La preannunciata svolta nella politica migratoria. La Francia si scopre sovranista?
La gestazione è stata lunga e i colpi di scena si preannunciano dietro l’angolo. Sabato sera il segretario generale dell’Eliseo, Alexis Kohler, ha annunciato la formazione del nuovo governo, di Michel Barnier, ufficializzando la lista dei ministri.
All’Economia, Finanze e Industria andrà Antoine Armand, agli Esteri Jean-Noel Barrot, all’Interno Bruno Retailleau mentre alla Difesa viene confermato Sebastien Lecornu. Confermata alla Cultura anche Rachida Dati, mentre Didier Migaud va alla Giustizia. Tra le altre donne del governo Barnier, Anna Genetet all’Istruzione nazionale, Genevieve Darrieussecq alla Sanità, Annie Genevard all’Agricoltura e la Sovranità alimentare e Agnes Pannier-Runacher alla Transizione ecologica. La portavoce del governo sarà Maud Bregeon.
“Una squadra, subito al lavoro” ha scritto, con le bandierine di Francia e Ue, Michel Barnier su X pochi minuti dopo che dall’Eliseo è stata annunciata la lista dei ministri del suo nuovo governo.
Il neo governo, nonostante l’esito elettorale punta sul macronismo con qualche contentino a destra e verso les Républicains da cui proviene il premier, più qualche cane sciolto con lontani percorsi a sinistra. Si tratta di un governo minoritario che dovrà acquisire i favori da parte di spezzoni delle opposizioni per fare approvare singoli provvedimenti frutto di compromessi.
Il presidente Emmanuel Macron ha convocato lunedì pomeriggio alle 15 il nuovo governo per un consiglio dei ministri, ha reso noto l’Eliseo.
Non sono mancate le robuste prese di posizione delle opposizioni. ”Sbarazziamocene il prima possibile” della squadra di Michel Barnier. Così Jean-Luc Melenchon, leader de La France Insoumise, parte della coalizione del Nuovo Fronte popolare, subito dopo l’annuncio ufficiale della formazione del governo dell’ex ministro dei Republicains ed ex commissario europeo. “Il cast del nuovo film catastrofico macronista è annunciato” continua il post in cui si denuncia il fatto che sia un governo di “quelli che hanno perso alle elezioni legislative” che non ha “né legittimità, né futuro”.
”Questo ‘nuovo’ governo segna il ritorno del macronismo dalla porta di servizio” dice il presidente di Rassemblement National Jordan Bardella. “Ciò che i francesi hanno democraticamente sancito, per due volte, non può essere revocato con deplorevoli giochi di apparati e calcoli politici – ha scritto su X – è quindi un governo senza futuro.”
Naturalmente resta la principale incognita politica che è quella parlamentare perché il nuovo governo gode dell’appoggio preventivo dell’area che si rifà a Macron e dei repubblicani ma non ha la maggioranza all’Assemblea Nazionale, salvo colpi di scena tra i socialisti, dove monta la fronda contro il segretario Olivier Faure, finora schiacciato sulle posizioni massimaliste e filo-Putin di Jean-Luc Mélenchon, capo della France Insoumise, l’ala più di sinistra del nuovo Fronte Popolare.
In attesa di conoscere il programma del governo, qualche segnale di rilevante importanza è già trapelato.
Anche Parigi entra a gamba tesa nel tema delle politiche immigrazioniste dell’Ue. È il neo primo ministro Barnier ad inserirsi in un dibattito che nelle ultime settimane s’è fatto più che bollente.
Per l’ex rappresentante dell’Unione europea nelle trattative per la Brexit, «c’è sempre la sensazione che le frontiere siano dei setacci e che i flussi migratori non siano controllati.” Li controlleremo non con ideologie, discorsi e frasi, ma con misure concrete”, è stata la prima, e praticamente l’unica, presa di posizione che ha fatto alla stampa in seguito alla nomina e prima ancora di formare il governo. Sono due le priorità che avrà l’esecutivo: debito pubblico e immigrazione.
La Francia rimette al centro i controlli alle frontiere e lo fa in un momento delicatissimo per l’Europa. Berlino, infatti, ha iniziato a respingere gli immigrati illegali prima che possano presentare la domanda di asilo; la Svezia, per incoraggiarli esplicitamente a lasciare il Paese, ha appena proposto un’indennità di 30.000 euro per chi decide di tornare a vivere nel proprio Paese d’origine, oltre a star preparando un inasprimento delle condizioni per facilitare le espulsioni; il governo olandese presenterà molto presto a Bruxelles una richiesta per essere esentato dalla politica di asilo Ue; Budapest ha promesso bus per mandare gli immigrati al Quartiere Europeo e nel frattempo, in Italia si parla di nuovo di frontiere ed immigrati perché abbiamo un ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, attuale vicepremier, per il quale i pm hanno chiesto la condanna a 6 anni di carcere per aver bloccato una nave Ong carica di immigrati.
Con la nomina di Michel Barnier, Macron ha sostituito il giovane Attal, con il più vecchio della storia moderna dei gollisti. Era fondamentale trovare stabilità, ma soprattutto qualcuno capace di vantare anche dimestichezza con gli euroburocrati: la spada di Damocle della procedura d’infrazione non può più essere ignorata all’Hotel Matignon.
Adesso, però, Barnier è chiamato prima di tutto a dar prova di coerenza. È quello che si aspetta Bardella visto che solo tre anni fa, in occasione delle primarie per le presidenziali presentò un manifesto che sembrava la fotocopia di quello del Rassemblememnt national. Tant’è che l’ala più sinistra dei macroniani lo guarda con circospezione, mentre i socialisti, dopo le indiscrezioni sull’immigrazione, non l’hanno neppure incontrato.
Già in passato Barnier aveva manifestato il suo pensiero sull’immigrazione «per congelarla in Francia per cinque anni», criticò aspramente la Corte di giustizia Ue chiamata a «riacquistare sovranità giuridica» sui ricorsi, chiese di fermare le regolarizzazioni dei clandestini per imporre un giro di vite sulle condizioni necessarie a garantire il diritto d’asilo, ma soprattutto propose di cristallizzare di fatto i processi di ingresso di cittadini extracomunitari sul suolo francese per ottenere un patto d’integrazione rafforzata: «diverse centinaia di migliaia di stranieri si sono ormai stabiliti sul nostro territorio senza capire il francese e talvolta senza sentire il bisogno di impararlo. Di questo si nutre il discredito della politica. E di esso si nutrono la delinquenza e la radicalizzazione islamista».
Oggi anche in Francia la situazione migratoria è sempre più problematica e i dati del ministero dell’Interno sono eloquenti. Nel 2023, sono stati 320000 i permessi di soggiorno approvati in Francia, ossia il 17% in più rispetto al 2019. Mai la Francia ha accolto così tanti immigrati: quattro milioni tra permessi di soggiorno validi e documenti di soggiorno provvisori. Al 31 dicembre 2023 s’è registrato un aumento del 4,4% rispetto al 2022. Le richieste di asilo hanno registrato un aumento rispetto all’anno precedente è del 7,2%.
In media, con Emmanuel Macron sono stati concessi ogni anno 275.000 primi permessi di soggiorno a immigrati extraeuropei, ovvero il 26% in più rispetto alla presidenza Hollande e il 45% in più rispetto a quella di Sarkozy. Le principali nazionalità che beneficiano dei nuovi permessi di soggiorno sono rimaste invariate negli ultimi anni: Marocco, Algeria e Tunisia.
Anche se non tutti gli immigrati si stabiliscono permanentemente in Francia, come ci dicono i dati INSEE – l’Istituto nazionale della statistica e degli studi economici francese -, considerato l’arco temporale di quindici anni, per ogni immigrato che lascia la Francia, più di quattro immigrati si stabiliscono sul territorio nazionale.
Ogni anno vengono emessi più di centomila decreti di espulsione, ma la stragrande maggioranza di essi, non viene mai eseguita: solo uno su dieci dei richiedenti respinti viene effettivamente rimandato nel Paese d’origine.
A questo si lega tutto il tema della sicurezza nazionale tra terrorismo islamico e delinquenza, ed anche quello dell’aiuto sanitario statale (AME) che per decenni ha consentito agli stranieri in situazione irregolare di beneficiare dell’accesso alle cure.
«È ora di dire la verità ai francesi», ha giustamente ricordato Michel Barnier nel suo discorso di consegna a proposito d’immigrazione. Dimostrando come sia inusuale sentire l’esponente dell’europeismo più assoluto, adottare un lessico non certamente dissimile da quello di Salvini, Orban, Wilders, Le Pen.
In egual modo, va tenuto conto che, sebbene la politica del governo italiano sull’immigrazione stia raccogliendo i primi frutti, i numeri degli ingressi sono ben lontani da quelli che Salvini ottenne tra il 2018 e il 2019. E un eventuale blocco dei confini francesi rischierebbe di spostare la tensione su Roma: la risposta da preparare non sarebbe, quindi, più solo sull’emergenza sbarchi, ma sul facile attraversamento dei confini dei clandestini respinti da una parte e dall’altra, sull’integrazione, sugli allontanamenti, sul rischio terrorismo.
Intanto, l’europeista Barnier ha ricordato che la sovranità è la cifra distintiva della nuova politica parigina. Toccherà all’Italia assumere le disposizioni conseguenti pe evitare di soccombere sui confini non presidiati con la Francia.
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