a cura di Angelo Tonelli (Letteratura universale Marsiglio, 2024).
Una domanda che mi pongo spesso è il perché siamo attratti da particolari periodi della Storia, cercando di approfondirne i significati nelle nostre vite e caratterizzandone quasi tutte le nostre opere.
Riconosco in Angelo Tonelli l’attrazione e il desiderio di raccontare l’Arte poetica greca attraverso la conoscenza di un tempo remoto (parliamo del VI secolo avanti Cristo) di cui è stata tramandata un’immagine non sempre confacentesi alla realtà: un periodo in cui esisteva il sacerdozio femminile e dove le Muse avevano la loro dignità intoccabile.
Oggi, ahimè, le ispiratrici delle Arti fanno molta fatica a farsi ascoltare e devono passare attraverso la cortina fumogena che avvolge l’autore, il cui primo pensiero molto spesso è quello di apparire: difficilmente sussurrano all’orecchio di chi è impegnato nella frequentazione di salotti letterari o confraternite editoriali.
Il silenzio e lo studio dei classici porterà sempre un contatto con se stessi difficilmente raggiungibile in altro modo, così favorendo la percezione delle zone inconsce dove “Le parole sono connesse e intrecciate tra di loro secondo certe caratteristiche e combinazioni naturali delle lettere” a detta di Dionigi di Alicarnasso nel commentare gli epigrammi saffici.
Angelo Tonelli ci introduce alla lettura dei frammenti di Saffo con la sua solita sapienza, chiara e per nulla apodittica, foriera di curiosità sull’opera e sulla vita della poetessa.
Ci racconta del tiaso consacrato ad Afrodite, alle Muse, alle Cariti dove lei insegnava alle giovani donne – che giungevano da Lesbo, Colofone, Mileto, Salamina e altre regioni della Grecia – a essere ricettive alla poesia, alla danza, alla musica e ai rituali, per poter essere all’altezza del compito che spettava loro come mogli nella famiglia e nella società.
Che ci fossero scuole iniziatiche anche femminili in cui le Muse erano presenti è testimoniato non solo dalle opere liriche che ci sono pervenute, ma anche dai testi tragici: l’aristocrazia di allora era dedita all’insegnamento, alla cura della polis e dell’individuo sui quali si sarebbe formata la loro società futura.
Saffo cantilenava, accompagnata dalla lira, i suoi versi durante rituali particolari, a volte nella seconda parte dei banchetti, quelli destinati alla degustazione di vini prescritti dal simposiarca o riservati alla discussione di argomenti di comune interesse.
Conosceva bene la capacità magica del canto, l’intonazione della voce, il susseguirsi di velari, labiali e gutturali per avvolgere l’uditorio; le sibilanti per esprimere il dolore della perdita… un continuo variare, per rendere l’uditorio partecipe di ciò che andava espresso nelle varie occasioni, risultava essere per la poetessa un alternarsi di suoni e immagini di cui padroneggiava perfettamente il principio.
Troppo pochi frammenti ci sono giunti per avere un panorama completo delle iniziazioni ai Misteri: solo duecentoquindici attraverso cui si respira un mondo magico in cui la parte più intima della donna viene portata alla luce nel suo splendore argenteo e cristallino.
La raccolta è divisa in cinque parti: l’AMORE è l’elemento catalizzatore principale, quell’amore assoluto che fa vedere la figlia con materni occhi a cuore.
“Ho una bella ragazza che somiglia a fiori d’oro, Cleis adorata.
Non la cambierei con tutta la Lidia, né con l’amabile…”
Umana, molto umana la nostra poetessa, seppure impregnata di quella forza prorompente delle MUSE, a cui viene dedicata la seconda raccolta.
Nell’interpretazione della BELLEZZA – di cui traccia lapidaria il frammento “Chi è soltanto bello, lo è nell’istante in cui lo guardi. Chi adesso è eccellente, subito sarà anche bello” -troviamo la profondità di chi conosce l’animo nelle sue radici, quelle affondate nella terra, quelle che non esprimono l’inganno della superficiale apparenza. Troviamo la visione dell’occhio interiore, di chi può vedere l’Oltre.
Oro e argento danzano tra i versi dell’INCANTO mentre una rappresentazione del ritorno di Ettore e dei suoi compagni dal viaggio a Tebe ci ricorda quanto tutta l’Asia fosse terreno sacro agli Dei e al loro manifestarsi tra gli eroi e i mortali; quanto tutto questo appartenesse al RITO.
Impossibile non rimanere incantati da questa raccolta, il salto in un passato glorioso di cui abbiamo perso il colore e il calore, troppo impegnati a viaggiare sui social o a seguire squallide vicende destinate a svanire nel nulla quando lo decide l’algoritmo.
Splendido libro. L’amico Angelo tonelli dimostra che ci vuole un poeta (competente) per tradurre una voce poetica.