
Negli ultimi 15-20 anni, il mercato antiquario, in particolare quello dell’arredo, ha subito una crisi profonda, al momento inarrestabile. Un declino che merita un’analisi attenta, alla luce di cambiamenti sociali, economici e culturali che hanno ridisegnato i paradigmi del collezionismo e del gusto.
Il mercato del Collezionismo Antiquario fu prerogativa fino agli anni ’70 del secolo scorso, delle classi maggiormente benestanti, della solida borghesia, spesso culturalmente più preparata, è vero senza eccessi, ma sufficientemente, da poter apprezzare l’antico, fosse pittura, mobilio e quant’altro, facente parte con naturalezza del buon vivere, del paesaggio domestico, famigliare, secondo schemi ancora d’impronta ottocentesca. Ma dagli anni ’70 in poi, per almeno circa trent’anni, le ambizioni e lo status symbol legato al collezionismo antiquario, sull’onda di una moda, si allargarono fortemente a più strati della popolazione europea.
In quel periodo, i mercati antiquari fiorirono, le fiere si moltiplicarono, e l’interesse si estese anche ai mobili di minor pregio artistico, come quelli rustici, salvandoli dalla distruzione cui spesso erano destinati. L’alta domanda incentivò un boom nel restauro, portando falegnami e artigiani a improvvisarsi restauratori in assenza di regolamentazioni specifiche. Nacquero numerosi negozi antiquari, non sempre supportati da adeguata professionalità, e i prezzi dei manufatti salirono rapidamente. Tuttavia, questo fenomeno ebbe il merito di risvegliare l’interesse per la storia e la cultura in generale, con molti collezionisti che si appassionavano alle vicende storiche e alle tecniche esecutive relative ai pezzi acquistati.
La tendenza si invertì gradualmente a partire dagli anni Duemila, con un calo delle commesse private e un conseguente maggior reindirizzamento delle attività di restauro, per le imprese che ne avevano i titoli, verso appalti pubblici ed ecclesiastici.
La crisi economica mondiale del 2008 segnò un punto di svolta: i prezzi dei mobili antichi, nell’arco di un tempo limitato, crollarono, una crisi culturale già in atto si acuì e molte certezze vennero meno. Gli antiquari iniziarono a chiudere o a riconvertirsi, come testimonia il declino del Louvre des Antiquaires a Parigi, un tempo polo di riferimento con oltre 250 espositori, oggi trasformato in centro commerciale.
A contribuire al crollo della fiducia nel settore fu anche lo scandalo che nel 2016 coinvolse due celebri gallerie parigine, Kraemer e Aaron, accusate di aver commercializzato falsi mobili del XVIII secolo, compresi quelli destinati a Versailles. Lo stesso accadde nel 2023 con Jean Lupu, noto antiquario parigino accusato di vendere mobili del Settecento interamente fabbricati nel suo atelier. Tuttavia, il fenomeno della contraffazione non è mai stato un elemento sufficiente a determinare la crisi: da sempre, dal XIX secolo in poi, il mercato antiquario ha dovuto convivere con la presenza di falsi senza che questi ne intaccassero la vitalità.
Il problema va cercato altrove. La società odierna ha subito un radicale cambio di mentalità. La casa, un tempo considerata un bene stabile e duraturo, è oggi vista come un prodotto di consumo, soggetto alla mobilità lavorativa e alle esigenze di flessibilità della vita moderna. I giovani, anche quelli benestanti, non investono più in patrimoni da tramandare ma preferiscono esperienze effimere e consumi immediati. La cultura tradizionale e lo studio della storia vengono percepiti come sempre meno utili in un mondo che premia la specializzazione e la tecnologia.
Se da un lato il mercato antiquario fatica a riprendersi, dall’altro si osserva una crescente attenzione verso il modernariato, in particolare per il design degli anni Cinquanta e Sessanta. Questo fenomeno, sebbene limitato, dimostra che esiste ancora un interesse per il passato, anche se con un approccio più immediato e meno storicamente colto. Nel settore dei dipinti del Novecento, il mercato risulta molto più dinamico rispetto a quello delle opere più antiche, con quotazioni, al momento, stabilmente elevate.
Le case d’asta, grazie alla digitalizzazione, accelerata dalla pandemia, hanno visto un incremento delle vendite online, ma i prezzi degli arredi antichi rimangono a livelli minimi. In alcuni casi, mobili di pregio vengono battuti a cifre irrisorie: cassettoni Biedermeier in Italia si trovano anche a 80 euro, mentre a New York una libreria Regency che nel 2003 valeva 9.500 dollari oggi si vende per 1.300. La situazione riguarda l’intero mondo occidentale: il New York Times ha recentemente riportato la chiusura di numerose gallerie storiche e la loro conversione verso il design del Novecento. Gli arredi antichi, in molti casi, hanno ormai prezzi paragonabili a quelli dei mobili di serie dei grandi magazzini.
Questo stato di cose offre una consolazione agli appassionati: chi ha gusto e coraggio può oggi acquistare pezzi di grande valore storico, salvo rari e circoscritti casi, a prezzi irrisori. Ma il problema di fondo rimane culturale. L’antico non è più compreso e il rischio è che intere generazioni crescano prive degli strumenti necessari per apprezzare la storia dell’arte e dell’artigianato.
Il futuro del settore rimane incerto. Forse l’onda lunga della crisi porterà, con il tempo, a un rinnovato interesse per il passato. Per ora, non resta che osservare gli sviluppi, mantenendo viva la speranza di scorgere presto l’Antico che verrà.
Nel frattempo, chi desidera approfondire la cultura antiquaria può ancora trovare fonti di conoscenza e divulgazione, oggi rese più accessibili dallo sviluppo tecnologico.
Personalmente, ormai ritirato dall’impegno lavorativo quotidiano, mi dedico con umiltà e passione alla divulgazione della cultura antiquaria e della storia dell’arte, strumenti essenziali per comprendere le nostre radici e trasmettere consapevolezza culturale alle generazioni future.
Sul mio Canale YouTube ho dedicato a questa problematica un filmato dove analizzo in modo più esteso questo tema: PlayList Antiquaria n.13 https://www.youtube.com/watch?v=Ywa9f7zvLzA
Sergio Salomone
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