
Ponte tra il passato e il presente, tra la Bosnia e la Croazia, tra i rosacroce e i bogomili, tra i sufi e gli gnostici, tra la materia e lo spirito.
Mostar – una città di grande diversità etnica – è nota per il suo antico ponte ad ogiva risalente all’epoca ottomana. Lo Stari Most (Ponte Vecchio di Mostar), sul fiume Neretva, è stato costruito nel 1556 dall’architetto Mimar Hajruddin. Il 9 novembre 1993 il ponte fu distrutto da un carro armato, ma nel 2004 fu completamente ricostruito dalla comunità internazionale secondo il progetto originario del 1566. È come se il ponte nascesse a Mostar per la seconda volta, ma questa volta come Ponte di Luce.
La gratitudine verso questa cittadella di luce nella capitale dell’Erzegovina – dove una gran quantità di rovine testimonia ancora le immense sofferenze della guerra è riassunta nelle seguenti parole: «In questa città dove diverse religioni s’incontrano, una città caratterizzata da profondi sentimenti, da ricordi tenaci e di lunga durata, da una coscienza etnica di sé fortemente delineata e da una profonda conoscenza della forza del sole e della pietra».
Il ponte – simbolo della città – fu distrutto nel 1993. Questo evento dimostra come l’uomo sia pronto a distruggere ciò che gli serve e lo connette ad altre persone. La distruzione di un ponte può anche essere vista come una separazione tra le persone. Infatti, a Mostar la segregazione tra le persone è una lunga storia. Nel 1999, per esempio, quasi tutti i croati vivevano ad ovest del fiume Neretva, mentre quasi tutti i bosniaci ad est del fiume. In tutta la Bosnia, il 45% della popolazione è musulmana, il 34% serbo ortodossa, cattolica il 15% e l’1% protestante. Così, per secoli, gruppi etnici dai diversi orientamenti religiosi hanno vissuto uno accanto all’altro, ma non in armonia.
Il ponte dal passato al presente
I bogomili del medioevo (gli amici di Dio), o pravi krstjani, i veri cristiani hanno trasmesso gli impulsi gnostici fino in Europa. Così, a Mostar (che significa “custode del ponte”) – e a Radimlja a Boljuni e Podvelezje – si possono trovare centinaia di monumenti funerari, gli stecci, risalenti al Medioevo, lascito dei Bogomili. Questi stecci non sono solo pietre tombali per i defunti, per i loro corpi mortali, ma piuttosto la testimonianza della resurrezione, dell’incorruttibilità; e i simboli che li adornano si riferiscono a queste peculiarità. Essi non personificano la corruttibilità del corpo mortale, ma l’incorruttibilità degli esseri viventi, spirituali. Il fatto che i Bogomili attirino ancora interesse è confermato da un recente studio, sugli stecci Bogomili appartenenti alla regione di Podvelezje, località poco conosciuta.
Purificami, mio Dio.
Purificami nel mio essere interiore ed esteriore.
Purifica il corpo, l’anima e lo spirito,
affinché germi di luce crescano in me
e facciano di me una fiaccola.
Fammi diventare una fiamma
che trasformi tutto in me e attorno a me in Luce.
(Preghiera bogomila)
Un ponte tra Islam e Cristianesimo
Il ponte di Mostar ha anche un’altra importante funzione di unione: può essere considerato anche come un ponte tra l’Islam e il Cristianesimo e, di conseguenza, come legame e riconciliazione. Nell’Islam diffuso dai Sufi ci sono molti punti in comune con lo gnosticismo. In arabo saggezza si dice s’ufija, e s’afa significa purezza. Queste parole ci mostrano come sia verosimile un collegamento tra il Vangelo gnostico della Pistis Sophia, i Bogomili e i Catari, la fraternità dei puri.
Dopo la ricostruzione del ponte, non può certamente essere un caso che il Blagaj Tekija, un tempo grande centro sufi a 20 chilometri da Mostar, sia risorto dalle ceneri. Questo sito per dervisci itineranti è stato costruito tra il 1446 e il 1520 ed è considerato uno dei centri più mistici della Bosnia-Erzegovina. Esso si trova vicino alla sorgente del fiume Buna, in un luogo dove i Bogomili si riunivano nel Medioevo. I sette principi del nome bosniaco Tekija, dato a un santuario sufi sono adempiuti: una casa, una scala, una cascata, delle rocce, la sorgente di un fiume, un monumento funebre di un insegnante della saggezza e una grotta. Questi sette elementi sono collegati secondo leggi cosmologiche e giustificano dei fatti storici, delle rivelazioni del passato e le varie linee guida tradizionali applicate. Il Tekija Blagaj è ora visitato nei fine settimana da centinaia di sufi.
Apri gli occhi e risvegliati,
vedi l’amore e l’unità che ti hanno creato.
Adora, adora il più a lungo possibile.
Adora, adora, fino a quando il segreto
della tua creazione ti sia svelato.
Immergiti, immergiti nell’oceano d’amore,
lascia andare i tuoi pensieri
e sii in accordo con l’amore.
Ama, ama, e dopo, dopo,
svanisci, svanisci nell’oceano dell’unità,
svanisci nell’oceano di bellezza
dell’uomo che sei,
e vivi, vivi, adora, adora,
come il suono di un flauto di canna.
(Poema di un maestro sufi)
Il ponte d’oro per la meta
«Tutti i grandi dello Spirito hanno cercato, durante il processo di involuzione e anche all’inizio del processo di evoluzione, di far sviluppare nei gruppi di pionieri tutti quei valori che abilitano l’essere umano ad arrivare alla Montagna sacra. Il nostro organismo materiale e spirituale è perfettamente equipaggiato e anche il cammino preparato da eoni. L’arco della promessa irradia il firmamento spirituale già dai giorni di Noè.
Così, il cammino rappresenta la base, il ponte d’oro per la meta. Qui è la vita stessa, qui siamo noi. Dobbiamo percorrere questo cammino, passo dopo passo, nella Forza di Cristo. Il cammino non è la meta, la vita stessa è la meta. In quest’opera dell’eterno creare – in cui abbiamo, come spiriti vergini, il ruolo principale – si tratta del divenire coscienti dell’entità umana. È questo il grande dramma che mettiamo in scena da milioni di anni.
Nello sviluppo delle cose, è naturale che anche le scuole dei Misteri – come le conoscevamo una volta – vengano chiuse e completamente rinnovate. Quando i guaritori inviati da Cristo tornarono, dopo aver compiuto il lavoro, entusiasti e pieni di forza, egli disse loro: In verità vi dico, compirete cose più grandi di queste. Pertanto, tutti coloro che hanno sentito l’appello, la voce interiore, tutti coloro che sono diventati consapevoli di essere chiamati, vengono spinti verso la Montagna sacra. Nella Montagna vengono trasformati in pietre d’oro, le pietre dei saggi, e incastonati nell’arco del Signore, nel ponte d’oro.
Perciò, quando Paolo dice: Attendete alla vostra salvezza con timore e tremore, non intende: Ognuno per sé e Dio per tutti, ma l’elevazione della fraternità in vera amicizia. Nessuno può raggiungere la liberazione senza la liberazione degli altri. Tutti dobbiamo aspettarci reciprocamente. Insieme formiamo una gerarchia unica di esseri, un corpo, un organismo vibrante di vita. L’ostilità e l’odio, in conformità con la legge naturale, devono trasformarsi in amicizia e amore; l’ostilità e l’odio non hanno ragion d’essere. Perciò, dobbiamo amare i nostri nemici e fare del bene a chi ci odia. In questo sta il compimento della suprema legge e dei profeti».
Jan van Rijckenborgh, La testimonianza della Fraternità della Rosacroce, cap.5
Articolo tratto dalla rivista Pentagramma – Edizioni Lectorium Rosicrucianum
Scuola Internazionale della Rosacroce d’Oro
https://www.lectoriumrosicrucianum.it/
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