
Uno dei tanti beni aperti sabato 22 e domenica 23 marzo 2025
Cari lettori, oggi vi racconto una storia che pochi conoscono, quasi una favola, sul Castello di Lucento, che sorge in un interno della attuale via Pianezza. Cominciamo dall’inizio. Il borgo antico di Lucento e il suo “castrum” sono menzionati per la prima volta in un atto notarile del 1227, in cui appare il nome “Willelmus de Lucent”. La zona è descritta nel 1350 come “domus fortiss de Luysent” e nel 1397 come “castrum lucenti”: una struttura fortificata che, accanto a un edificio signorile, serve da rifugio per gli abitanti in caso di pericolo.
«Chi passa oggi da Lucento – che ora viene chiamata borgata – tra gli stabilimenti industriali, le case in cemento armato, le strade vecchie e nuove, non pensa di fare rotolare le ruote della sua automobile su un antico feudo, che si estendeva sino alla Madonna di Campagna, Collegno, Venaria, con tanto verde e acqua, duplici filari di alberi, prati, campi e pascoli dove sonnacchiosi brucavano pecore, mucche, maiali.» Così scrive Dina Rebaudengo, a pagina 9 del volume Lucento. Un castello e’ suoi Contorni, Edizioni Point Couleur, 1984.
Il Castello sarà visitabile durante le XXXIII edizione della Giornate FAI di Primavera 2025, grande evento di piazza e di cultura che il FAI (Fondo Ambiente Italiano) organizza ogni anno nel primo fine settimana di Primavera, dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico italiano.
L’area del Castello di Lucento è un luogo, ricco di storia, strategicamente situato su un’altura naturale, ha svolto un ruolo cruciale nel controllo delle vie di comunicazione verso la Francia e nella difesa di Torino da attacchi provenienti dalla pianura: è sufficiente risalire al 1578, quando la Sindone viene trasferita da Chambéry a Torino per volontà di Casa Savoia, e a pochi passi dal Castello si celebra la funzione che benedice l’ingresso in città del Sacro Lino, nella chiesa dei Santi Bernardo e Brigida, edificata nel 1462 su mandato del feudatario Ribaldino Beccuti, la cui famiglia rimarrà feudataria della zona fino all’estinzione, nel 1574.
«La Sindone arrivò il 5 settembre 1578 al castello, dove il duca e il Duca e tutta la Corte erano ad attenderla; vi rimane una decina di giorni, sino al quattordici dello stesso mese, giorno in cui fru trasportata processionalmente a Torino e riposta nella cappella ducale intitolata a San Lorenzo. L’ostensione avvenne in piazza Castello il 12 ottobre 1578.» (Rebaudengo, pag. 13)
Di quell’epoca feudale rimane, come traccia concreta, «un calice d’argento con l’arma dei Beccuti, il tabernacolo con lo stemma dei marchesi d’Este» (Rebaudengo, pag. 21).
Con il trasferimento della capitale a Torino, nel 1578, il Duca di Savoia riscatta Lucento e lo trasforma in una delle sue residenze. Dopo la morte di Carlo Emanuele I nel 1586, il feudo passa al cognato Filippo d’Este, Marchese di Lanzo. Intorno al 1660 Lucento e i suoi beni vengono concessi ai Marchesi Tana d’Entracque, che li tengono per circa due secoli, occupandosi anche della ricostruzione della chiesa parrocchiale danneggiata durante la guerra tra “madamisti” e “principisti”. Durante l’assedio del 1706, la chiesa e il Castello di Lucento si trovano a far da cerniera, fra il fronte nord a sinistra della Dora Riparia e il fronte sud-ovest a destra del fiume, della linea degli assedianti franco-spagnoli; in questa zona si stabilisce l’ultimo focolaio di resistenza nel corso della battaglia con le truppe sabaude, impegnate alla riconquista di Torino e del Piemonte.
Appare probabile, anche se non certo, che la commedia piemontese ‘l Cont Piolet , scritta da Carlo Giovanni Battista Tana, «fosse rappresentata per la prima volta al castello di Lucento, interpretata dall’autore e da altri nobili, escludendo la presenza di Madama Reale come un fantasioso scrittore di storie piemontesi ha descritto.»
All’estinzione della famiglia Tana, il castello passa ai Natta d’Alfiano, che lo vendono all’Ospedale San Giovanni Battista di Torino, che lo cederà a sua volta. A fine Ottocento si spezza l’ultimo residuo feudale: «Il patronato durò sino al 19 luglio 1889, giorno in cui Olimpia Gianazzo di Pamparato figlia del marchese Giuseppe Natta d’Alfiano, erede dei Tana d’Entracque, vi rinunciò.» (Rebaudengo, pag. 21)
In un quartiere che inizia a cambiare volto con i primi segni dell’industrializzazione, il 19 luglio 1871 era accaduto qualcosa di nuovo: «Innanzi tutto il Municipio fa compiere un estimo del castello e beni annessi, eseguito dall’architetto Carlo Gabetti e dall’ingegnere Ernesto Camusso, dove è evidenziato lo stato di degradazione del castello e il filatoio trasformato in opificio.» (Rebaudengo, pag. 71)
Grazie al lascito di Carlo Alfonso Bonafous, morto a Lione il 27 febbraio 1869, e per dare seguito alle sue volontà testamentarie, «lo stesso Consiglio comunale si trovò concorde nello stabilire il carattere dell’istituto a ente di educazione e non correzionale, ispirandosi come esempio alle due colonie indicate (Tour e Ollins, NdA) che erano agricole. La scelta della sede, sulle tante proposte, cadde sul castello di Lucento.» (Rebaudengo, pag. 71)
Dopo il trasferimento del Bonafous a Chieri, il Castello è acquisito dalla Teksid e poi dalla Fiat; poco al di sotto della struttura, passava la linea ferroviaria delle acciaierie, sulla sede della quale è stata realizzata una parte del sottopasso automobilistico che si conclude in corso Potenza.
Nel corso dei secoli, il maniero ha visto la trasformazione di molte caratteristiche architettoniche. Gli archi decorati con formelle colorate, ad esempio, vengono scalpellati alla chiusura dei loggiati e adattati per rispondere alle nuove esigenze funzionali. La facciata, un tempo ricoperta da un pesante intonaco che ne ha cancellato alcuni aspetti originari, ha ritrovato il suo splendore grazie ai restauri. Il Castello ha acquisito un aspetto regolare, con un blocco volumetrico che evoca la solidità di una casa campestre, ma non ha perso l’impianto di un’architettura di prestigio. Un elemento distintivo della restaurata facciata ovest, è l’orologio ottocentesco, firmato dai maestri orologiai Granaglia, che ha ripreso a funzionare, dopo un complesso intervento di recupero del meccanismo.
L’accesso al Castello avviene attraverso un ponticello in mattoni, una tarda aggiunta, che attraversa il fossato. Sotto il ponte sono emerse tracce di una finestra, non sono state trovate evidenze di un ponte levatoio.
All’interno, il piano terra è suddiviso in quattro ambienti, con spazi più piccoli a est, dove si trovano le scale. Al primo piano, lo schema si ripete; il secondo piano, più basso, ospita un salone con soffitto a capriate.
L’AIEF, qui insediatosi nel 2022, polo socio educativo per bambini e giovani, presenta tre progetti. Al piano terra si trova la Caffetteria Sociale Mangianuvole, che promuove un modello inclusivo di occupazione e di commercio no profit e offre un’opportunità lavorativa a giovani con disabilità al di sotto dei trent’anni.
Al primo piano si trova l’Accademia dei Sensi, un centro diurno socio riabilitativo, per adolescenti dagli 11 ai 17 anni con psicopatologie o dipendenze non associate a sostanze stupefacenti, seguiti da un team di professionisti, a stretto contatto con ASL e con il reparto di neuropsichiatria infantile del Regina Margherita. L’Accademia dei Sensi ha l’obiettivo quello di circondare i ragazzi di arte, per introdurli in un luogo accogliente e stimolante. Al secondo piano vi è il Salone degli Urogalli, realizzato per il progetto “Musei d’impresa”, allo scopo di avvicinare i giovanissimi ai mestieri della tradizione che si stanno perdendo.
Durante il restauro, sono stati ritrovati alcuni merli di coronamento che erano stati tamponati nel corso del tempo, insieme alla parte superiore del muro di fondazione, lasciati in evidenza per conservare una parte della memoria storica del Castello, rappresenta un importante esempio di stratificazione storica e urbanistica, testimonia le trasformazioni del territorio urbano torinese nel corso dei secoli.
Il Castello di Lucento è soltanto uno dei tanti beni che saranno visitabili durante le Giornate di Primavera 2025 del FAI. Molti volontari saranno a disposizione del pubblico per far conoscere luoghi esclusivi e raccontare storie affascinanti. Con un piccolo contributo, si può diventare fruitori e sostenitori di una grande storia e contribuire a dare una prospettiva di sviluppo al nostro territorio. Tutte le inf@ sulle Giornate FAI di Primavera 2025 al link: https://fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/giornate-fai-di-primavera/
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