Aggiornamento sul crescente senso di abbandono da parte dello Stato e sul baratro in cui sta sprofondando la pace nel mondo
Nell’agosto 2022, Matteo Salvini rilanciava un ritorno al servizio di leva per circoscrivere il fenomeno delle Baby gang e compattare giovani attorno al senso di appartenenza allo Stato. Il ministro Guerini la bocciava e i militari di professione anche. I sondaggi però indicavano che gran parte della popolazione riteneva che un periodo di servizio militare per giovani di entrambi i sessi sarebbe stato molto utile per una gioventù sempre più distratta da disgreganti miti.
Sono in molti a pensare che il “militare” fosse più d’una scuola di vita, ma l’abolizione del servizio di leva fu vista di buon occhio. Nasceva l’esercito di professionisti; soldati e soldatesse addestrati a uccidere e non farsi uccidere durante le missioni di pace. Ottimi elementi finora impiegati a guardia del mondo, ma la pace è sempre più lontana, dalla Palestina al Mar Rosso, dai conflitti interni in Africa centrale, passando per le minacce nucleari del Cremlino all’Occidente, per l’Europa e per il mondo intero si sta delineando un pessimo momento. C’è paura tra la gente e consapevolezza di essere stati assopiti per molto tempo. Oggi siamo impreparati. Ma non solo.
Quei camion verdi pieni di soldati che fischiavano alle ragazze hanno lasciato un vuoto nelle città. Davano un senso di presenza dello Stato. Ora, nel degrado delle periferie quanto nei centri delle città, si vive in un senso d’abbandono, ampliato dalle scarse risorse delle Forze dell’Ordine, sempre più ostaggio di una criminalità d’importazione che si muove anche per volere del Profeta.
I talk show, la stampa, i Tg riportano fatti di cronaca quotidiana legati a stretto giro con un’Italia che ha paura quando esce di casa. Bande di criminali rom, italiani e maghrebini imperversano impunite, la testimonianza della ragazza violentata nel parco mette i brividi, le stazioni delle grandi città sono in mano a bande di immigrati. A Napoli come a Milano basta uno sguardo per piantare un coltello, Monfalcone è una moschea in ogni locale. La popolazione è stremata. Pochi, mal pagati e rassegnati i tutori dell’ordine.
Al nuovo governo è stata lasciata una impegnativa missione: riaffermare la legalità,. Un’opposizione frustrata, correa e irresponsabile fomenta l’odio contro la polizia, promuove una penetrazione islamica e una mentalità antisemita, cavalcando il macello nella Striscia di Gaza, nella guerra in Ucraina. L’importante è creare dissenso. C’è qualcosa che non va, un seme che darà origine a erba cattiva. Il calo della natalità è arrivato all’1,2% per ogni coppia sposata. Proiezioni demoscopiche restituiscono pochi giovani italiani tra vent’anni sulla nostra terra, deboli, sottomessi e malmenati.
L’aggressività giovanile si sta prendendo le città. L’emulazione di rottura delle generazioni Y & Z dilaga sui social network, la tv di Stato si è svenduta allo share della sessualità liquida, agli “ascolti” dei giovani di “spacco”, alla nuova… cultura, a generazioni schedate da “algoritmi per acquisti” secondo età, abitudini e costumi, quindi appiattite sul Web per fasce di appartenenza. Occorre iniettare una cura capace di riappropriarsi di un’etica perduta e di molte zone del nostro Paese. Non è un’impresa facile. Sarebbe tempo di istituire una nuova naja.2, diversa, formativa e punto di riferimento, anche per il seguito della vita, per un bacino giovanile senza prospettive e senza sbocchi. Ma c’è dell’altro che ruota sulle nostre teste.
L’origine del servizio militare di leva risale al 1861, con la nascita del Regno d’Italia. Inserito nell’articolo 52 della Costituzione, ha scortato la storia della Repubblica italiana sino al 1º gennaio 2005, con la fine delle chiamate emanata dal governo Berlusconi (legge N°226\8\2004), anche se ancora vigente in caso di necessità. Forse quest’ultimo può essere un serio motivo per ripristinare un certo tipo di servizio militare. I paesi Nato stanno facendo scorte di munizioni, e il ripristino del servizio di leva è all’ordine del giorno in Europa come in altre nazioni. Non è un bel segnale e l’incertezza sale.
Sembra passata un’eternità da quando arrivava la “cartolina”; si scriveva ancora a macchina e non c’erano gli iPhone. La naja non era ambita e si partiva a malincuore, salutando amici, famiglia e fidanzate. Quando si tornava però, si era un po’ più uomini, più sicuri di sé campo di 1000e la gioia del rincasare, sovente era scortata da ricordi e nostalgie rievocate nel tempo. Qualcuno aveva imparato un mestiere; ulteriore stimolo per molti giovani in cerca di un futuro.
L’appartenenza a un moderno corpo della difesa potrebbe rivelarsi un valore aggiunto per offrire un ruolo e un’identità (non soltanto di genere), a una gioventù annoiata, manipolata da falsi miti ed esempi dissocianti. Servono esempi mediatici forti e stimolanti.
La vecchia naja sovente spostava giovani in un’altra regione. Ci si trovava in un luogo altrove, dove non v’era posto per vizi o capricci, né per divari di classi sociali, Per i soldati della Brigata Alpina Taurinense le caserme erano la casa di tutti, dove s’imparava a convivere con il minimo dell’essere e dell’avere: piemontesi, sardi, pugliesi, liguri, campani…stessa uniforme a battere il passo. Si mangiava quel che c’era, si pulivano cessi e pentoloni, si montava di guardia fumando furtivi e ogni tanto si faceva alla guerra dopo 20 km di marcia, zaino sulle spalle, fucile a tracolla. Fatica, insulti, ma qualcosa nasceva nell’intimo, stimolando la cognizione di sé, e quel fascino ferroso delle armi svelava il suo malvagio senso, ma intrinseco nella reminiscenza dell’umanità.
Imparare a padroneggiare un vecchio fucile, una mitragliera, un mortaio, una bomba a mano, o imperversare nella boscaglia con una Campagnola armata di cannone anticarro, faceva un certo effetto, atto di forza e di paura che rende coscienti. Lo sapevano certi ufficiali, burberi plasmatori di giovani, ma umani e di sani principi se incontrati per caso in un bar. Oggi più di allora sarebbe importante sapere da che parte e come sparare. Qualsiasi invasore non restituirebbe alcuna cortesia.
Durante la “naja” nascevano amicizie durature. C’era chi aveva perso la fidanzata e chi le scriveva ogni giorno, chi leggeva un libro e molti, un giornalino porno. La sera si usciva a gruppi in cerca di qualche ragazza, qualcuno si appagava con una prostituita e s’era ben contenti d’essere maschi, come previsto dal processo naturale del mondo animale. Non si sentiva questo ostentare o forzare variazioni sulla propria identità di genere, ma forse chissà… Qualcuno si teneva le sue cose per sé.
Il fenomeno delle Baby gang e altri nuclei violenti sono legati a una appartenenza locale e circoscritta. Spezzare il cordone ombelicale con i luoghi in cui si è radicata una quotidianità di gruppo, vuota o violenta, potrebbe essere una mossa vincente e un’opportunità per risaldare una generazione più motivata, addestrata alla difesa quanto a un controllo territoriale a vasto spettro, compresi interventi civici e di bonifica del degrado ambientale. C’è molto spazio anche per il servizio civile universale e qualche mese di solidarietà retribuita è un’iniziativa civica e civile.
Dopo il periodo di ferma, ne potrebbe scaturire un mestiere che prosegua il servizio per lo Stato, disgiunto da limiti di età. Le emergenze nel nostro Paese sono tante, segno che il lavoro non manca per un organico allargato di “seconda linea”. Seria alternativa a disoccupazione, sbando.
Al momento però, in questo scenario geopolitico che dalla Russia alla Mezzaluna sta prendendo di mira il Vecchio Continente, forse è ora di richiamare a casa i contingenti Onu che stanno rischiando grosso, e a parere di chi scrive, ripristinare almeno in parte quel servizio di leva e quella consapevolezza di dover forse un giorno essere costretti a sparare sul serio. Non tira aria buona in direzione dell’Europa, né da fuori, né da dentro d’un continente stanco e decadente, forse troppo accogliente.
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Un servizio di leva non deve essere necessariamente per combattere ma può essere per utizzo nelle retrovie e applicato a servizi civili come in occasione di calamità naturali o fatti similari. Naturalmente non deve essere facoltativo bensì obbligatorio e per un periodo non inferiore a 8 mesi.
Carlo, penso da tempo che un servizio di leva faccia solo bene a questi giovani, lontani dalle coccolose mamme e intenti a fare da soli qualcosa d’importante. Per se stessi e per la Patria. Proprio per quest’ultima sarebbe importante auspicare che il servizio di leva, non fosse demandato solo agli Italiani, ma anche ai figli di immigrati, così da creare in loro un senso d’appartenenza alla loro nazione di vita e non pensare ancora a quella di provenienza, vivendo con odio contro l’Italia e gli Italiani. In solo 8 mesi non si formerebbe un marinaio, ma andrebbero bene per un militare o aviere. Tutto questo farebbe bene ai giovani, alle famiglie, all’Italia. Ma che non diventi un altro motivo per farci litigare per il loro gioco politico.