Progetti e studi pionieristici verso l’avvento di energie alternative ancora oggi travisate
L’immagine di copertina riporta uno schizzo in cui, turbine eoliche ancora in divenire (sebbene già testate alla fine del XIX secolo), sono disegnate con struttura a bipala e su montanti a traliccio. Forniscono energia ad abitazioni subacquee, “conchiglie” alle quali si accede da corridoi “mobili” collegati alla terraferma. Idee vaganti riprodotte nel 1978. Un’eternità, durante la quale il mondo è andato avanti, ma verso dove?
Studi e visioni oniriche di un futuro ancora da scrivere (in Italia i primi impianti eolici sono degli anni 90). Un disegno di un qualcosa che non c’era, ma che sta fermentando adesso negli studi di architettura di mezzo mondo. Proposte avveniristiche, oggi prodotte col supporto dei PC e di una grafica digitale che ha mandato in rapida pensione l’arte del disegno manuale, i tecnigrafi, le matite, i pennarelli Pantone e i rapidograph, offrendo ben altro. Attualmente si progettano metropoli subacquee. Vedere per credere:
https://www.educazionetecnicaonline.com/2017/08/01/grattacieli-marini/
Dunque, uno schizzo manuale di 46 anni fa, anticipa un insieme tendente all’auto sufficienza energetica, allo sviluppo abitativo in un ambiente acquatico, di per sé accattivante, ma soprattutto, essendo submarino, è individuato come ideale per una ottimizzazione dell’apporto energetico. L’ambiente acquatico infatti, limita la differenza di temperatura tra lo spazio interno degli edifici e l’esterno.
Durante l’inverno, l’acqua del Mediterraneo non cala al di sotto dei 12° e si aggira intorno ai 23° durante la stagione estiva (valori del 79, oggi andrebbero rivisti al rialzo). Dunque, minor differenza di temperatura, minor bisogno di energia per condizionare gli ambienti.
Scambi termici calcolati con la mente e scritti con la biro Bic, sia dal punto di vista dei materiali, sia da comportamenti puramente fisici.
Si studiavano queste cose in corsi di ricerca presso la facoltà di Architettura. Un comparto che guardava avanti, anche sotto gli occhi diffidenti di docenti della vecchia guardia, assorbiti da una cementificazione che stava dilagando a colpi di periferie e di case popolari edificate con pannelli prefabbricati ben poco attenti alla sostenibilità ambientale.
Nei corsi dei “complottisti alternativi” si studiava la dipendenza da carbone, gas e petrolio, valutando cause ed effetti, anticipando quel che sta accadendo adesso: la polifagia energetica e gli effetti collaterali sul clima e sul futuro della vita stessa sul nostro Pianeta.
Perciò, in quegli anni pionieristici dell’effetto serra e delle responsabilità antropiche, all’Istituto del professor Lorenzo Matteoli, in quattro gatti già si valutava ogni forma di energia rinnovabile, quindi, le disposizioni delle geometrie urbane, l’autoproduzione dell’energia su scala ridotta e diversificata, gli effetti dell’urbanizzazione e della distruzione sistematica dell’ambiente naturale.
Si ragionava con etica passione, si ipotizzava, si faceva di calcolo e poi si proponeva. Un pensare che sfociava in progetti limitati, ma antesignani. Uno per tutti: una copertura dove le tegole marsigliesi venivano sostituite da modelli simili, ma energeticamente attivi.
Tegole “pannello solare” collegate in serie, per incanalare il calore del Sole in un circuito di riscaldamento. Un progetto di tipo “semi passivo”, poiché la tecnologia del fotovoltaico, in quel periodo era in embrione, anche se le sue origini erano di lunga data.
Per inciso, l’effetto fotovoltaico fu scoperto nel 1839 dal giovane fisico Alexandre Edmond Becquerel. Intento a test su elettrodi immersi in soluzione conduttiva, notò che alla luce solare creavano un flusso di corrente.
Per una applicazione pratica, capace di produrre elettricità, si sarebbe dovuto attendere il 1955, quando la prima cella fotovoltaica al silicio fu brevettata dagli scienziati Daryl Chapin, Gerald Pearson e Calvin Fuller, dei Bell Laboratories del New Jersey, negli Stati Uniti.
In quel periodo il rendimento delle celle fotovoltaiche era lontano da quelle di ultima generazione. In Italia, il primo impianto della potenza di 1 kW, è stato installato nel 1979 sugli Appennini del cesenate.
In quello stesso anno, in uno studio del Politecnico, facevamo di conto, forma e progetto testato anche per quel tetto di tegole studiate per riscaldare l’ambiente sottostante. Un progetto che oggi strappa un sorriso di autostima a un manipolo di universitari. Architetti in divenire, all’epoca poco sovvenzionati anche solo di credibilità, ma con le idee già oltre l’orizzonte.
Intuizioni remote, oggi sul mercato quasi mezzo secolo dopo; le produce persino Tesla. Fa piacere e un po’ di rabbia, da parte di chi aveva già previsto e abbozzato tutto questo e il resto. Ripensandoci, si tratta di una endemica sorte che la perspicacia incontra, quando viene imbrigliata dalle lentezze della consuetudine.
Le buone idee hanno bisogno di tempo. Oggi le marsigliesi “produttive” sono diventate una bella realtà.
Realtà che se fossero decollate 40 anni fa, tra maree, vento e radiazione solare, avrebbero potuto interagire con scelte progettuali che potevano interporsi con la tendenza prevista, dell’aumento della temperatura globale. Era solo questione di visioni semplici, ma ardue da concretizzare in un sistema industriale avviato e avviluppato sulle proprie inerzie economiche e basta. Le stesse che stanno iniziando adesso sotto il nome di “green economy” e sbandierate dalle pubblicità… “sostenibili”?
“Nemo propheta in patria” Gesù di Nazaret
Articolo interessante …questi metodi potevano già essere adottati 50 anni fa,!!
Apprezzo molto la domanda finale…sono “sostenibili” ??? Le nuove tecnologie sbandierate come “green economy” ??
A me proprio non sembra!
Non sono esterofilo e sono sempre stato un estimatore del Politecnico di Torino ma, se foste stati in un altro Paese, forse, avreste cambiato il corso della storia. In ogni caso vorrei essere stato al tuo posto per gustare queste emozioni
Nulla, delle cose belle, è mai sprecato !
Un abbraccio