Di Aldo A. Mola
Il RSAA: “Ordo ab Chao”
Si torna a sussurrare di poteri occulti, di trame settarie. I falò in onore di San Giovanni vanno bene. Ma quale? Il Battista, che predicava solingo dal deserto e finì decollato, o l’Evangelista, enigmatico e inafferrabile? A quale dei due sono intitolate centinaia di logge massoniche nel mondo, a volte con aggiunta di un distintivo specifico, secondo tempi e luoghi? Sono entrambi misteriosi, inquietanti. Indicano la via verso l’ignoto. Lo citava spesso Giordano Gamberini, vescovo gnostico: «Il vento soffia dove vuole; tu senti la sua voce ma non sai da dove viene e dove va» (Giovanni, 3,8). È il vento della Verità. Ma lo è anche dei sospetti, di chi quando annaspa evoca i “poteri forti”, i “complotti”, tentacolari e micidiali. Bersaglio ricorrente sono i Riti massonici. Il più indiziato è soprattutto il Rito scozzese antico e accettato (RSAA), che inizia dal 1° al 33° grado, da apprendista a sovrano grande ispettore generale, depositario di chissà quali forze arcane, disseminato nel mondo da secoli, sfuggente e onnipotente. Mescola esoterismo e razionalità, alchimia e sapienza. Se ne leggono le “Carte” nel volume di Alfio B. Manoli su Il Rito scozzese antico e accettato. L’ineffabile Ordine tra Leggenda, mito e Realtà (Bari, ed. Giuseppe Laterza, 2024), che attribuisce le sue Grandi Costituzioni a Federico II di Prussia, iniziato massone il 14-15 agosto 1738, gran maestro e genio poliedrico. Mentre una robusta comitiva di docenti chiede al ministro della Pubblica Istruzione di ripristinare lo studio ciclico della storia, vien bene ricordare per sommi capi come e quando anche in Italia approdò il volo dell’Aquila Bicipite, insegna del RSAA, con la spada negli artigli e l’insegna minace: Deus meumque jus. Ordo ab Chao. Useremo qualche parola di latino, che era e rimase lingua universale prima del precipizio nella chiassosa afasia dominante, e qualche abbreviazione che il lettore scioglie agevolmente da sé.
La sua nascita “per l’Italia”
Cinquant’anni orsono, sotto il titolo Freemasonry in Italy: a few historical notes on ancientness of the Supreme Council of Italy (Massoneria in Italia: poche note sull’anzianità del Supremo Consiglio d’Italia), Manlio Cecovini, allora sovrano del Supremo consiglio del Rito scozzese antico e accettato incorporato nel Grande oriente d’Italia (detto “di Palazzo Giustiniani” dalla sede in cui era vissuto), in un opuscolo plurilingue illustrò la genesi del Supremo consiglio d’Italia ai partecipanti all’XI conferenza internazionale dei Supremi consigli del mondo (Indianapolis, USA, 1-5 giugno 1975). Asserito, su fonti non citate, che il RSAA «in realtà esisteva in Italia molto prima di Napoleone», Cecovini scrisse che però esso venne organizzato «ufficialmente» sotto l’impero napoleonico, il 16 marzo 1805 quando il conte Augusto di Grasse-Tilly prese l’iniziativa di costituire «in Milano» un Supremo Consiglio e una Gran loggia generale che, sull’esempio di quella di Francia, prese nome di Grande Oriente d’Italia (GOI). A sostegno della propria affermazione Cecovini pubblicò in edizione anastatica sei pagine dell’“atto di nascita” del Supremo Consiglio (SC), conservato negli archivi del Rito. Nel 1983 una sua copia fu stampata integralmente in edizione anastatica da Brunello Nardini, esoterista e straordinario gentiluomo, che ne fornì anche la traduzione. Nella breve prefazione egli scrisse: «Il 4° giorno del 2° mese dell’anno 5805 (1805), de Grasse-Tilly, Pyron, Vidal e Renier, scrissero e sottoscrissero a Milano l’Atto che, per la prima volta, viene qui riprodotto in fac-simile unitamente alla sua versione in lingua italiana. Grazie a questo prezioso e incontestabile documento, il R.S.A.A. d’Italia – scomparso il S.C. delle Isole Francesi – diventa, per anzianità, il terzo del mondo, dopo quello “madre” del 1801 e quello di Francia del 1804». Per lui, dunque, la nascita andava datata 4 aprile 1805 (per la massoneria l’anno inizia con marzo e agli anni dopo Cristo bisogna aggiungerne 4.000 perché si diceva e si credeva che la Creazione fosse avvenuta appunto in quell’anno).
Nel 1974 era comparso il robusto saggio di François Collaveri, La Franc-maçonnerie des Bonapartes, con prestigiosa prefazione di Georges Dumézil (Parigi, Payot, 1982) mai tradotto in Italia, forse proprio perché è uno studio serio. Sulla scorta del Livre d’Or du Suprème Conseil, conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi, Fondo Manoscritti, all’epoca diretto da Florence de Lussy, l’autore sintetizzò la vicenda. Poiché la Massoneria francese era posta sotto la protezione speciale di Napoleone, dal 2 dicembre 1804 Imperatore dei Francesi, e questi era presidente della Repubblica italiana, i massoni francesi decisero di organizzare in Italia una Gran loggia metropolitana e un Gran capitolo metropolitano, «dopo una ricognizione dei luoghi». L’iniziativa pareva inizialmente riservata al Grande Oriente di Francia. Quest’ultimo però venne battuto sul tempo da massoni di rito scozzese, che ritenevano di avere una sorta di riservato dominio sulla moltiplicazione delle Grandi logge. Prima gli alti gradi, poi l’amministrazione ordinaria. In virtù dei poteri con i quali aveva dato vita al Supremo Consiglio dei Caraibi francesi e a quello di Francia (1804), il conte Augusto di Grasse-Tilly – scrisse Collaveri – conferì il grado di Grande ispettore generale a Pietro Calepio, Giambattista Constabili, Marco Alessandri, Gusta-Villani, Daniele Felici e Pietro Parma «per costituire e installare un Supremo Consiglio del 33° grado al fine di regolare e governare, “par nous”, la Massoneria in Italia di rito scozzese antico e accettato» e «far amare l’Ordine Reale della Massoneria». Il documento, datato 16 marzo 1805, – egli precisò – fu siglato da Grasse-Tilly, dal suo “secretaire des commandements” Paul Vidal e firmato da tre italiani: Calepio, Constabili e Alessandri. «Vidal – proseguì Collaveri – si recò a Milano e con i cofirmatari dell’Atto e altri massoni ai quali conferì i gradi sommi del rito, creò il Supremo consiglio d’Italia.» Sempre sotto la sua autorità fu programmata l’installazione in Milano di una Gran loggia generale (o Grande Oriente), cui concorsero due gruppi di logge.
Dove e quando? Non a Milano ma a Parigi. Il 16 marzo 1805.
L’atto di fondazione del Supremo Consiglio, sia nella versione edita da Nardini, sia in quella pubblicata da Cecovini, sgombra il campo dalle incertezze di datazione e, soprattutto, di luogo che a lungo hanno avvolto l’evento, creando la confusione che tuttora perdura. Per eliminare i dubbi residui occorre confrontare i documenti massonici con quelli concernenti i personaggi che li sottoscrissero o vi figurarono e bisogna far uso corretto della storia e della geografia.
Poiché le due edizioni dell’Atto di cui parliamo non sono facilmente reperibili, riteniamo opportuno citarlo per sommi capi. Il documento inizia con l’intestazione-invocazione: Universis Orbis Terrarum Architectoris gloria(m) ab ingenii. È una formula di interpretazione nient’affatto agevole, giacché ab regge l’ablativo, mentre nel manoscritto l’avverbio è seguito dal genitivo di ingenium. Il senso torna se si concede all’amanuense un lapsus calami, leggendo ad anziché ab. Ove fosse ad, il motto suonerebbe infatti «a gloria dell’ingenio dell’Architetto…». Va anche rilevato l’uso del raro ma non scorretto Architectoris, che sostituisce il più comune Architecti. Sotto il sigillo del Rito, figura la formula rituale Deus meumque ius. Ordo ab Chao.
Ed ecco, per stralci, i suoi passi fondamentali:
«Sotto la Volta Celeste dello Zenith nel punto verticale del 48° Gr, 50 mins, 14 secon. Latit. nord.
Noi Sovrani Principi Massoni Grandi Ispettori Generali del 33 gr.(ado), debitamente e regolarmente costituiti e patentati dal Potentissimo fr. Augusto Degrasse Tilly, sovrano gran commendatore ad Vitam di tutti i Concistori e Supremi Consigli di Francia e delle Isole francesi d’America; i Sovrani Principi Massoni Grandi Ispettori Generali del 33° Grado di Francia e delle Isole francesi d’America, gli Illustrissimi ff.[ratelli, cioè massoni, NdA] Renier, Pyron e Vidal; considerando che l’Ordine Massonico in Italia non ha ancora conseguito tutto lo Splendore e la maestà che gli sono dovuti; che le diverse logge istallate sino a oggi non hanno ancora un punto di raccolta in un Corpo Rappresentativo e Amministrativo; che i loro lavori non hanno affatto attinto la regolarità loro necessaria; che le alte Scienze mistiche, verso la cui conoscenza i massoni non cessano di volgere i loro voti, non possono ricevervi le comunicazioni e gli sviluppi di cui sono suscettibili, poiché [il loro, NdA] insegnamento non è ancora per nulla organizzato in Italia; considerando inoltre che i Sovrani Consigli del 33° Grado, eretti dalla potenza Suprema alla quale essi debbono la loro esistenza, ha [sic] per obiettivo di regolare e governare, nei due emisferi del globo, le diverse Logge Massoniche, quali che siano i loro Riti, e di richiamarli incessantemente all’osservanza dei principi e dei fondamenti originari dell’Ordine dei liberi e valenti massoni liberi e accettati hanno [sic] preso la deliberazione seguente: art. 1. È costituito ed eretto in Italia un Supremo Consiglio di Sovrani Grandi Ispettori Generali del 33° grado; art. 2. Il Supremo Consiglio del 33° Grado in Italia è formato da Nove membri; art. 3. La nomina del gran commendatore ad Vitam sarà immediatamente votata e presentata alla maestà del Re d’Italia; art. 4. Il Supremo Gran Consiglio del 33° nomina alla dignità di Luogotenente del Gran Commendatore l’illustrissimo fr. Calepio. A quella di Gr. Oratore l’Ill.mo fr. Felici. A quella di Segretario del Santo Impero l’Ill. fr. Costabilli [sic]. A quella di Gran Cancelliere [manca il nome NdA]. A quella di gran Tesoriere del S. Impero l’Ill.fr. Alessandri. A quella di Capitano delle Guardie l’Ill. fr. Guastavillani; art.5. Il Sovrano Gran Consiglio volendo dare agl’Ill. ff. De-Grasse-Tilly, Renier, Pyron e Vidal segni particolari di riconoscenza dell’Ordine Massonico in Italia per i servizi che essi hanno reso all’Ordine, essendone i principali fondatori, li nomina e proclama membri del Supremo Consiglio in Italia.»
Duque, il Supremo Consiglio nacque italo-francese, o meglio franco-italiano.
Da pagina 4 l’atto reca la Constitution Générale de l’Ordre Maçonnique en Italie, in cui si legge ch’esso è posto «sotto la direzione diretta d’un Sovrano Consiglio di Principi Massoni Grandi Ispettori Generali del 33° Grado» ed è rappresentato da una «Dieta massonica con la denominazione di Grande Oriente d’Italia».
Ci troviamo dunque dinnanzi all’atto di nascita non solo del Supremo Consiglio della giurisdizione italiana del RSAA ma anche della Gran loggia generale, poi denominata Grande Oriente d’Italia (GOI), la cui organizzazione è minuziosamente descritta nel documento redatto il 16 marzo a Parigi. Esso si chiude nei modi rituali. Pubblicata e citata varie volte, ma stranamente non compresa, la formula utilizzata non lascia margini a ulteriori dispute: «Fait et arreté sous le point vertical du Zénith, répondant au 48 dég. 50 min. 14 seconds. Latit. Nord et après avoir pris l’avis de plusieurs Princes Vaillans et libres Maçons acceptés, tant en France qu’en Italie. Le 16. du 1.r mois 5805, 16 mars 1805». È la latitudine di Parigi, non di Milano. La data è: 16 marzo 1805.
Il Supremo Consiglio che il 20 giugno 1805 insediò in Milano il Grande Oriente d’Italia nacque dunque a Parigi e non a Milano, la cui latitudine nord è, appunto, di 45 gradi, 27 minuti e 59 secondi. Per quanto sorprendente, malgrado la pubblicazione del documento si è continuato a ripetere che esso venne installato il 16 marzo 1805 nella città ambrosiana, capitale della Repubblica italiana anche se nell’atto costitutivo, come s’è veduto, già si parla esplicitamente di Regno d’Italia. Il Supremo Consiglio della giurisdizione scozzesista italiana fu costituito sotto le ali dell’Aquila Imperiale e all’obbedienza di Napoleone molto più che dell’Architector, anche se nella Costituzione generale dell’Ordine massonico in Italia si dice esplicitamente che «le G. O. d’Italie est invariablement fixé à Milan».
La sua funzione storica: un “partito” per il Viceré d’Italia
L’Atto costitutivo del Supremo Consiglio si conclude con l’elenco dei firmatari: Calepio, Allessandri [sic], Renier, Costabilli [sic], Degrasse Tilly, Pyron, Kellerman, Paul Vidal. In continuazione esso detta le norme dell’Organisation du G. O. en Italie (non d’Italie), quasi emanazione di quello d’Oltralpe, alla stregua della giurisdizione scozzesista italiana che, secondo Pyron e Vidal, avrebbe dovuto operare in Italia «par nous», ovvero “par eux”. Jean-Baptiste Pyron fu il vero stratega della fondazione della Massoneria bonapartista nostrana nella delicatissima fase del trapasso dalla Repubblica italiana al Regno d’Italia (comprendente il Lombardo-Veneto, l’Emilia-Romagna e poco più), una “marca” dell’Impero, che aveva fagocitato direttamente Piemonte e Liguria. Nell’atto non venne indicato il nome del futuro gran maestro del GOI, ma solo quello del suo aggiunto, Pietro Calepio, ex ambasciatore in Spagna. L’“atto” fu scritto in francese, quasi a sottolineare che il SC e il futuro GOI traevano la loro legittimità dall’Oltralpe.
Tanto nell’edizione Cecovini quanto in quella Nardini, il documento termina con il sigillo in ceralacca e la scritta: «Pour copie conforme…, 4° giorno del 2° mese 5805», cioè 4 aprile 1805. Questa data ha spesso confuso lettori frettolosi, che hanno spesso confusola copia con l’originale: datata inequivocabilmente 16 marzo 1805.
Lo stesso giorno il ventiquattrenne Eugenio di Beauharnais (Parigi, 1781 – Monaco di Baviera, 1824) entrò in Milano per Porta Marengo (già Porta Ticinese), accompagnato da cacciatori e granatieri a cavallo della guardia imperiale, da gendarmeria scelta e mamelucchi. Il 1° febbraio precedente da mero colonnello egli era stato elevato da Napoleone a principe e cancelliere dell’impero francese. L’indomani, 17 marzo – ma a Parigi, non in Milano – una folta delegazione della Repubblica italiana, guidata dal suo vicepresidente, Francesco Melzi d’Heril, da Marescalchi, Caprara, Paradisi, Fenaroli, Constabili, Luosi, Guicciardi, Guastavillani, Lambertenghi, Villotti, Dombrowski, Rangone, Calepio, Litta, Fé, Alessandri, Salimbeni, Appiani (celebre pittore) e altri presentò all’Imperatore il deliberato del 15 precedente con il quale lo «pregavano di accettare e assumere il titolo di Re d’Italia» e lo invitavano a Milano per celebrarvi l’incoronazione. Era esattamente quanto Napoleone s’attendeva. Il 19 la Consulta di Stato della Repubblica italiana pubblicò con apposito proclama lo Statuto Costituzionale che dichiarava Napoleone I Re d’Italia. Anche tale atto fu deliberato in Parigi. I milanesi ne ebbero notizia con l’arrivo di un corriere speciale, alle 6 del mattino del 26 marzo.
Troppo assorbito dall’organizzazione dell’Impero e dal completamento della sua “grande opera”, Napoleone intendeva farsi incoronare re d’Italia, ma non poteva dedicarvi più tempo dello stretto necessario. Eugenio di Beauharnais era il suo missus dominicus, senza alcuna autonomia. Aveva bisogno di un “partito” a suo sostegno: “consiglieri” preparati e leali, “con-giurati”. Allo scopo vennero costituiti il Supremo Consiglio e il Grande Oriente, nei quali confluirono i notabili del regime napoleonico.
Il 26 maggio, al culmine di una fastosa cerimonia iniziata col corteo da Palazzo Reale al Duomo di Milano, “Napoleone di tutti i Riti” si pose sul capo la Corona Ferrea fatta recare appositamente da Monza. Il più era fatto. Un mese dopo, il 20 giugno, anche l’Imperatrice Giuseppina giunse a Milano. Lo stesso giorno nella capitale del Regno d’Italia «il Supremo Consiglio de’ Sovrani Inspettori Gen. del 33. ed ultimo g°. dell’Ordine Reale e Militare della Franca-Massoneria Scozzese, secondo il Rito antico ed accettato, regolarmente radunato in Concistoro, al punto verticale del Zenith, 45. gr. 27. min. 57 [sic] sec., lat. Sett., sotto la presidenza del G. Commendatore ad Aggiunto del G. Maestro» riunì i venerabili di sei logge per erigere «una Gr. Loggia Gen. Scozzese secondo il Rito antico ed accettato, la quale riunisca tutti i riti». Nel bel mezzo della cerimonia fu annunciato l’arrivo del generale Giuseppe Lechi, che un anno prima aveva dato vita a un Grande Oriente d’Italia. Nell’entusiasmo generale aderì alla nuova Istituzione. Questa implorò Napoleone di concederle «la medesima protezione, ch’egli si è compiaciuto di accordare a quella di Francia» pregandolo inoltre di «designare a sua scelta un Commendatore e Gran Maestro nella persona del Principe Eugenio, viceré, o di qualunque altro Principe più gli aggradi della sua Augusta Famiglia, assicurandolo nel tempo stesso della nostra divozione, e de’ più profondi sentimenti di rispetto, ond’è animato ciascuno di noi per le di lui volontà». Calepio fu incaricato di presentare a Napoleone i deliberati della Gran loggia, redatti da Vidal, l’uomo di fiducia di Pyron. Quest’ultimo, mai smentito, spesso asserì in pubblico che Napoleone era “membro del nostro Rito” e che proprio lui aveva voluto la riunione del rito francese e dello scozzese in un solo corpo amministrativo.
L’influenza della Francia sull’Italia dura da Carlo Magno…, 1200 anni, non solo oggi.
Che cosa dicono dunque i documenti? In primo luogo che nel 1805 il Supremo consiglio della giurisdizione italiana del Rito scozzese antico e accettato nacque a Parigi anziché a Milano. Esso sorse per iniziativa di componenti del Supremo Consiglio di Francia, in perfetta sintonia con Napoleone, che, deciso a farsi incoronare Re d’Italia e a nominarvi viceré il figlio adottivo Eugenio, aveva urgenza di gettare le basi di una struttura portante per la realizzazione del programma di modernizzazione di cui la massoneria era espressione. Allo scopo il 20 giugno quello stesso Supremo consiglio varato a Parigi generò la Gran loggia generale scozzese d’Italia, detta altresì Grande Oriente per assonanza con l’analoga struttura francese. Solo nella denominazione, non nella continuità effettiva, il Grande Oriente “napoleonico” è riecheggiato da quello così denominato a Firenze nel 1864 al termine di cinque anni di travagli del Grande Oriente Italiano, sorto dall’iniziativa della Loggia “Ausonia” fondata a Torino l’8 ottobre 1859 e pertanto elevata a “Madre Loggia”. Razionalità e Armonia. Tradizione e futuro. Per volare, al di sopra delle nebbie che offuscano la vista ai complottisti sempre dediti alla caccia alle streghe.
Aldo A. Mola
Emblema del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato.
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