La notizia riportata da tutte le più accreditate testate, probabilmente va molto ridimensionata ed etichettata come propaganda
La recente notizia del via libera di Biden all’uso dell’Ucraina di missili a lungo raggio, in grado di colpire il territorio russo, si è fatta subito “esplosiva”, rimbalzando da tutti i canali dell’informazione. Su una intervista de “La Stampa” al presidente del Centro Studi Internazionali Andrea Margelletti, è ben descritto come il destino dell’Ucraina sia segnato, e come Il futuro potrebbe portare facilmente a un’escalation, soprattutto per il settore europeo della Nato, anche in seguito alle reazioni russe, ora più libere di alzare i toni.
Infatti, aumentare oggi la capacità offensiva di Kiev, in vista di prossime trattative di pace da una posizione di forza, non garantisce la continuità del proposito, poiché gli scenari potrebbero cambiare di molto con l’insediamento di Donald Trump, che ha più volte indicato di porre fine al conflitto russo ucraino, ma come?
Il paragone con l’abbandono dell’Afganistan da parte degli americani, concordato con i talebani, senza coinvolgere il governo di Kabul è di fresca memoria. Guerre “americane” che hanno riportato al disimpegno dal Vietnam o al cambio di potere nell’Iraq post Saddam, lasciando i rispettivi Paesi, ai loro retroscena drammatici. E noi europei, gli alleati della Nato, a far sempre da vassalli alla corte del re Zio Sam.
Comunque, la notizia è sotto esame, forse ampliata dalla press rimbalza in modo da verificare. In realtà, stando all’agenzia Ansa, il via libera americano verso le forze ucraine, sembra consentire l’uso dei vettori a lungo raggio Atacms solo per colpire le forze russe e nordcoreane nella regione russa di Kursk, di cui gli ucraini occupano una modesta porzione di territorio dopo lo sconfinamento di quest’estate. Altrettanto interessante però è il commento di Zelensky dopo il massiccio attacco aereo subito da Odessa proprio oggi: «ora i missili partiranno da soli».
Quale sia la reale portata della notizia, nel caso del probabile cambio di rotta dell’amministrazione Trump nei confronti dell’Ucraina, l’Europa non sarà in grado di supplire agli USA, come unico alleato industriale, politico e militare, nei suoi aiuti destinati a Zelensky.
Dunque, un passo indietro degli USA di Donald Trump non potrà che lasciare l’Ucraina in balia di se stessa, poiché l’Europa da sola è debole e impreparata a un conflitto con la Russia, né voluto, né cercato, ma ereditato da un’escalation meditata dal Cremlino già da tempo. Vladimir Putin vuole ripristinare i confini dell’Urss e non soltanto. A rigor di logica non esiste un’altra alternativa se non lasciare Zelensky al suo destino.
Lasciando la notizia nel dubbio, poiché pare smentita dal portavoce della Casa Bianca, rimane il fatto che Vladimir Putin ha più volte sventolato l’uso di armi nucleari tattiche, ed è in grado di colpire ovunque l’Europa. Siamo disposti a ingaggiare un conflitto russo europeo senza il sostegno americano? Certamente no e in fondo: perché?
La flotta russa incrocia nel Baltico e nel mare del Nord, dal canale della Manica ai fiordi della Norvegia. Questa realtà; dimostrazioni di forza con cui l’Europa, militarmente frammentata e in ritardo strategico è chiamata a valutare la propria capacità di reagire, smettendo di nascondere la testa nella sabbia.
Nel frattempo dopo quasi 1000 giorni di eroica battaglia, l’esercito ucraino resiste e contrattacca, ma l’organico è stanco e il Paese è distrutto dai missili. Gli aiuti militari di Pyongyang all’armata russa, che conta gravissime perdite umane, includono anche consistenti reparti di truppe fresche inviate sul campo. Senza gli aiuti degli USA (preoccupati dal fermento della Cina), e di conseguenza anche degli altri paesi della Nato, Kiev è destinata a perdere la guerra.
Un’invasione che potrebbe non fermarsi ai confini dell’Ucraina e invogliare l’orso russo ad allungare il passo verso un’egemonia ideologica e territoriale euroasiatica che risale all’impero tartaro-mongolo, fermato al confine dell’Europa solo nel XIV secolo. Certe aspirazioni di un seme genetico autocratico e dominante, che risale a Gengis Khan, non tramontano, nonostante certe pause nella storia; ultimo pensiero su cui riflettere, per immaginare un ipotetico futuro, sfogliando il libro del passato.
Una prospettiva davvero infelice, la guerra è sempre una regressione del progresso umano ed intellettuale di una società, come chi, a corto di parole e capacità di esprimersi, usa la violenza per farsi capire.