Il suo corpo è sepolto nella chiesa torinese dei Santi Martiri
Torino gli ha dedicato una via “a metà”, a Mirafiori Sud. Via Fratelli de Maistre, infatti, è stata intitolata a Joseph de Maistre, di cui ci occupiamo oggi, e al fratello Xavier de Maistre (Chambéry, 1763 – San Pietroburgo, 1852). Quest’ultimo è autore, fra l’altro, del visionario Viaggio attorno alla mia camera e Il lebbroso della città di Aosta.
Di nobile famiglia savoiarda, Joseph de Maistre nella sua vita sarà un magistrato, pensatore, scrittore e diplomatico, critico fin dall’inizio verso la Rivoluzione francese e l’Illuminismo. De Maistre rintraccia le radici del razionalismo e dell’individualismo dei philosophes nel ‘libero esame’ dei protestanti e interpreta il Terrore come il castigo che la Provvidenza ha inviato al popolo francese per il suo spirito ateo e fanatico (pensiero espresso all’interno delle Considérations sur la France, 1796). Egli sostiene che l’essere umano, debole e corrotto dal peccato originale, non può autogovernarsi: un ordine politico stabile è possibile soltanto se fondato sulle verità della religione.
Nel 1786 sposa la nobildonna Françoise – Marguerite de Morand, nel 1788 entra a far parte del Senato sabaudo.
Nel 1792, in seguito all’aggressione e all’invasione francese della Savoia, è costretto a fuggire in esilio, prima ad Aosta e poi in Svizzera, infine a Losanna, dove ha modo di conoscere Edward Gibbon, i Necker, Benjamin Constant e altri fuoriusciti francesi.
Quando anche la Svizzera è invasa dalle truppe francesi, de Maistre si trasferisce a Venezia, dibattendosi in serie difficoltà economiche. Tornato a Torino (1797), è costretto a lasciare di nuovo la città, ed è nominato (1799) reggente della cancelleria di Sardegna; a Cagliari entra in urto col Viceré Carlo Felice; come conseguenza, il Re Vittorio Emanuele I lo invia nel 1802, quale ministro plenipotenziario, in Russia, rappresentante di un piccolo regno nello Stato a quel tempo più esteso del mondo. E qui de Maistre diventa ben presto una delle più influenti e ammirate figure intellettuali, assiduo frequentatore dei salotti della nobiltà e dell’alta società pietroburghese. A testimonianza della sua fama, nel romanzo Guerra e pace di Lev Tolstoj la figura di Joseph de Maistre è raffigurata nel personaggio dell’abate italiano in esilio presente nel salotto della principessa Anna Pavlovna Scerer. Sembra un destino avverso, anche in Russia rimane isolato politicamente, senza istruzioni e con un povero appannaggio, incompreso dai superiori e dallo stesso Zar (uomo eccentrico e indeciso tra misticismo e politica, liberalismo e conservatorismo). Nel quadro oppressivo dell’invasione napoleonica, de Maistre svolge in seno alla corte zarista una rilevante attività politica, che porta lo zar Alessandro I a cancellare alcune riforme d’ispirazione illuministica, e a favorire l’azione apostolica della Compagnia di Gesù, andatasi man mano ricostituendo dopo il suo scioglimento del 1773.
De Maistre diventa socio della reale Accademia delle Scienze di Torino dal 31 marzo 1816.
Sarà critico anche verso il Congresso di Vienna, a suo dire autore da un lato di un impossibile tentativo di ripristino integrale dell’Ancien Régime, ch’egli ritiene di sola facciata, dall’altro di compromessi politici con le forze rivoluzionarie.
La sua esistenza si conclude a Torino, dove rientra nel 1818. In questo periodo incontra la realtà dell'”Amicizia Cattolica”, associazione religiosa guidata dal Venerabile Pio Brunone Lanteri. Nel 1819, in pieno clima di Restaurazione, de Maistre pubblica l’altro suo capolavoro, Del Papa (Du Pape), con il desiderio irrealizzato di dedicare il libro a Papa Pio VII che aveva per lui grandissima stima. Quest’opera riscuote subito un notevole successo, tanto da avere cinquanta ristampe nel corso dell’Ottocento; è in essa presente il dogma dell’infallibilità papale, poi definito nel 1870 dal Concilio Vaticano I con la costituzione dogmatica “Pastor Aeternus”.
Joseph de Maistre si spegne il 26 febbraio 1821 a Torino, circondato dai parenti e da alcuni amici e conoscenti che condividevano il suo ideale politico e spirituale.
Qualche giorno prima della morte, in una lettera a Massimo d’Azeglio, egli compiange la sorte dell’Italia divisa e lamenta lo scarso patriottismo dei connazionali, con qualche dubbio sulla convenienza per il piccolo Regno di Sardegna di impegnarsi, come avverrà, in una grande impresa di unificazione. De Maistre scrive che «[occorreva] esaminare se il Piemonte può essere più fiorente e felice come grande provincia o come piccolo regno. […] Io propendo per la seconda».
Joseph de Maistre è un importante esponente del clima politico della Restaurazione post-napoleonica, italiana ed europea, facendo parte di quella corrente teocratica e montanistica che s’innesta nel grande moto del Romanticismo europeo, contribuendo ad esso con il concetto della storia (in opposizione all’Illuminismo), intesa come tradizione e conservazione dei supremi e trascendenti valori etico-religiosi.
Il poeta “maledetto” Charles Baudelaire è stato un suo grande ammiratore e discepolo.
La sua influenza si estende ad Auguste Comte e alla sua idea del catechismo positivista e di una Chiesa Positivista. Nel Novecento, Carl Schmitt ed Emil Cioran gli hanno tributo un senso di continuità. Guido Ceronetti ha scritto, in merito a Le serate di Pietroburgo: «Una definizione non illegittima [reazionario], vero, ma che non mi comprende. Reazionario perché nelle notti o veglie di Pietroburgo di De Maistre riconosco svariate affinità. Vade retro, prima di tutto, il Terrore della Rivoluzione francese».
Un destino amaro, per Joseph de Maistre: poco amato dai suoi affini, criticato da avversari e detrattori, oggi quasi dimenticato da tutti. Una vicenda che ricorda il prefetto savonese Chabrol de Volvic (dal 31 gennaio 1806 al 23 dicembre 1812 prefetto dell’amministrazione napoleonica nel dipartimento di Montenotte, diviso fra la Liguria di ponente e il basso Piemonte, con Savona capoluogo), ma questa è un’altra storia, ligure e piemontese, da raccontare.