Da una sinergia di curiosità col Direttore Giancarlo Guerreri. E poi: cosa ne pensano insetti e uccelli?
Gli alberi fasulli che nascondono ripetitori per i nostri apparecchi connessi con la tecnologia di quinta generazione (5G), non sono una novità. Sono stati più volte ravvisati in parchi e boschetti della penisola, camuffati con aspetto “sostenibile”, poiché abilmente “imboscati”, con tronchi metallici e solide chiome plastiche dagli aspetti compatibili con quelli della flora naturale.
Tutti i materiali sono studiati per essere duraturi nelle proprietà meccaniche e per colorazione, la disposizione dei rami non deve interferire con le onde radio, ma nasconde astutamente sia le antenne che le parti annesse.
Ecco dunque ripetitori mimetizzati da palma, piuttosto che da pino, cipresso o da macchia mediterranea, a seconda del luogo e dell’ambiente, ma non solo. Ormai i ripetitori sono ovunque, tanto che i mascheramenti sono tanti. Oltre a rendere il ripetitore simile a un albero, lo si può camuffare con una struttura “rooftop”, a forma di camino, di torretta o di qualche altro elemento che si inserisce facilmente nell’arredo urbano.
Pare quasi una cortesia paesaggistica per aggirare le opposizioni locali alla costruzione di nuove stazioni, a causa dell’impatto visivo con l’ambiente circostante. Il buon lavoro, si fa per dire, è ben spiegato persino su Wikipedia, ma il crescente pullulare di stazioni radio base, indispensabili per i nostri vizi al cellulare, quanto per un controllo sempre più totale, è esente da altri danni o è solo questione di un aspetto da nascondere sotto il tappeto?
Nonostante le smentite della propaganda ufficiale e la martellante pubblicità sui prodotti 5G, che fa sentire un umano giurassico colui che non si adegua, le onde radio non sono innocue.
In primis, sono le multinazionali a gestire l’origine di ogni cosa. Nel 2020 la società inglese OneWeb ha iniziato a costellare il cielo con migliaia di satelliti, seguito da Elon Musk, che ha raddoppiato la dose con i satelliti Starlink per connessione diretta alla rete… Il soggetto è stato già affrontato con un articolo su spazzature spaziali ed effetto dei metallici satelliti sul campo magnetico terrestre. È una “torbida” questione collaterale dai risvolti infiniti.
Tornando sul pianeta e ai ripetitori della 5G, il dibattito è controverso. Dati ARPA riferiscono che l’aumento dei ripetitori permette di installare celle più piccole sparse nel territorio. Il loro campo magnetico ad alta frequenza non dovrebbe penetrare gli edifici, tuttavia, secondo uno studio del Network Time Protocol (NTP), il livello di esposizione è di 6 W/kg, superiore ai livelli consentiti, che non devono superare il tasso di assorbimento specifico del corpo umano (SAR), di 2 W/kg.
Ma se il campo magnetico emesso dalle antenne per iPhone e reti WiFi fosse invero “trascurabile”, perché sono in commercio vernici anti-onda, tessuti per confezionare tende, oltre che pellicole da finestra e tele da parete anti-onda elettromagnetica?
La dialettica pro e contro la 5G e l’invasione dei ripetitori è una diatriba di lunga data. Sul Web c’è di che sbizzarrirsi, dunque ritorniamo sul tema: il camouflage delle piante-ripetitore è un’attenzione estetica o maschera altri danni? Per tralicci e altre brutture non si è mai usata cotanta cortesia.
Pare stabilito che le onde elettromagnetiche causino problemi di orientamento a piccoli insetti, soprattutto alle api nella fase di impollinazione. È una “causa” senza avvocati. Se le api son sono solo disperse e non uccise dalla 5G, gli ecologisti sono liquidati come complottisti. È evidente che il problema è più ampio, senza dimenticare che gli insetti sono alla base della catena alimentare.
Il “processo” tra bufale, fake news, smentite e testimonianze popolari si estende agli effetti sui piccoli uccelli. Senza voler entrare nel merito, dove solo i volatili sanno la verità, ragionando semplice sorge una domanda: ma se il campo magnetico impone un’umana prudenza, possibile che a organismi più minuti e diversamente strutturati non crei problema alcuno? Ogni opinione personale è lecita, ma tornando alla piantumazione di alberi farlocchi, sorge un’altra domanda: cosa penseranno di noi le piccole bestiole dei boschi?
Noi che bruciamo foreste per interessi o per diletto e poi, mettiamo in opera & in onda piante di plastica, dove si presume sia fastidioso e poco empatico costruire un nido. Anche in questo caso ogni opinione sia benvenuta.
Amante degli ossimori, concludo con un: fine di un discorso inesauribile. Un pensare spicciolo stimolato da una propensione al dubbio condivisa con l’amico Giancarlo Guerreri, Direttore Editoriale di Civico 20 News, che mi ha spedito una sequenza di foto scattate in un promontorio di Bergeggi, da dove si spinge la visuale verso molte miglia a levante e ponente del territorio ligure, e a sud, si scruta nella bellezza del mare fin quasi oltre l’orizzonte. Un luogo tattico per tante cose.
In un’ora di lavoro efficiente, alcuni operai hanno aggiunto un nuovo ospite alla flora autoctona. Un albero o un’antenna? Impossibile o quasi distinguerlo dal vero. Occhio non vede, curiosità non duole? Resta il fatto che, se una risposta al riscaldamento globale è da ricercare in una massiccia riforestazione, forse questi fusti in tuta mimetica rendono un servizio di certo differente.
Quale sia al 100% forse ormai lo sa soltanto sua signoria Intelligenza Artificiale. Che sia un bene non si sa, di certo quella umana ha dato prova di molta fantasia, il più delle volte invasiva e distruttiva.… Ne parliamo su Facebook o su WhatsApp? Magari vi saranno aggiornamenti e novità.
La bruttura e il disprezzo ormai non hanno limiti