
Certosa di Monte Benedetto (immagine wikipedia)
Losa, Monte Benedetto e Banda, a lungo dimenticate
La Val di Susa è un crocevia di popoli ed eserciti fin dall’antichità; la strada romana che conduceva in Francia verrà calcata, in gran parte, dalle “vie francigene” dei pellegrini e dei monaci del Medioevo. Il Moncenisio, con una via più breve anche se difficile, viene privilegiato negli spostamenti, a discapito del Monginevro. Quindi, la Via Francigena del Moncenisio diventa protagonista di questo territorio fin dall’Alto Medioevo, quasi uno spartiacque tra i Franchi e i Longobardi.
Ed è naturale il successivo fiorire di insediamenti religiosi, di diverso tipo e importanza, fra VIII e XII secolo: S. Maria del Moncenisio, S. Lorenzo di Oulx, S. Pietro di Novalesa (VIII secolo), S. Giusto di Susa (1029, voluto dai Marchesi di Torino), S. Michele della Chiusa (la Sacra di S. Michele, sorta alla fine del X secolo su progetto di nobili francesi), da ultima, la Precettoria di S. Antonio di Ranverso, nella pianura verso Torino, nel corso del Xii secolo.
In questo contesto, la Val di Susa offre ospitalità a diverse esperienze monastico-religiose.
A seguito della nascita dell’esperienza certosina in Francia, il primo insediamento valsusino di questa comunità avviene in una località detta Losa, nei pressi di Gravere, tra il 1189 e il 1191, su iniziativa di Tommaso I, Conte di Savoia, Aosta e Moriana (Castello di Charbonnières, 20 maggio 1178 – Moncalieri, 1 marzo 1233); appoggiato dai Marchesi di Monferrato , dagli Abati di Breme e di S. Maria di Pinerolo (Abbadia), da ecclesiastici valsusini e del Delfinato, dona alcune terre ai monaci certosini.
Pochi anni dopo, nel 1197, i monaci di Losa chiedono di potersi trasferire a Monte Benedetto, sopra Villarfocchiardo, in quanto la prima sistemazione non soddisfa il loro desiderio di isolamento. La loro Regola esalta l’estraneità della vita monacale dal mondo, invitando i certosini a costruire i loro monasteri in luoghi isolati; inoltre, essi conducono vita eremitica nelle celle e non svolgono attività manuale, la gestione dei beni e terreni è affidata a conversi e salariati sotto la guida del Priore.
Il Conte di Savoia concede l’esenzione dai pedaggi e libertà di pascolo su un ampio territorio. Tra i primi benefattori della nuova Certosa di Monte Benedetto troviamo i nobili della zona, i Signori Baratonia e Reano.
Di Monte Benedetto sappiamo che aveva uno scriptorium, locale nel quale si copiavano antichi testi, dei quali non è rimasta traccia; un lezionario qui in uso è conservato, invece, presso la Biblioteca Nazionale di Torino. Ci è pervenuta anche una Bibbia miniata, a testimoniare la presenza di una biblioteca poi dispersa.
Il sistema di vita certosino si sviluppa anche attraverso le grange, edifici-magazzini funzionali al patrimonio fondiario: fin dal XIII secolo, sono menzionate Comboira e Banda. Purtroppo, i rari documenti pervenuti ci tramandano poco di quell’epoca e di quei lavori, nulla in merito alla terza grangia certosina, in località Panzone.
Sulla presenza e quantità di monaci abbiamo poche notizie, soltanto un testo del XIII secolo enumera sei monaci e sette conversi, a darci l’idea di una piccola comunità religiosa. Nel 1435, si costruiscono il chiostro e una piccola foresteria; il Priore fa edificare cinque celle con edifici accessori.
I resti della Certosa di Monte Benedetto oggi consistono nella ex chiesa abbaziale, contornata da edifici adibiti a uso agricolo, e tracce della sala capitolare. In anni recenti, un intervento di restauro è stata effettuata da parte del Parco Orsiera – Rocciavré, all’interno del cui territorio si trova l’ex complesso monastico.
Il principale dubbio storico sulla Certosa di Monte Benedetto riguarda la carenza di documentazione: si è trattato di una perdita nel tempo e nei successivo trasferimento a Banda o denuncia una carenza di relazioni con altre istituzioni religiose?
Una delle poche notizie scritte in nostro possesso è l’autorizzazione, da parte della Chartreuse, al trasferimento della Certosa, a causa della rovina di alcuni edifici, a seguito delle piene del vicino Rio Sega, oltre che per la numerosa presenza ereticale in zona e nella confinante Val Chisone.
Nel 1498 si abbandona l’antica dimora e si mette in pratica il trasferimento più a valle, verso la grangia di Banda, che dovrà da qui in poi accogliere l’intera comunità religiosa proveniente da Monte Benedetto.
Non sarà l’unico spostamento dei certosini: prima la discesa ad Avigliana, nell’ex monastero degli Umiliati; poi il ritorno a Banda, nel 1630, fino alla sua soppressione del 1642. Il successivo spostamento è a Collegno; nel 1829 Re Carlo Felice assegna ai Certosini la Sacra di S. Michele, pochi anni dopo è il ritorno a Collegno, fino alla soppressione del 1855.
Vediamo da vicino i due complessi monastici.
Monte Benedetto
La chiesa è quasi intatta, nella sua mole severa, illuminata da tre finestre per lato; la facciata è aperta da una finestra romanica, con una massiccia porta di ingresso, che era preceduta da un portico scomparso. Come d’uso nelle certose, vi era una “correria” (o casa bassa, destinata ai conversi e ai salariati) che si trova circa un chilometro più in basso, lungo la mulattiera che sale dal paese di Villarfocchiardo. Al di sopra di quello che era l’ingresso principale, oggi murato, è visibile un affresco quattrocentesco rappresentante la Vergine col Bambino, venerata da alcuni monaci. Altri resti sono leggibili nei pressi: un muro e parte del cancello della Certosa, una finestra nella “casa del Priore”, una mensola di copertura del chiostro.
Banda
Attualmente la Certosa di Banda, abitata da privati, si presenta divisa in tre nuclei, disposti a semicerchio: la chiesa, i resti del chiostro e di alcune celle. Arrivando dalla mulattiera da Villarfocchiardo si incontra un cortile rurale attorniato da fabbricati. Ad ovest si eleva un portico, sovrastato da un primo piano a cui si accede da una scala in pietra. Dal lato sud del portico si entra in un’ala di chiostro dissestata rispetto al porticato. Sino a qualche anno esisteva una finestrella della “ruota”, probabilmente attribuibile alla cella priorale. La chiesa è in stile romanico, priva di porta d’ingresso. All’interno, nell’unica navata, si trova un coro ligneo con stalli chiusi da baldacchini, di cui è stata ipotizzata la provenienza da Monte Benedetto; i capitelli delle colonne hanno decorazioni antropomorfe in violazione del divieto di raffigurare “imagines curiosae”. Fra gli arredi trasferiti altrove, vi era il trittico della Madonna con Bambino e i santi, della fine del XV secolo, ora nella Cattedrale di San Giusto a Susa.
Entrambi gli ambienti possono essere scoperti grazie a facili passeggiate ed escursioni, su sentieri segnalati, che compiono un anello all’interno della vallata e conducono a luoghi dai nomi suggestivi ed evocativi: il Pian dell’Orso, il Colle del Vento, il Lago Rosso, il Rifugio Toesca, solo per citarne alcuni.
Un ultimo riferimento ci può portare al trekking sul “Sentiero dei Franchi”, che dalla Sacra di S. Michele conduce alla chiesa della Madonna della Losa, il primo e già citato insediamento sacro in Val Susa.
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