CURIOSITA’ ALLA CORTE DEI SAVOIA
C
arlo Emanuele II, duca di Savoia, non iniziò a regnare che alla morte della madre, la temuta Madama Reale Cristina Borbone Francia, nonostante fosse diventato sovrano dello stato Sabaudo nel 1638, a ben quattro anni. Inizialmente succube della forte donna che aveva per genitrice, refrattario alla cultura, (con grande fastidio dei numerosi precettori), quando riuscì a prendere le redini del trono tra le reali dita, si dedicò immediatamente a cercar di rimpolpare le inesistenti ricchezze dello Stato.
L’eredità della quale beneficiava era in quel momento più che altro una pessima reputazione con il resto dell’Europa, dovuta all’azione di sterminio della popolazione valdese chiamata “Pasque Piemontesi”, spinta probabilmente dalla Madama Reale e che si era svolta nel 1655, quando l’esercito del Ducato di Savoia aveva a tutti gli effetti invaso la val Pellice. I cronisti dell’epoca raccontarono i fatti in modo raccapricciante, dei 1712 morti molti erano donne, violate ed addirittura impalate ed esposte su pubblica via e bambini, che venivano gettati sulle pietre fino ad ucciderli. Gli eventi di quelle giornate rimasero indelebili nella memoria collettiva e anche in quella dei sovrani degli altri stati, che condannarono l’accaduto, schierandosi spesso a favore del movimento valdese, proponendo in alcuni casi di accogliere i sopravvissuti.
La corte Savoia tentò di negare i fatti, senza troppo successo. A quei tempi non si andava tanto per il sottile, mantenere buoni rapporti non sempre era una necessità, o meglio, diciamo che si pensava più che altro che i matrimoni bastassero a consolidare legami e territori. Anche Carlo Emanuele non riuscì a sfilarsi da questa usanza, nonostante avesse conosciuto a una festa la bellissima cugina Maria Giovanna Battista di Nemours, innamorandosi immediatamente. La madre non ne volle sapere, aveva già messo gli occhi su una giovane ragazza, perché, come sosteneva la Madama Reale, la moglie del figlio sarebbe dovuta essere sottomessa e quindi molto giovane. Venne scelta Francesca d’Orléans, che sposò Carlo Emanuele nel 1663.
La ragazza, nata Principessa di Francia e di Orléans, anch’essa prima cugina del Duca, si sposò per procura e conobbe Carlo Emanuele ad Annecy, in Francia, per poi recarsi a Torino, dove venne soprannominata “Colombina d’amore”. La sua vita fu breve, tanto che morì solo un anno dopo il matrimonio. Sembra che il Savoia ci rimase male, si era affezionato, ma visto che le donne avevano uno strano ascendente su di lui, trovò consolazione altrove.
Poco tempo dopo riuscì a sposare la donna che gli aveva acceso l’animo: Maria Giovanna Battista, molto più volitiva della prima moglie. Aveva forse il Duca trovato pace? No, poiché subito dopo ebbe una relazione con Gabriella di Mesmes di Marolles, che rimase incinta piuttosto velocemente e che per ovvie ragioni venne fatta sposare al Conte Carlo Agostino Francesco delle Lanze, che accettò di buon grado.
Non era la prima volta che Carlo Emanuele II usava questo metodo, anni prima si era infatuato di una nobile molto appariscente, dal carattere si diceva… impudico, si trattava di Giovanna Maria di Trecesson, con la quale ebbe tre figli. La donna venne fatta sposare dal Duca al Marchese Benso di Cavour, che acconsentì nonostante le numerose voci che lo deridevano, perché la faccenda della relazione era a conoscenza di tutti, tanto che negli anni seguenti si raccontava che la seconda moglie, Maria Giovanna Battista, avesse pagato un investigatore che avrebbe dovuto cogliere sul fatto il tradimento con la Contessa delle Lanze, perché evidentemente la relazione adulterina era proseguita.
Carlo Emanuele II trovava però anche il tempo per regnare, pare infatti che volesse essere informato di tutto: suppliche, querele, richieste, situazione delle truppe, stato delle fortificazioni e via dicendo. Inoltre era riuscito a richiamare a Torino i migliori professori e amava intrattenersi con artisti e letterati, anche se il suo stesso diario autografo, dimostra che effettivamente qualche lacuna nella conoscenza della lingua, sia il piemontese che il francese, l’aveva. L’ambasciatore veneto Catterin Bellegno scrisse di lui: “Professore nell’arte di fingere e di prima impressione, affabile del resto con ognuno, nelle fatiche indefesso, sprezzante dei pericoli e per il suo oroscopo, un poco inclinato alla severità”. Anche a detta di Jean Rousset, cronista e letterato, la corte di Torino era una miniatura di quella francese e in particolare si complimentava per il Palazzo de la Vènèrie, con le sue decorazioni mitologiche e allegoriche che ricordavano tempi lontani.
Purtroppo il Duca morì giovane, a circa 41 anni, nel 1675, probabilmente circondato da tutte le sue donne, come dimostrerebbe il quadro di Francesco Gonin “Morte del Duca Carlo Emanuele II”, dipinto nel XIX secolo, dove si vede la ricostruzione dell’artista: la camera reale, dove il grande letto è circondato da persone, che attendono l’ultimo respiro del moribondo. Le cronache ci dicono che il Duca chiese di aprire le porte, perché il popolo potesse assistere alla sua morte.
Fu la malaria a decretare la sua anticipata dipartita, e non le prodezze sessuali, idea frutto dei pettegolezzi che furono prontamente raccolti da parecchi autori contemporanei e non e che non scalfirono minimamente, in quegli anni, la moglie, Maria Giovanna Battista, conosciuta come fredda e autoritaria, che divenne reggente del figlio Vittorio Amedeo II, in un gioco di specchi che ricreava la storia giovanile di Carlo Emanuele II.