Alberto Serena ricostruisce la storia di Maria Lucia Picatto di Locana (Torino)
Una vita coraggiosa e speciale quella di Maria Lucia Picatto (Locana-Derasso, 7 gennaio 1923), figlia di Vincenzo e di Donetto Lucia, che fu eletta “Sposa d’Italia nel 1968”.
A undici anni, finita la scuola, iniziò a lavorare la terra e a ventidue, senza avere il diploma, fu invitata a insegnare a nove bimbi delle prime tre classi di una scuola di una borgata, perché tutte le maestre designate avevano rifiutato e nessuna voleva isolarsi lassù. La «maestrina senza diploma», con la sola licenza elementare, seppe svolgere tanto bene l’incarico che glielo affidarono fino a quando la scuola venne soppressa perché di scolaretti non ce n’erano più.
Tornò a zappare la terra, a prodigarsi per i genitori perché fratelli e sorelle nel frattempo si erano sposati, trasferendosi in varie località. Da ragazzina, tra i suoi compagni di scuola c’era Eugenio Contratto (Locana-Bevior 14.5.1921), figlio di Eugenio, calderaio, e di Colombino Maria, orfano di padre dall’età di 17 anni, che durante l’ultima guerra era stato chiamato alle armi, nel 4° alpini.
Non era partito per il fronte perché figlio unico di madre vedova, ma venne assegnato al Distretto militare di Torino e nel 1943 venne mandato a Casale per un servizio. Nel viaggio di ritorno, un’incursione aerea sorprese il suo treno a Settimo e tutti i passeggeri scesero precipitosamente, cercando un riparo.
Eugenio Contratto non si accorse che sul binario attiguo stava arrivando una motrice, fu travolto e le ruote gli amputarono entrambe le gambe, sotto il ginocchio. Aveva 22 anni e dopo il tragico incidente trascorse lunghe degenze in vari ospedali, poi il triste ritorno alla sua borgata dove ritrovò Lucia, che si commosse alla sorte del compagno d’infanzia.
Si sposarono il 7 aprile del 1958 trasferendosi nella borgata Foere, in una baita, e sette anni dopo nacque Luciano.
La madre lo accompagnava in paese ogni mattina, lo riprendeva a mezzogiorno, lo riportava al pomeriggio e tornava a prelevarlo verso sera, facendo parecchi chilometri di strada a piedi, con la neve o con la pioggia, mentre il marito trascorreva le giornate su una carrozzella, quasi cieco e colpito anche da una forma di paralisi progressiva e con la suocera, settantaquattrenne.
Nei ritagli di tempo Maria Lucia trovava anche il modo di assistere sua madre di 73 anni, che abitava a Locana. «A queste mansioni di infermiera sono abituata – diceva sorridendo la signora Lucia. – Per quindici anni ho dovuto accudire a mio padre, malato e invalido anche lui. Sono felice di essere utile alla mia famiglia».
Alberto Serena
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