Deceduto in servizio il 30 agosto 1943, sepolto a Cameri, il suo corpo non si trova più
Adriano Marinoni nasce a Casale Monferrato (AL) il 22 novembre 1919, in una città nebbiosa con l’anima ancora divisa a metà fra opifici e caserme; forse è proprio lì che nasce la vocazione che gli scorrerà nel sangue per tutta la sua breve vita…
Adriano è un figlio di quel Piemonte consegnato alla storia: papà Aurelio è un falegname originario di Cameriano di Casalino (NO), fra nebbie e risaie; la mamma, Albina Mossi, è nata a San Salvatore Monferrato (AL), pochi chilometri a sud di Casale. Le ricerche da me svolte sulla storia di famiglia non hanno spiegato le ragioni di quell’incontro fra due giovani provenienti da territori così lontani, in un tempo in cui gli spostamenti non erano agevoli.
L’aviatore Adriano Marinoni morirà il 30 agosto 1943 a Cameri, in un incidente occorso ad un camion sullo stradone Cameri – Novara, a poca distanza dalla base militare aerea. Fra queste due istantanee, di vita e di morte, si è sviluppata una intensa esistenza.
Con la famiglia, Adriano arriva a Torino nel 1923. Si stabiliscono dapprima in una cascina in corso Casale 276; dal 1934 in strada di Sassi 161, poi in strada di Sassi 5 e dal 1938 in strada Cartman 245. Questo indirizzo identifica la sua ultima residenza nella borgata Tetti Bertoglio, fra Sassi e Superga, ancora oggi un luogo incantato all’interno del comune di Torino, dove il tempo si è fermato, un piccolo mondo antico alle porte della città.
Fin da ragazzo, Adriano è appassionato di motori, motociclette e automobili. Appena gli è consentito, si muove con la sua inseparabile moto Dellaferrera, costruisce una radio che porta le notizie dall’Italia e dal mondo, con la voce dell’EIAR, nella borgata di collina dove vive.
Ai primi rombi di guerra, diventa aviere scelto nel 1940, conosce caserme e cambia una lunga serie di aeroporti, in una sequela di spostamenti lungo la Penisola, al seguito dell’andamento della guerra e delle manovre militari richieste dal posizionamento strategico dell’Aviazione nel Mediterraneo, gradualmente in arretramento verso il nord del nostro Paese: Brindisi, Gioia del Colle, Sciacca, Alghero, Napoli, Roma e Pratica di Mare, Pistoia, Bresso, infine Cameri.
In una foto spedita a casa dall’aeroporto Orazio Pierozzi (1) di Brindisi, Adriano scrive: “Qui i viali si costuma farli di fichi”, in un italiano che ricorda molto il gergo locale torinese.
Anche in tempo di guerra, nella sua borgata sulle colline si sentivano parte di un altro mondo, a Tetti Bertoglio. Un modo di dire condiviso in borgata era “ancheuj andoma a Turin” (oggi andiamo a Torino), quando erano costretti a raggiungere la città per qualche pratica o per acquisti importanti (non c’erano auto: a piedi fino a Sassi, non c’era ancora il Traforo di Pino, si percorreva strada Cartman, fino a prendere il tram che fa ancora capolinea a poca distanza dalla stazione della tramvia Sassi-Superga).
Adriano ama farsi riprendere: ho trovato sue foto con un impermeabile beige, o con una sigaretta fra le labbra, o con un giornale aperto fra le mani, sembra quasi in posa per il fotografo, o sui prati della “sua” borgata.
Dopo oltre seimila ore di volo sul Mediterraneo, la sua Samarcanda lo attende impietosa a Cameri, alle 9.45 di un mattino d’estate, in una curva sul fiume Ticino.
Il 30 agosto 1943, mentre rientra alla base aerea dove è di stanza, il mezzo che lo riporta in caserma dalla stazione di Novara ha un incidente e finisce fuori strada. La dinamica assurda di quel fatto è uno dei misteri che avvolgono la fine di questo aviatore: pare che, nel contraccolpo susseguente all’uscita di strada, Adriano abbia battuto la testa contro il cassone e sia morto quasi subito.
Viene chiamato il Podestà di Cameri, Renato Ruspa, a resocontare l’accaduto e a sancire la morte di un giovane strappato alla vita a nemmeno 24 anni.
Al termine del funerale, il suo corpo è inumato in una tomba del “campo A”, come recitano l’atto di morte (2) e gli scarni documenti ufficiali prodotti in seguito dal Comune e dall’Ufficio Anagrafe di Cameri, compresa la fotocopia di una pagina di un poderoso registro annotato a mano, come usava a quei tempi.
Sono trascorsi ottantuno anni da quella morte e la polvere della storia si è posata irrimediabilmente sul nome e sulla vicenda umana e di aviatore di Adriano Marinoni.
A me, uno dei nipoti, rimangono le fotografie, le cartoline, qualche rara lettera.
La sfortuna e i dissesti che hanno preceduto e seguito l’8 settembre 1943 hanno impedito, e impediscono a tutt’oggi, alla famiglia e ai suoi discendenti, di conoscere il luogo esatto della sua sepoltura.
Nel 2023 si sono celebrati i 100 anni dell’Aviazione italiana. Ho partecipato alla giornata di memoria svoltasi a Cameri, in tono minore per il grave incidente occorso alla Frecce Tricolori nei giorni precedenti, nei pressi dell’aeroporto torinese di Caselle.
Fra molta gente, ho incontrato il Sindaco di Cameri, al quale ho ribadito di persona il mio accorato appello: ritrovare il corpo di Adriano, ma la risposta non mi è ancora arrivata. Se davvero i diritti di tutti i cittadini sono uguali, come recita la Costituzione repubblicana, rinnovo la domanda al Signor Sindaco del Comune di Cameri: per quale motivo deve essere negata la memoria di un aviatore caduto in servizio?
Mi sembra giusto aggiungere che, al momento, a nulla è servita una copiosa corrispondenza intrapresa con l’ente competente (OnorCaduti), con il Ministero della Difesa e con l’Aeronautica.
E la seconda domanda che mi assilla da anni è la seguente: come è possibile che il corpo di un cittadino italiano possa scomparire all’interno di un cimitero, senza che ne resti traccia sui documenti ufficiali?
Note
1.Orazio Pierozzi (San Casciano in Val di Pesa, 8 dicembre 1884 – Trieste, 18 marzo 1919) è stato ufficiale e aviatore, pluridecorato quattro volte con medaglia d’argento al valor militare. Il sottotenente di vascello della Regia Marina Orazio Pierozzi è assegnato nell’aprile 1917 al comando della 255ª Squadriglia del gruppo idrocaccia di Venezia, di stanza presso Brindisi, dotata di FBA Type H. Il 7 giugno successivo Pierozzi abbatte un Lohner K (variante del Lohner L) che precipita in mare. Impegnato nel contrasto all’aviazione austro-ungarica sul Mar Adriatico, ottiene sette vittorie aeree, diventando un asso dell’aviazione e l’ufficiale della marina italiana con il maggior numero di vittorie aeree nel conflitto.
2.Anno 1943 parte 2° serie B n. 10
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