
Filippo Manuelli: “Spesso sottovalutata”
Oggi l’educazione finanziaria dovrebbe essere una vera e propria skill, annoverabile tra quelle trasversali. Infatti, possedere una cultura finanziaria significa non solo amministrare e controllare meglio il proprio denaro, ma anche saper affrontare imprevisti e difficoltà economiche che possono capitare. Per cui, anche se può risultare noioso e complicato, si dovrebbe necessariamente conoscere rendimenti, mercati finanziari, azioni e obbligazioni.
Secondo la definizione dell’OCSE, l’educazione finanziaria “è un processo attraverso il quale i consumatori, i risparmiatori e gli investitori migliorano le loro capacità di comprensione dei prodotti finanziari e dei concetti che ne sono alla base e attraverso istruzioni, informazioni, consigli sviluppano attitudini e conoscenze atte a comprendere i rischi e le opportunità di fare scelte informate, dove ricevere supporto o aiuto per realizzare tali scelte e per le azioni da intraprendere per migliorare il proprio stato e il livello di protezione”.
L’educazione finanziaria di cui parliamo, quindi, non mira a creare “esperti del settore” ma a fornire un insieme di nozioni di base che riguardano le regole del funzionamento dell’economia, dei mercati e degli strumenti finanziari. Solo così si compiono scelte informate e consapevoli, si pianificano e si gestiscono le risorse finanziarie personali, si comprendono correttamente opportunità e rischi degli investimenti che ci vengono proposti.
In realtà, da anni, organismi internazionali e istituzioni nazionali studiano il fenomeno, analizzano le cause e le conseguenze di questa scarsa conoscenza in materia, cercando le possibili soluzioni per migliorare questa condizione.
Ad esempio, a partire dal 2017 la Banca d’Italia svolge ogni tre anni un’indagine nazionale sull’alfabetizzazione finanziaria degli adulti. Lo studio del 2023, che ha coinvolto un campione di poco meno di 5.000 individui di età compresa tra i 18 e i 79 anni residenti in Italia, ha valutato le conoscenze, i comportamenti e le attitudini in ambito finanziario. La sorpresa è che l’indicatore complessivo di alfabetizzazione finanziaria è pari a 10,7 – in aumento di 0,5 rispetto al precedente rapporto del 2020 – ma tuttavia, ancora lontano dal massimo ottenibile di 20 e, in aggiunta, i dati medi variano in base alle caratteristiche socio-demografiche del Paese.
Secondo lo stesso rapporto, una conoscenza inadeguata espone a rischi di truffe, raggiri o ad investimenti poco adatti alle proprie esigenze, quest’ultimo, peraltro è un errore molto più frequente di quanto si possa immaginare. Al contrario, chi possiede una corretta padronanza finanziaria ha una maggiore propensione alla pianificazione e gestione del risparmio, essenziale per ridurre le incertezze e le ansie legate alle questioni economiche della propria famiglia.
Tra i giovani non va meglio. Un’altra indagine, sempre condotta dalla Banca di Italia nel 2023, ha intervistato un campione di 5.400 persone – tra 18 e 34 anni – sui principali concetti economici quali inflazione, tasso di interesse e diversificazione del rischio: gli esiti rilevano che solo il 35% è stato in grado di rispondere correttamente.
La situazione non migliora neanche tra i giovanissimi. Secondo il Programma PISA, la più grande indagine internazionale promossa dall’OCSE per valutare le competenze di problem solving e lifelong learning dei quindicenni, l’Italia occupa il 12° posto su 20 paesi, con un punteggio complessivo inferiore al punteggio medio dei partecipanti; il 20,9% dei giovani ha una conoscenza finanziaria insufficiente (livello 1) rispetto a una media Ocse del 14,7% mentre, guardando nella parte alta della classifica, la percentuale di studenti italiani capaci di risolvere problemi complessi (livello 5) è meno della metà del dato medio registrato globalmente (5% vs 11%).
Va precisato che l’alfabetizzazione finanziaria non faceva parte dei programmi scolastici ai tempi dell’indagine; solo grazie alla recentissima legge n.21 del 5 marzo 2024 (c.d. DDL Capitali) dal prossimo anno scolastico sarà parte integrante degli argomenti di educazione civica.
Di fronte a questi dati è obbligatoria la strada che deve portare ad un potenziamento della nostra cultura finanziaria, ma cosa si può fare concretamente per migliorare l’alfabetizzazione e colmare il divario con gli altri Paesi?
È sicuramente necessario un approccio che operi su più fronti e che coinvolga diversi attori, a cominciare dalla scuola.
Come previsto dalla citata normativa, l’educazione finanziaria deve essere un argomento inserito nella programmazione didattica di tutti gli indirizzi scolastici, per lo meno della scuola superiore; chiaramente questo comporterebbe anche un’ adeguata formazione dei docenti.
Proprio su quest’ultimo punto, diverse istituzioni offrono attività a sostegno dell’insegnamento: la Banca d’Italia propone una formazione per insegnanti di ogni grado; la CONSOB (Commissione nazionale per le società e la borsa) ha istituito un programma di formazione finanziaria per piccoli gruppi di insegnanti che, a loro volta, dovranno formare colleghi della primaria affinché affrontino il tema finanziario in modo adeguato con gli studenti di età compresa tra i 6 e i 10 anni.
Parallelamente, sarebbe necessario promuovere campagne di sensibilizzazione su media e social, così come bisognerebbe sviluppare strumenti versatili per favorire percorsi di autoformazione della conoscenza rivolti a tutta quella popolazione che ormai è fuori dall’ambito scolastico o universitario. Va detto che alcune testate giornalistiche si stanno già muovendo in questa direzione, ad esempio il Corriere della Sera propone un’app per smartphone con un sistema di intelligenza artificiale: una vera assistente virtuale in grado di rispondere alle domande dei lettori con un linguaggio semplice e naturale.
Ma tornando alle indagini, tra le lacune evidenziate, oltre ad una limitata educazione finanziaria a scuola, c’è una scarsa attitudine delle famiglie a discutere di temi economici; solo un ragazzo su tre risponde di aver affrontato temi finanziari a casa e di essere stato coinvolto nella gestione delle finanze domestiche.
Dunque, migliorare il livello di conoscenza finanziaria richiede uno sforzo congiunto da parte di molti.
Il governo italiano ha già intrapreso un’importante iniziativa con la creazione, nel 2017, del Comitato per l’Educazione Finanziaria(Edufin), il cui scopo è di coordinare e promuovere l’alfabetizzazione economica del Paese. Infatti, oltre a definire le linee guida per lo sviluppo delle competenze nella scuola e la realizzazione di programmi di educazione finanziaria per gli adulti, l’Edufin promuove ogni anno il “Mese dell’Educazione Finanziaria”, con eventi e attività a cui aderiscono associazioni, istituzioni, fondazioni, imprese, università e scuole che presentano progetti coerenti con le linee guida definite dallo stesso Comitato.
Possiamo perciò concludere affermando che sono già molte le organizzazioni no-profit promotrici dell’alfabetizzazione finanziaria in grado di fornire, a chiunque fosse interessato, un supporto dinamico all’apprendimento della competenza economica, in una prospettiva civica, sociale e occupazionale.
A questo punto non resta che preparare le nuove generazioni a gestire e pianificare correttamente le proprie finanze, a migliorare la capacità di prendere decisioni e a fornirgli gli strumenti necessari per affrontare il mondo globalizzato ed interconnesso nel quale i cambiamenti procedono a una velocità mai sperimentata finora. Solo così potremmo costruire un futuro finanziariamente più sicuro.
Filippo Manuelli per Civico20News
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Ottimo articolo. Puntuale e chiaro.