbia che hanno costruito appositamente per il raggiungimento di questo obiettivo. Perché deve essere chiaro: non esiste diritto laddove esiste un vincolo, perché se c’è un vincolo quel diritto si trasforma in concessione. La tecno gabbia serve a questo. Dietro l’apparenza di una semplificazione, burocratica e gestionale, si nasconde la fitta tela di una ragnatela sociopolitica che altro non è che lo strumento di controllo delle masse.
Nessuno, in alcun modo, deve frapporsi tra gli interessi della finanza ed i suoi obiettivi. Se per raggiungere questo obiettivo occorre sacrificare vite umane saranno considerati danni collaterali o meglio, come piace tanto al mainstream: “mali improvvisi”. Come movimento politico, nato in contrapposizione a una narrativa falsa e tendenziosa, che ha portato alla promulgazione della legge Lorenzin, sappiamo riconoscere i chiaroscuri che si nascondono nelle pieghe dell’attuale storia. Per questo non possiamo rimanere silenti e fermi, abbiamo il dovere di cittadini, di operare per il bene collettivo, in favore dell’umanità e contro la disumanizzazione. Questo è il lavoro che come movimento SìAMO dobbiamo compiere e lo stiamo facendo.
Il cosiddetto “che fare” del movimento SìAMO, già inscritto nel nostro manifesto valoriale, si manifesta plasticamente nelle azioni sui territori e nella stessa struttura organizzativa. In primo luogo l’avvicinamento di tutti i comitati territoriali, su tutto il territorio nazionale, che operano e si battono sui più disparati temi. Se come movimento politico abbiamo l’inderogabile esigenza di spingere la nostra idea di “società futura”, nel contempo abbiamo il compito di operare attivamente sui sintomi di una malattia ben più ampia, senza bisogno di attribuirci nessuna battaglia: le battaglie del popolo devono essere sostenute da tutti e affidate al popolo stesso.
Incontri di persona: respingiamo l’idea di una politica virtuale. Siamo contrari alla digitalizzazione dei rapporti umani, tanto quanto siamo contrari alla supremazia degli algoritmi sulle nostre esistenze. La “macchina” si nutre di tutto ciò che passa attraverso la rete e, data la quantità di risorse che noi forniamo, oggi rischiamo di superare in negativo il recinto del pensiero unico per approdare nell’epoca del “sentimento unico”. Per contrastare tutto questo è necessaria l’esistenza di un movimento che sappia essere davvero critico sulla fase storica che stiamo attraversando.
Un contenitore cui aderire per dare vita a quel sussulto di dignità ormai inderogabile. La casa di ogni uomo o donna in cui la politica nazionale si basa sulle sollecitazioni ricevute dai territori e non attua le politiche utili a qualcuno. La casa di tutte le persone e di nessun personaggio, dove i lavori per cambiare lo “status quo” discendono dai dibattiti interni e non dall’imperio di qualcuno: questo è il movimento SìAMO. Riepilogando, il sentimento che spinge e muove la coscienza di alcuni può essere anche l’accettazione di essere dei “traditi”, ma almeno impegniamoci a salvare la dignità dei “cornuti”.
Emiliano Gioia – Segretario Nazionale Movimento Siamo
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Il rapporto tra lo Stato e i cittadini è mediato dagli apparati che sono composti da persone attraverso la prassi del voto. Quando il sistema raggiunge il limite dell’autoreferenzialità e autotutela senza più sufficiente attenzione verso il popolo che viene ridotto a mero elemento costitutivo spersonalizzato, l’etica impone, come imperativo, di non continuare ad alimentare con il voto il sistema…il sistema dunque va abbattuto e successivamente rifondato.
Concordo pienamente!
Oltretutto faccio presente che dal 1934, con l’iscrizione al SEC di Washington, l’Italia è una corporazione privata, mentre con la firma dell’Armistizio di Cassibile la penisola viene di fatto consegnata agli USA.
Un richiamo forte alla necessità di un ritorno ai rapporti umani autentici e a una politica che venga dai territori e dalle persone, lontano dalla digitalizzazione e dal controllo degli algoritmi. Un movimento che cerca di ridare dignità e speranza in un’epoca che rischia di omologare il pensiero e il sentimento.