
Di Alessandro Mella
Jorge Mario Bergoglio ha lasciato la vita terrena nella giornata del lunedì santo. Lasciando smarrita e sofferente la comunità cristiana che l’aveva a cuore. È seguita un’opera di santificazione preventiva da parte delle televisioni, dei giornali, dei social e delle masse. Il ritornello “Santo Subito” non ha insegnato nulla a chi ne fu promotore con una certa leggerezza qualche tempo fa.
Il dolore per la morte di un uomo è sempre molto, meritevole di profondo rispetto, ma non è lesa maestà mantenere una posizione critica verso la persona se, quand’era in vita, si era ugualmente critici. Molte delle scelte di Bergoglio si sono rivelate divisive, spesso devastanti per il mondo cattolico e la sua integrità. Corre un abisso profondo da “riformare-semplificare” e “dissacrare-demolire”. Bergoglio inseguì la sua visione, il suo sogno, cosa pienamente legittima, da quando il conclave gli consegnò de facto il trono di Pietro. Ma, ribadisco, sarebbe ipocrita tesserne elogi per chi non volle farlo quand’era in vita. Seguendo la strada dei cieli già percorso dal grande teologo Benedetto XVI.

Sia come sia, purtroppo la persona ha preso la via dei cieli ed ora la Santa Sede dovrà, come sempre, “morto un papà, farne un altro”.
Cosa accadrà? In questi giorni si inseguono nomi di “papapili” sui giornali e come sempre finiremo per non vederne, probabilmente, nessuno affacciarsi al balcone.
La questione religiosa, a chi scrive, interessa assai poco perché in questo aspetto è bene non entrare e mantenere il dovuto rispetto per ogni sensibilità. Ma cosa accadrà con il conclave resta una questione anche geopolitica e storica.
I signori cardinali ci faranno capire tante cose. Lo capiremo dalla scelta di ammettere o meno Becciu tra i votanti, dal tipo di profilo che sceglieranno e dal nome che costui prenderà. Il nome scelto dice più del curriculum ecclesiastico. Può essere rivoluzionario come nelle intenzioni della scelta di Francesco e dei Giovanni Paolo prima, può essere richiamante tradizione e levatura come lo fu Benedetto.

Mentre crescono le pressioni popolari per un nuovo pontefice italiano, possibile ma non scontato, occorre pensare anche ad altri scenari. A prescindere dalla decisione di passare la mano ad un papa in continuità con lo spirito fortemente progressista di Bergoglio oppure ad uno conservatore, reazionario o semplicemente alla ricerca di quelle tradizioni andate perdute e forse ora necessarie come orizzonte in tempi insicuri. Il vicario di Cristo deve essere aulico, irraggiungibile, maestoso e nobile come un tempo o deve ridursi al rango di simpatico ed empatico pretino di campagna di candore vestito? Ecco un’altra vexata quaestio.
Piaccia o meno, credenti o meno, il cattolicesimo resta uno dei fondamenti della cultura occidentale. Lo stato laico, il cuore libero, ma certo con un cattolicesimo che per secoli ha intriso la società. È nei fatti, nella storia, dobbiamo riconoscerlo.
Quali possibilità dunque? Un papa asiatico rappresenterebbe una speranza per Taiwan, un messaggio potente a quella Cina ancora sostanzialmente comunista sebbene pronta a fare occhi dolci di comodo al capitalismo e magari un piccolo ceffone anche alla Corea del Nord.
Sceglierlo asiatico, tra l’altro, potrebbe essere anche un segnale di inversione di marcia, di presa di distanza netta, dalle azioni criminose dei latitanti internazionali che dal Cremlino hanno disposto l’invasione di terre libere e che si spera vadano, prima o dopo, a risponderne di fronte a qualche tribunale internazionale.

Un papa americano? È una possibilità sebbene a chi scriva sembri ancora remota. Certo qui tutto dipenderebbe non solo dalla nazionalità ma soprattutto dalle posizioni. Un americano reazionario sarebbe una manna per l’amministrazione pseudo-repubblicana della Casa Bianca. Ma un pontefice riformista rappresenterebbe un colpo duro assestato ai deliri del sempre più instabile ed imbarazzante Trump.
Resta, sullo sfondo, la spesso invocata opzione di un papa africano. Sarebbe un segnale interessante ma su cui farebbero ombra i deliri dei complottisti e di chi interpreta Nostradamus e le sue ambigue quartine secondo proprio gusto. La chiesa di Roma è pronta sfidare tutto questo? Malgrado le radici millenarie è improbabile. Alla fine, dal conclave, uscirà qualche imprevisto ed i papabili resteranno cardinali. Anche se la storia potrà smentire ovviamente questo assunto.

Per chiudere, la chiesa ha davanti un bivio non tanto religioso quanto politico. Il conclave determinerà il ruolo di questa istituzione nella politica mondiale del prossimo avvenire. Un futuro reso incerto da invasori, tiranni, persone disinnamorate della libertà e soggetti da essa lontana. Dai venti feroci che soffiano da oriente e non solo.
Sarebbe l’ora di un pontefice realmente liberale e libertario. Ma si sa, è troppo pretendere e forse una contraddizione in termini. Ci accontenteremmo, francamente, di una figura non ambigua, franca, diretta, ed almeno della libertà amica. Realmente amica, ma attendiamo senza illusioni gli esiti di un rito che, dopo millenni, comunque fa ancora volare la fantasia di devoti e di laici.
Alessandro Mella