Di Michele Franco (prima parte)
Premessa – Questa serie di articoli sono una semplice “carrellata” su modelli che han fatto, (e fanno), sognare persone di ogni età e ceto sociale. Di queste auto troverete alcune curiosità e dati tecnici basici, senza scendere in approfondimenti che lo spazio non permetterebbe. Si tratta di un breve viaggio tra le hot hatch, “piccoline terribili” oggi quasi sparite dai listini: i programmi UE per la “transizione verde” ne stanno decretando la fine. Le “vetture da divertimento” vengono demonizzate, al punto da apparire anacronistiche, non “politically correct”, e il tempo in cui bastava poco per sperimentare emozioni al volante sentendosi un po’ “piloti” se ne è andato. Oggi
siamo al canto del cigno di un’epoca automobilistica eroica e maledetta. Comunque, irripetibile. Buona lettura (m.f.).
PUNTATA 1: I PIONIERISTICI ANNI ‘70 – Ma ci fu un tempo… in cui mettevi la monetina nel juke-box o infilavi la “cassetta” nello stereo dell’auto, e ascoltavi “Mi ritorni in mente” di Battisti, “Ma il cielo è sempre più blu” di Gaetano, “America” della Nannini, “Gloria” di Tozzi. Ogni lettore/lettrice avrà rimpianti, nostalgie, ricordi da qualche parte laggiù, nel profondo del cuore. Cose emozionanti. Oppure sceglievi il retro di “Amarsi un po’” e ascoltavi “Sì, viaggiare”. Il duo Battisti-Mogol aveva creato la canzone più rassicurante e conciliante con l’auto e la strada che ci fosse. Cullato da quel ritmo, “pennellavi” le curve con dolcezza, per stare in sintonia con quelle parole e quella musica!
Ma bastava poco, e il demone della velocità ti assaliva. Finita la canzone, i buoni propositi sfumavano, e lo stridio dei pneumatici in curva ti trasportava in un’altra dimensione, pericolosa ed eccitante insieme.
Eh, sì, perché ci fu un tempo in cui era punto d’orgoglio avere una scatoletta rumorosa e arrabbiata, una “bara su ruote” prepotente, con la quale mettevi in riga berline e sportive blasonate e ben più potenti. Perché anche tu possedevi una delle famose “auto ignoranti”. O ne eri posseduto? In ogni caso, sei pronto? Gira la chiave, qua non si fa la gita da guidatori della domenica. Qua si sgomma!
CHE SONO I PORTELLONI BOLLENTI? – Le “Hot hatchback” (portelloni bollenti), entrarono in scena negli anni ‘70, e fu rivoluzione nel modo di intendere la funzione stessa dell’auto: da guidare si passava a “pilotare”, scoprendo così il divertimento che il mezzo poteva offrire. Il passaggio ebbe un costo elevato perché un sacco di bestioline arrabbiate si stampò su un muro o si accartocciò abbracciando un palo, e un sacco di gente finì nelle statistiche lasciando anzitempo la “valle di lacrime”. Restavano parenti e amici piangenti che maledicevano quelle auto. In realtà, anche un cucchiaio, se usato in modo improprio, può essere mortale. Figurati delle piccole “bombe” del peso di 7-800 kg che avevano un’esuberante “cavalleria” nel cofano, toccavano i 200 orari ed erano guidabili da persone di ogni età!
Gli inglesi coniarono la definizione “hot hatch” mutuandola dal gergo nautico, dove hatch sta sia per concetto di aprirsi, sia per definire il boccaporto, una delle aperture sul ponte delle navi. Questo diventa, sulle auto, il portellone delle utilitarie 3-5 porte di segmento B-C, con passi ridotti, prestazioni brillanti, capaci di far divertire senza costi di manutenzione eccessivi. Per decenni queste auto erano state auto da città o da piccola famiglia, senza alcuna pretesa sportiva. Ma ora nasceva un concept nuovo di intendere la mobilità che farà scuola, e che venderà davvero tanto.
Le “Piccole bombe” o “Bare su ruote” rispondono a requisiti precisi: sono compatte. Derivano da modelli più tranquilli o modesti. Hanno motori potenti ma non esagerati (tranne rare eccezioni), a 3-4 cilindri, quasi sempre dotati di turbocompressore o con 16 valvole. La trazione è anteriore, per divertire con una guida intuitiva. La compatta sportiva deve essere campione di equilibrio tra sei elementi importanti: motore, cambio, sterzo, sospensioni, telaio, assetto. Tutti questi fattori devono assicurare una guida divertente, brillante e nel contempo agile, che permetta al pilota di giocare tra mezzo meccanico e superficie sotto le ruote, su asfalto e su sterrato o misto, su asciutto e su bagnato.
Il pregio autentico non sta in potenze incredibili e soluzioni sofisticate sul versante tecnologico, ma nei motori pepati abbinati a ripartizioni pesi ideali.
La piccolina diverte in ogni occasione: in città è facile da parcheggiare, bruciante negli sprint ai semafori, agile nel destreggiarsi nel traffico. Fuori città offre emozioni a mille su tornanti e misto-stretto e in ogni situazione di guida.
Alla classica frase: “A me l’auto serve per andare dal punto A al punto B” l’amante di hot hatch vi risponderà: “Anche a me. Ma da A a B ci voglio andare con un gran sorriso”. Le automobili “hot” sono capaci di scaldare il cuore degli appassionati, e non è cosa da poco!
TRAVOLTI DA UN INSOLITO DESTINO NELL’AZZURRO MARE D’AGOSTO
Furono fenomeno di portata anche sociologica. Fino ai primi ‘70 le prestazioni erano esclusiva di auto costose e di grande cilindrata. Tu viaggiavi sulla tua utilitaria e invidiavi i ricconi che ti sfrecciavano davanti, in autostrada o sulle statali. Con le “piccole bombe” ci fu la rivincita delle classi sociali inferiori: ora, anche l’operaio aveva tra le mani un’auto piccola, sì, ma ignorante e irrispettosa, che se ne fregava delle cilindrate più grosse, e che, anzi, le affrontava, le sfidava, divertendosi a “lasciarle dietro” sui rettilinei e, ancor di più, sul misto-stretto. Le compatte due porte + portellone si divoravano curve e tornanti, facendo mangiare polvere a cilindrate doppie o triple rispetto alla loro. Nasceva così una generazione di “piloti” da cui emersero i “manici” che si fecero onore nei rally e su pista. Questa “rivincita sociale” fu fenomeno che trovava in libri e film la conferma che il proletariato poteva, non solo nei giganteschi scioperi di categoria, ma anche su strada, dire la sua. Anzi, “cantarle” alla borghesia medio-alta. Uno dei momenti più limpidi di questo pensiero lo troviamo nel film di Lina Wertmuller (1974), il cui lungo titolo avete letto in apertura. La compianta Melato e Giannini sono strepitosi nei ruoli di Raffaella, ricca borghese del nord, e Gennarino, proletario del sud. I due sono portati dal fato a convivere e sopravvivere nella natura ostile, all’inizio scontrandosi e infine amandosi, prima che ognuno sia obbligato a ritornare nella sua dimensione sociale di partenza. Ma la parentesi c’è stata. Fuori dalle convenzioni sociali si son sfidati e confrontati due esseri umani in antitesi nella società. Su asfalto, senza le piccole bombe, questo confronto tra ceti sociali diversi non sarebbe potuto avvenire.
I sopravvissuti di quell’epoca “eroica” oggi hanno età compresa tra 50-70 anni, ma, con loro, troviamo una moltitudine di giovani appassionati delle “piccole bombe”, così il mercato di queste automobili è fiorente e non conosce cali, coi prezzi dell’usato in continua ascesa! Va da sé che trovare una hot hatch che non sia schilometrata di brutto, che non abbia subìto incidenti grossi, che non sia fonte di problemi continui, costituisce una notevole sfida. Quando ti innamori, ogni logica e ogni buon senso svaniscono, ma questo lo san bene anche gli speculatori! Buona fortuna, quindi, nella caccia alla piccola hot hatch che vorreste avere, occhieggiante come una odalisca tentatrice, ad attendervi in garage o nel cortile di casa.
Per tanti guai vi crei, vi basterà sedervicisi sopra e accendere il motore, godervi il sound rabbioso, sentire le vibrazioni nell’abitacolo… e un bel sorriso vi disegnerà il volto. Siete pronti ad uscire per dare qualche lezione di guida a ‘ste auto intelligenti che fan tutto, e che han reso amorfo ogni istinto di guida e di sopravvivenza nelle emergenze che possono capitare sull’asfalto. Eh sì, perché la vostra bestiolina di 50 anni fa superava i 200 orari, divorava i 100 metri in 8”, e lo faceva stando su pneumatici da 13 pollici di diametro e 175 di sezione. Ruote così, oggi son montate su quadricicli o sonnolente utilitarie da città…
1970-1980: 1973 Simca 1100 Ti – 1975 Autobianchi A 112 Abarth – 1976 Talbot Samba Rallye, Renault 5 Alpine, VW Golf GTI 1.6 Mk1 – 1977 Innocenti Mini De Tomaso – 1978 FIAT 127 Sport – 1979 Talbot Sunbeam Ti e Lotus
In Europa, i francesi crearono quella che fu la capostipite del concept “piccola, derivata da vettura per famiglie, cattivella”. Andando con ordine, eccovi la
Simca 1.100 Ti (1973-1979) Lei diede origine alla “new age” automobilistica.
Era il 1973 e l’auto restò in produzione fino al 1979, ormai obsoleta. Era una “bagnarola”, infatti le forme ricordavano quelle di un natante, ma nella versione Ti la cilindrata fu portata a 1.294 cc con 82 CV di potenza, per uno 0-100 in 13” e velocità di 165 Km/h. Con assetto diverso, fanaleria stile “rally”, una gran bella tenuta di strada, fu scelta da chi voleva guidare divertendosi un po’ di più con poco di più di spesa. Aggiungo che ammirare qualche esemplare (raro), ai raduni di auto storiche, resta sempre un bel vedere, capace di scatenare nostalgie intense. Le gloriose Simca 1000 e poi Simca 1.100 fecero da apripista alla gran quantità di francesine hot hatch che seguiranno negli anni. Auto eccezionali e ricercatissime, risultato di una filosofia costruttiva che darà divertimento e brividi a manetta, e che saprà portare auto sempre più performanti, fino al limite del brutale, sulle strade e nei rally di tutto il mondo.
Michele Franco
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