Che cosa rappresentano oggi il Generale e le sue opinioni?
Molti dei nostri lettori ricorderanno Emmanuel Goldstein, il personaggio immaginario di 1984 che, nella realistica fantasia di George Orwell, era il nemico numero uno del Grande Fratello e a cui ogni giorno alle 11.00 in punto venivano dedicati i “due minuti di odio” da parte di tutti gli abitanti di Oceania, i quali interrompevano ogni loro attività per quel rituale quotidiano.
Naturalmente Orwell non poteva avere in mente Roberto Vannacci, ma il Generale si avvicina molto a quel personaggio, anche se i minuti di odio che la sinistra gli dedica quotidianamente attraverso i suoi mezzi di propaganda sono sicuramente di più.
E’ francamente incomprensibile come l’autore de Il mondo al contrario sia diventato per la narrazione progressista – ma anche per un’infinità di altri benpensanti – il simbolo stesso del male, superando molti più titolati concorrenti e attirando sulla sua figura una marea di disapprovazione e di sarcasmo.
Intendiamoci, il libro non è una pietra miliare del pensiero occidentale e il suo autore sostiene posizioni che si possono senz’altro contestare, posizioni che non costituiscono certo una nuova e potente visione del mondo, ma nel corso di questi anni abbiamo visto e sentito ben di peggio da parte di personaggi di assai minor levatura e di assai maggior seguito: musicanti, teatranti, sportivi, cantastorie, cuochi, ballerini, gazzettieri e scribi di ogni tipo.
Tutti ci hanno fatto dono del loro pensiero più o meno alienato senza suscitare la tempesta di indignazione che ha suscitato Vannacci. Tutti sono stati sempre trattati con l’indulgenza che si riserva a chi, anche se sottoacculturato, porta comunque un po’ d’acqua sporca alla propria parte politica, purché collocabile a sinistra.
Con Vannacci no. Vannacci si può solo insultare o deridere, anche se più di mezzo milione di italiani gli ha dato fiducia e l’ha mandato a sedere trionfalmente nel Parlamento europeo, cosa che molti hanno attribuito alla pubblicità e alla propaganda che una sinistra un po’ stupidotta gli ha offerto gratuitamente con la sua massiccia e sbandierata avversione mediatica.
Una perfetta eterogenesi dei fini, a perfetta dimostrazione di come un eccesso di presunta intelligenza e di superiorità morale può equivalere, politicamente, allo spararsi in un piede.
Ma torniamo alla domanda iniziale: perché Vannacci?
Con tutta probabilità, il suo fenomeno si è semplicemente manifestato nel posto giusto al momento giusto.
La sinistra mondiale, e particolarmente quella italiana, sta attraversando una palude culturale che la sta trasferendo da un’antica e solida concezione marxista, operaista e realista, fondata sul semplice e robusto concetto di lotta di classe, a un mondo nuovo fatto di utopia intellettuale, di fluidità concettuale, di moralismo totalitario, di estetismo politico, di creatività sociale, di sperimentalismo velleitario sconfinante spesso in semplice letteratura futurista.
Proprio quello che Augusto Del Noce definiva “partito radicale di massa”, caratterizzato però oggi da una notevole aggressività culturale e mediatica, probabile eredità di quell’intolleranza arrogante e rivoluzionaria che caratterizzava i vecchi Partiti comunisti.
Ecco dunque che il Generale compare all’orizzonte di questo mondo come l’antitesi esatta di tutto ciò che la nuova sinistra sta dipingendo: un militare, un uomo ruvido, un semplificatore, un difensore del reale, un nemico dell’immaginario, uno che racconta ciò che vede, un cecchino che abbatte uno per uno i fantocci ideologici del progressismo, con poca eleganza concettuale forse, ma con sicura efficacia comunicativa. Le decine di migliaia di copie del suo libro – vendute senza il supporto di alcun editore – lo dimostrano.
E’ dunque impossibile per la sinistra non odiarlo, e neppure ignorarlo, come qualcuno consigliò durante la campagna elettorale europea: Vannacci rappresenta un lontano ma possibile pericolo all’orizzonte per quella parte politica, ma anche per il cosiddetto moderatismo, il non-luogo delle non-opinioni e delle non-scelte che vede in Vannacci un ovvio nemico in quanto portatore di idee nette e definite, che per i moderati di centro e di centrodestra sono quello che la kriptonite era per Superman.
Ecco, la cosa che spaventa di più in Vannacci è la chiarezza della sua narrazione che, ripetiamo, non è una suprema visione del mondo ma porta con sé l’efficacia di un popolarismo vero (non quello oligarchico della Von der Leyen e discepoli italo-europeisti) e di un attaccamento alla realtà che il culturame italiano non può che interpretare come populismo, rozzezza, incultura, e non per nulla viene definito con ripetitività “discorso da bar”, come se le loro esternazioni giornalistiche e televisive fossero invece sublimi elevatezze hegeliane.
D’altra parte la sinistra scende su questo stesso piano quando imputa al Generale gli affronti a due delle più sante icone della sua ideologia: l’antirazzismo e l’omosessualismo. Dire che la Egonu non ha i tratti dell’italianità e che gli omosessuali si allontanano dalla normalità, per “loro” equivale a portare il cane in chiesa e non fare delle affermazioni opinabili ed eventualmente confutabili che, in una normale logica del confronto civile, potrebbero semplicemente essere discusse.
Razzismo e omofobia sono ormai diventati concetti-manganello con cui menare ogni possibile avversario, e i reati di razzismo e di omofobia sono dietro l’angolo; anche se, si badi bene, non si tratta di reati “veri” ma di reati di opinione, non comportamenti materiali ma pensieri e parole che una ormai secolare civiltà giuridica non ritiene sanzionabili in quanto, se si può anche essere puniti per ciò che si compie o si omette di compiere, non è possibile essere sanzionati per quello che si è; e il pensiero e la parola sono proprio i due fondamenti di una qualunque personalità umana.
Eppure a Vannacci vengono attribuiti proprio questi reati, e, se non difendiamo in qualche modo il Generale, pur nella sua non sempre condivisibile visione del mondo, presto toccherà a noi.
Ecco perché Vannacci è diventato, grazie proprio all’intolleranza di sinistra, anche un simbolo di libertà e di coraggio delle proprie opinioni che – secondo l’usurato ma sempre attuale aforisma volterriano – vanno difese sino alla morte anche se non si condividono.
D’altra parte se “noi” abbiamo Vannacci, “loro” hanno Elodie. Tirate voi le conclusioni.
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Senza commentare analiticamente quanto affermato nell’articolo, mi limito a condividerne la sostanza soprattutto la’ dove si afferma che la sinistra ideologizzata in particolare su temi quali il razzismo, l’omofobia e l’ecologia, vorrebbe impedire a Vannacci, con una continua critica su ciò che dice,di esprimere le proprie opinioni, condivise da molti, me compreso.