25 novembre 1888: rissa sanguinosa, due carabinieri feriti, un rissante ucciso, alle Fornaci di Beinasco
«Rissa e coltellate. – È la dolorosa nota delle domeniche», lo scrive la Gazzetta Piemontese di lunedì 26 novembre 1888 come incipit della notizia che nel precedente giorno festivo «nella cantina esercita dal signor Musso Luigi sita nella regione Tesoriera s’impegnava una rissa clamorosa fra alcuni operai. Nella colluttazione certo Regiore Giuseppe, d’anni 24, muratore, ricevette da certo Costantino Achille, pure muratore, una coltellata al basso ventre, ché all’Ospedale di San Giovanni, dove venne condotto da due guardie campestri e dove fu ricoverato, fu giudicata guaribile in dieci giorni, salvo complicazioni. Il feritore si diede alla fuga e scomparve».
È una notizia certamente dolorosa, in particolare per il dissennato comportamento di giovani operai che in un giorno festivo riescono a rovinare la loro vita e quella di colleghi di lavoro e di divertimenti. Il quotidiano fornisce anche una sbrigativa analisi: «Le cantine, il vino, l’abbrutimento morale, l’ozio sono le cause di questi brutti fatti».
Una analisi non solo sommaria, ma anche riduttiva: che questo inquietante disagio sia ampiamente diffuso fra i lavoratori lo dimostra anche un’altra notizia che compare nella cronaca, una rissa in una osteria di Beinasco che si è trasformata in una ribellione ai Carabinieri.
Questa la ricostruzione fornita dal giornale Il Carabiniere del 16 giugno 1889.
Nella sera di quel 25 novembre, i Carabinieri Luciano Ruffo e Luigi Ojoli, della caserma di Beinasco, stanno pattugliando la periferica contrada Bottone, quando sono raggiunti da una donna, di modesta condizione, che dice loro tutta affannata:
– Per carità, accorrete alle Fornaci, ché si ammazzano.
– Ma dove, dove?
– Là, nella cantina del cantiere dei mattoni: saranno una ventina di fornaciai avvinazzati che strillano, si picchiano fra di loro come altrettanti indemoniati.
I due militari, senza fare altre domande, affrettano il passo e in pochi istanti giungono alla porta dell’osteria delle Fornaci (*). Al loro apparire, la rissa, nella quale è immischiato lo stesso oste, Francesco Comba, si interrompe di colpo e i rissanti, affollati davanti ai militari, si mettono a gridare con arroganza:
– La discussione è finita, qui non occorrono Carabinieri, andatevene.
Intanto sono arrivati altri operai. Uno di questi, che si sente audace per il numero dei compagni, si dimostra particolarmente aggressivo ed esclama:
– Ma che importa a noi di questi borich (asini, N.d.A.) di Carabinieri, cacciamoli via!
Così dicendo si lancia con furia su Ojoli e, approfittando della sorpresa, riesce a strappargli dalla spalla il moschetto. La ribellione allora diventa generale, accanita: Ojoli tenta di reagire, ma otto o dieci forsennati lo stringono e lo trascinano all’interno dell’osteria, dove lo tempestano di pugni e di bastonate.
Nello stesso tempo anche Ruffo è stato accerchiato da un considerevole numero di ribelli.
Il militare, manovrando il moschetto, riesce a tenerli distanti e intanto cerca di guadagnare terreno per accorrere in aiuto del collega in pericolo. Nell’osteria si sono sentiti due colpi d’arma da fuoco – non sarà mai accertato chi abbia sparato – e Ruffo, mentre si avvicina alla porta, viene colpito alle spalle da una bastonata, tanto violenta da farlo indietreggiare sbalordito.
I ribelli approfittano del suo momento di smarrimento e gli si precipitano addosso per disarmarlo. A questo punto il militare, vedendo che lui e il commilitone sono perduti, spara un colpo a mitraglia a scopo intimidatorio. Alla detonazione, i ribelli che tenevano stretto Ojoli, lo lasciano andare e corrono fuori dell’osteria. Anche il militare esce fuori per raggiungere Ruffo, il quale ha rapidamente ricaricato il fucile a pallottola. I due Carabinieri devono fronteggiare un nuovo assalto di tutti i facinorosi, compatti e furibondi.
Ruffo, risoluto a vendere cara la vita, spara un secondo colpo che ferisce al ventre e fa cadere a terra uno degli avversari che quasi subito muore. Spara poi un terzo colpo che raggiunge in pieno petto l’oste Comba, che morirà dopo pochi giorni.
A questo punto i rivoltosi si danno a fuga precipitosa, i Carabinieri li inseguono e ne afferrano uno che, malgrado la sua accanita reazione e il tentativo dei suoi compagni di liberarlo, viene ammanettato e portato in caserma.
Nella sera stessa Carabinieri e autorità accorrono alle Fornaci: sono arrestati altri partecipanti alla rissa, fino a raggiungere il numero di dieci. Saranno tutti condannati, ad esclusione di uno soltanto.
I due carabinieri Ruffo e Ojoli ricevono l’encomio solenne della Legione di Torino.
Ruffo viene inoltre proposto per la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
La magistratura non trova le condizioni per aprire un procedimento penale contro di lui: all’inizio del tumulto si è mostrato paziente e ha fatto ricorso alle armi a ragion veduta, in un momento molto difficile.
Così il 3 febbraio 1889 al Carabiniere Luciano Ruffo viene concessa la Medaglia di Bronzo al Valor Militare con questa motivazione:
Il 25 novembre 1888, accorso con un compagno a sedare una rissa in una cantina presso Beinasco (Torino), ed incontrata aperta ribellione per parte di 25 persone, non si smarrì d’animo, e, mentre cercava di dar aiuto al compagno in serio pericolo, colpito egli stesso fortemente alla testa con un bastone, fece uso del moschetto, uccidendo un rivoltoso, ferendone un altro e disperdendo tutti gli altri.
(*) La frazione di Fornaci è posta a nord di Beinasco, dal quale dista 1,03 chilometri. Si è sviluppata col sorgere delle prime fornaci per la produzione di mattoni, intorno al 1870, con addetti provenienti per la maggior parte da Toscana e Friuli. Oggi è nota soprattutto per il centro commerciale Le Fornaci Mega Shopping.
Fonte.
Rissa sanguinosa, ribellione, due carabinieri feriti, un rissante ucciso, Gazzetta Piemontese, 26 novembre 1888.
Rissa e coltellate, Gazzetta Piemontese, 26 novembre 1888.
Il Carabiniere, 16 giugno 1889, N. 24.
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