Ritrattista e paesaggista del “suo” Monferrato
Sabato 24 settembre, alle ore 17, il Musarmo di Mombercelli (AT) inaugura la mostra “Testimonianze” dedicata al pittore astigiano Giuseppe Manzone, un grande protagonista del Novecento artistico nel territorio piemontese.
In questa occasione, il Musarmo ringrazia il Lions Club di Costigliole d’Asti per il generoso contributo e i collezionisti che hanno messo a disposizione le proprie opere.
Giuseppe Manzone nasce ad Asti il 17 giugno 1887 da Giovanni, calzolaio, e da Giuseppa Bay. Scoperta precocemente la vocazione artistica, grazie anche all’amicizia con l’eclettico quanto dimenticato pittore e attore Carlo Artuffo, che meriterebbe una riscoperta umana ed artistica; intorno al 1900 inizia a frequentare lo studio del pittore Paolo Arri.
Nel 1901, grazie a un sussidio del Municipio di Asti. si trasferisce a Torino per frequentare l’Accademia Albertina, dove ebbe come insegnanti Giacomo Grosso, Paolo Gaidano, Andrea Marchisio, Carlo Gaudina e Andrea Tavernier.
In parallelo agli studi accademici, arricchisce la propria cultura artistica, come ricorderà lui stesso in una tarda nota autobiografica (Il pittore e la provincia, in “Postille”, n. 10, giugno – luglio 1953, pp. 96 s.); gli artisti che segnano la sua giovanile formazione vanno da Antonio Fontanesi ai divisionisti, dai preraffaelliti inglesi a Arnold Böcklin, allo scultore Leonardo Bistolfi, con cui stringe una profonda e durevole amicizia.
Nel 1907, dopo l’esordio alla LXVI Esposizione della Società Promotrice e il conseguimento del diploma il 26 giugno 1907, con il beneficio di un altro sussidio del Municipio di Asti, si trasferisce a Firenze. Qui rimarrà sino al 1913, entrando in amicizia con Lorenzo Viani. Determinanti per la sua pittura si rivelano la conoscenza delle opere dei macchiaioli, degli impressionisti e dei post-impressionisti, in quegli anni al centro di un vivace dibattito animato da Ardengo Soffici e altri intellettuali; Manzone rivolge un’attenzione non minore all’arte dei primitivi e del Rinascimento, anche tramite l’attività di copista, come testimoniato dalla tela “Venere con le tre grazie” (Asti, Museo Civico), tratta dall’originale di Jordaens agli Uffizi.
La sua produzione iniziale è costituita essenzialmente da ritratti, genere a cui è legata la sua prima affermazione, come si evidenzia già nelle opere realizzate negli ultimi anni fiorentini, come il “Ritratto di vecchio militare”, esposto nel 1911 alla Promotrice torinese e acquistato per il Museo Civico di Torino, nel quale avviene il superamento del sensuale verismo di Grosso, suo primo maestro, in direzione di un realismo più concentrato, severo e asciutto; in altri ritratti dei primi Anni Dieci si avverte l’influenza esercitata dal gusto secessionista, come in “Ritratto della moglie” (1912: Torino, collezione Malvano, ripr. in Mantovani – Galli – Sottomano, p. 64). Intorno al 1913 è da collocare una prima produzione di nature morte, genere poi praticato sporadicamente per tutto l’arco della propria attività, con opere caratterizzate da un evidente riferimento al realismo illusionistico fiammingo, quale “Natura morta con prugne” (1914; Asti, Museo Civico).
Nel medesimo 1913 l’artista torna definitivamente ad Asti, dove il 28 maggio sposa Felicita Michelina Amerio, maestra elementare conosciuta nello studio di Arri, da cui avrà due figli: Riccardo, nato nel 1914, e, nel 1919, Leonarda (Iada), così chiamata in onore di Bistolfi.
Con il ritorno in Piemonte Manzone avvia una intensa attività espositiva, che si protrae sino alla fine della carriera, prendendo parte, nel corso dei decenni successivi, in modo sistematico alle collettive d’area piemontese, a numerose rassegne nazionali (fra cui la Primaverile fiorentina del 1922, varie edizioni della Biennale veneziana e della Quadriennale romana), nonché all’Esposizione internazionale di Barcellona del 1929.
Si consacra ritrattista con “Ritratto di vecchio benestante” alla Biennale di Venezia del 1914, nel 1917 presenta all’Esposizione della Società degli Amici dell’Arte di Torino “Verso l’esilio”, acquistata dal locale Museo Civico, una delle sue poche opere di matrice apertamente simbolista.
Nel corso degli Anni Venti Manzone si indirizza verso soggetti ispirati al Monferrato, al suo paesaggio e al piccolo mondo della provincia astigiana. Mosso da un profondo amore per la propria terra, a partire da questi anni si dedica in prevalenza al paesaggio, prediligendo la campagna e le colline del Monferrato e del lavoro contadino, sino a consacrarlo quale il “virgiliano cantore della terra astigiana” (Carluccio, in G. M. Opere dal 1909…, p. 9). A questo periodo felice appartengono “Strada del Monferrato” (1924), “Il canneto (1933)” e “Lavandaie sul Tanaro” (1939).
Partecipa a numerose collettive fra cui, nel 1929, la prima “Sindacale torinese” che, con l’assegnazione di un’intera parete, ne sancisce la definitiva affermazione sulla scena artistica locale. Nel 1930 allestisce la sua prima personale presso il Circolo Sociale di Asti, preceduta da un articolo di Emilio Zanzi che, riassumendone il percorso, ne elogia la semplicità di costumi e la “moralità artistica” espressa in una pittura “vigilata ed elaborata”, “rifuggente da ogni elucubrazione”, segnalando una sensibile e moderna rilettura della tradizione regionale ottocentesca.
Negli anni successivi, diversi suoi dipinti entrano a far parte di collezioni pubbliche e private: fra questi, “Marina”, acquistata nel 1932 alla XVIII Biennale di Venezia per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; “Mattino”, selezionato nel 1935 alla II Quadriennale romana dalla Civica Galleria d’Arte Moderna di Torino; “Neve” e “Contadini”, entrati a far parte delle collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Milano in occasione della mostra tenuta da Manzone nel capoluogo lombardo nel 1934, insieme con Domenico Valinotti e Gregorio Calvi di Bergolo. Con questi artisti, a lui affini in una pittura di paesaggio eseguita en plein air, espone più volte nel corso degli Anni Trenta.
Nel 1941 si trasferisce a Rocchetta Tanaro, nel 1943 perde il primogenito Riccardo in Russia. Dal 1950 abita con la moglie presso la figlia Iada e il genero Renato Malvano, nella loro casa di Val Pattonera, sulla collina torinese. Continua a mantenere stretti rapporti con l’ambiente astigiano, partecipando alle attività della locale Società Promotrice delle Belle Arti, di cui diventa presidente nel 1956.
Negli ultimi decenni tiene diverse personali, tra le quali l’antologica dedicatagli nel 1966 dalla città di Asti (nel battistero di S. Pietro) e quella allestita nel 1968 a Torino per i suoi ottant’anni (presso la Galleria L’Approdo), in cui l’artista espone anche la recente produzione di pastelli. Dopo la morte della moglie, avvenuta il 26 gennaio 1970, Manzone si avvicina alle tecniche dell’incisione, traducendo la sua pittura litografie ed acqueforti.
Muore a Torino il 23 luglio 1983.
MUSARMO – Museo Arte Moderna e Contemporanea
Via Brofferio 24 (adiacente Caserma dei Carabinieri) – Mombercelli – AT
La mostra rimarrà aperta dal 14 settembre 2024 al 3 novembre 2024.
Orario di visita: sabato e domenica dalle 15.30 alle 18.00
Per visite infrasettimanali e fuori orario: Tel. 338 4246055 – 346 4798585 – 0141 955205 – 0141 959610
Contatti:
facebook.com/musarmo
NON è necessaria la prenotazione – INGRESSO LIBERO
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