
Medicinali e mercato: mix mortale per il semi-defunto sistema (in)sanitario pubblico (in via di privatizzazione)
Eccoci nella mesta stagione esistenziale in cui capita di doversi assumere il gravoso pietoso còmpito di riordinare e sgomberare l’abitazione dei nostri cari che sono passati a “miglior vita” (speriamo…).
Dalle stanze desolate, sconsolate, da stipati armadi e cassetti, tra so/gni infr/anti – o incubi – ed ogni sorta di oggettistica (le “buone cose di pessimo gusto”, di gozzaniana memoria), documenti, lettere, cartoline e foto ingiallite, ricordanze che, sbucando come spietati sicari dal buio del tempo dolente, infliggono a tradimento improvvise pugnalate al cuore, spuntano loro: le medicine. Montagne. Analgesici, astringenti o lassativi, depurativi, disinfettanti, antibiotici, antivirali, antiemorragici, antireumatici, antipertensivi, antipiretici e antinfiammatori, fans o steroidei, psicotropi, sedativi, sonniferi o stimolanti, lenitivi, miorilassanti, mucolitici, ipolipemizzanti, progestinici, in compresse, capsule, granuli, gocce, supposte, creme, ovuli, pomate e unguenti, preparazioni iniettabili o in aerosol spray, insomma in differenti formulazioni, dosaggi e frazionamenti, dentro blister o bustine, flaconi o scatolette dallo stile colorato ed accattivante, queste oniriche sostanze terapeutiche, sovente superflue, spesso spacciate per pozioni miracolose, che ingegnosi pubblicitari battezzano con denominazioni commerciali pseudoscientifiche bizzarre e fantasiose, dalla celeberrima aspirina alla raccomandatissima tachipirina (paracetamolo con “vigile attesa”, secondo il protocollo standard della pandemoniaca pandemia da covid), dall’altisonante atorvastatina al palindromo xanax, allo zimox, dall’abbab allo zuzzuz (inventati adesso), sono prodigalmente prescritte a iosa dal dottore, “basico” o specialista; magari trovi quattro identiche confezioni da trenta, delle quali appena un paio di pillole utilizzate, le restanti intonse, ormai scadute.
È il mix letale che il gigantesco lucroso mercato del Big-Pharma propina ai malati, immaginari o reali.
Aggiungendo gli immancabili integratori, le visite ambulatoriali e gli esami di laboratorio, ricoveri di pronto-soccorso e/o operazioni ospedaliere (assai rare, essendo i nosocomi quasi inaccessibili alla plebe poco abbiente), dalla summenzionata auto-denuncia familiare di “spreco chimico”, largamente incentivato dai colossi multinazionali, si deduce che, se vogliamo salvare ciò che rimane del semi-defunto sistema (in)sanitario pubblico, in corso di strisciante privatizzazione “all’americana” (o paghi o crepi!), giacché dotato di risorse economiche notevolmente ridotte dai continui ta/gli in bilancio – nell’ammontare complessivo o in percentuale al pil – e costretto a liste-d’attesa eterne, indecenti, non possiamo seguitare così; bisogna mirare alla salute vera: migliorare il benessere psicosomatico dell’individuo – giovane o maturo – nella società, non prolungare meramente nel tempo l’età anagrafica, ossia la vecchiaia e l’infermità, protraendo vanamente il supplizio del paziente e dei parenti (si sostituisce la cacotanasia all’eutanasia…).
Facile! Parole, parole, parole…, direte voi, citando Mina. Ma come?
Considerando che giusto negli USA, ad esempio (cattivo), chi ha la disgrazia di non esser ricco – e/o lautamente assi-curato – a curarsi rinuncia (forzata abitudine oltreoceanica che gli italioti purtroppo stanno imitando), tanto che l’esasperazione porta le masse ad esaltare a eroe popolare un tizio accusato d’aver assassinato in strada, a Manhattan, l’amministratore-delegato della UnitedHealth Corporation, e che l’obesità rappresenta un problema estremamente esteso e costoso negli States, qui, nella Penisoletta dello Stivaletto, ove noi non figuriamo nelle fortunate élite cui siano riservate suite al San Raffaele di Milano o al Gemelli di Roma (auguri di piena guarigione al Pontefice, naturalmente!), abbiamo invece la scelta obbligata di risparmiare le spese del settore tramite i tre pilastri ineludibili della prevenzione, dell’alimentazione corretta ed equilibrata (mediterranea originale) e del movimento fisico (camminate, ginnastica, sport eccetera); ne risulta, però, un quarto, che li sussume, inglobandoli, su cui non possediamo strumenti per influire come singoli cittadini: l’ambiente. In tal senso, la vigorosa ventata ambidestrorsa controecologista dell’Aurea Era e del Novello Disordine Immondiale trumputiniano sembra chiaramente virare in diversa direzione, rifossilizzandosi sulle inquinanti fonti energetiche di petrolio e gas, responsabili di abbondante anidride carbonica nell’atmosfera, che favorisce la (denegata) crisi climatica planetaria – alla faccia delle generazioni future –, nonché esiziali tumori e innumerevoli morbi perniciosi per l’organismo umano-animale.
Forse prediligiamo locupletarci, rimpinguarci e riarmarci piuttosto che disintossicarci ed evitare il cancro.
Una demenziale metastasi mortale.
Già’…
Ciao Enrico, ho letto tutto d’un fiato il tuo articolo : l’ho sentito parte di un disagio condiviso anch’io aprendo cassetti armadi, scansie.. con un ritmo incalzante per cui non vedi l’ora di terminare perché porta sofferenza…
Spero di vederti di nuovo a Condove buon lavoro
A presto
Elena