Dalla camera oscura alle conseguenze dell’annuncio di Daguerre (1500 – 1839)
Storia e origini della fotografia di Guglielmo Manitta ci regala una carrellata storica attraverso i momenti più rilevanti che hanno condotto l’uomo alla realizzazione di un antichissimo sogno.
Il sogno era quello di riprodurre gli oggetti che costituivano il mondo a partire dai nostri progenitori, fino ad oggi.
Dalle prime rappresentazioni realizzate in tempi preistorici, che ritraevano animali dipinti nelle grotte con probabili funzioni magiche o apotropaiche per ridurre i rischi della caccia, alle più moderne immagini immortalate dai modernissimi I-Phone.
Da questo desiderio nacque la pittura con tutte le variabili del caso. Prima descrittiva, dove aveva importanza la fedele riproduzione della scena osservata, fino alla rappresentazione artistica e interpretativa, dove le forme e i colori acquisiscono una totale indipendenza, descrivendo sulla tela le emozioni dell’artista o il frutto di visioni soggettive, di natura immaginifica o psichedelica.
Il volume di Manitta tratta, in modo particolarmente preciso e documentato, il periodo storico che inizia con l’invenzione cinquecentesca della Camera Oscura, della quale fa un incerto riferimento addirittura Aristotele, fino all’anno 1839 quando maturarono i tempi affinché Louis Daguerre potesse annunciare ufficialmente al mondo intero l’invenzione del Dagherrotipo.
Già Leonardo da Vinci, nel Codice Atlantico, descrisse nel 1515 uno strumento tecnologico formato da una camera scura, chiusa da tutti i lati, che permetteva l’ingresso della luce da una lente posta nella parte anteriore.
Sulla parte posteriore si trovava una parete parallela a quella frontale, che presentava un vetro sul quale poggiava una carta a velo, trasparente. Su questa parete si poteva osservare l’immagine rovesciata del paesaggio o del soggetto posto di fronte alla camera oscura.
Con questo strumento si potevano realizzare studi sulla prospettiva, utilizzati soprattutto da pittori e disegnatori di paesaggi.
Un interessante aspetto dell’evoluzione delle tecniche che portarono all’invenzione della fotografia è descritto in modo molto accurato nella prima parte del testo. Gli studi del fenomeno della fotosensibilità realizzati intorno alla metà del XVIII secolo condussero alla scoperta dei Sali d’argento da parte di Lewis e Meyer.
Un personaggio molto curioso è quello di Thomas Wedgwood, zio materno del naturalista Charles Darwin, lo scienziato che formulò la nota teoria dell’evoluzione.
Thomas Wedgwood collaborò proficuamente con un altro studioso, Sir Humphrey Davy ed insieme pubblicarono un saggio scientifico intitolato: “An account of a method of copying paintings upon glass and of making profiles by the agency of light upon nitrate of silver”, e cioè “Descrizione di un metodo per copiare immagini sul vetro e creare silhouettes grazie all’azione della luce sul nitrato di argento”.
Il documento suscitò un grande interesse e venne pubblicato sul Journal of the Royal Institution of Great Britain.
L’unico problema consisteva nella incapacità di fissare le immagini, difficoltà che impediva l’interruzione del processo di sensibilizzazione e la conservazione delle prime fotografie.
Il volume approfondisce nei dettagli le varie fasi che hanno caratterizzato la nascita e l’evoluzione dei processi chimici e fisici che, come si è detto, permisero a Luis Daguerre di annunciare al mondo, il 7 gennaio 1839, l’invenzione del Dagherrotipo.
Una serie di prevedibili battaglie caratterizzò il periodo che seguì l’annuncio dell’invenzione, creando un gran numero di conflitti e di guerre legali.
Un accavallarsi di personaggi ed eventi, simili ad un crescendo rossiniano, donano alla narrazione la misura delle profonde ostilità che accompagnarono tutte le fasi di quella preziosa creazione.
L’Autore si domanda all’inizio del proprio lavoro, se la fotografia debba considerarsi un’invenzione o una scoperta, chiarendo che a suo avviso queste due dimensioni coesistono e si completano a vicenda: “La fotografia è il frutto dell’invenzione di un dispositivo realizzato dall’uomo, la camera oscura, e dalla scoperta di sostanze fotosensibili che permettano di catturare e fissare la luce tramutarla in immagine”.
L’invenzione della fotografia prosegue ancora oggi, a distanza di quasi un secolo da quel 1939, passando attraverso una serie di scoperte e miglioramenti tecnici che hanno portato alla realizzazione di banchi ottici, apparecchi reflex, macchine compatte e macchine digitali.
Proprio quest’ultima rivoluzione tecnologica ha consentito una grandissima diffusione della fotografia, a costo zero.
Infatti eliminando costi di pellicole, sviluppo e stampa, la fotografia integrata nei nostri telefoni o nelle moderne super compatte ha determinato una riduzione esponenziale delle macchine analogiche.
Naturalmente gli autentici cultori della pellicola continueranno a produrre immagini di straordinario valore, senza scendere a nessun compromesso con il digitale… tuttavia dobbiamo proprio a quest’ultima invenzione l’enorme quantità di immagini e filmati “rubati” in tempo reale a diffusi istantaneamente su web.
Guglielmo Manitta ha realizzato un importante documento storico di grande valore culturale, permettendo al lettore di tuffarsi nel passato, per assaporare i dettagli, le battaglie e i misteri di un processo storico-tecnologico che ha caratterizzato le prime fasi della nascita della fotografia.
Guglielmo Manitta, Storia e origini della fotografia – Dalla camera oscura alle conseguenze dell’annuncio di Daguerre (1500-1839) – Il Convivio Editore.
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