Fu una lotta senza esclusione di colpi
Esattamente 230 anni fa a Besançon i rivoluzionari si impossessarono della Sindone lì custodita e la fecero letteralmente a pezzi – ne ricavarono delle bende per i feriti ! – poiché da loro ritenuta espressione di superstizione e feticismo.
Si tratta di un capitolo della storia della più nota reliquia del mondo che coinvolge direttamente la Sindone conservata a Torino. Ecco perché.
Mettiamo subito in chiaro che credere nell’autenticità della Sindone – in quanto sudario in cui fu avvolto il corpo di Cristo – è un atto di fede, così come accettare che qualcuno possa risorgere dalla morte. Noi dobbiamo rivolgerci al cosiddetto “periodo oscuro” di quella reliquia che, dopo la datazione con il C14, ha visto ridimensionare la sua collocazione nel tempo e nello spazio, pur suscitando perplessità e discussioni non ancora spente. Comunque in quel periodo, vi fu la presenza contemporanea di due reliquie, entrambe indicate come l’autentico sudario di Cristo. Un evento che determinò, come è facile immaginare, tutta una serie di reazioni atte a dimostrare – ovviamente – che solo uno di quei teli era quello degno di fede.
Fu una lotta senza esclusione di colpi che, rivista oggi, sulla base delle fonti disponibili, ci consente di trarre tutta una serie di indizi per farci un’idea dell’importanza di quella reliquia nella cultura cristiana dell’Europa medievale. Si tratta di un tassello molto importante della storia, che coincide con l’apparizione delle “sindoni” in Europa dopo secoli in cui del sudario di Gesù vi erano solo tracce frammentarie, dalle quali sembrerebbe di coglierne la presenza, anche se con modalità tali da non permetterne una collocazione in un ambito storico-geografico sempre preciso e soprattutto non chiarivano, con la necessaria nitidezza, le sue caratteristiche fisiche.
Dobbiamo spostarci nel XIII secolo, quando la Sindone entrò a far parte del patrimonio di una nobile famiglia francese: un patrimonio che ebbe alcune vicissitudini, anche drammatiche. Infatti, nel secolo successivo, un’altra nobile famiglia francese, risultava in possesso di una sindone… E sarà proprio dal XIV secolo che avrà inizio la pratica di presentare la reliquia ai fedeli, con ostensioni documentate e destinate a richiamare migliaia di devoti. Prima del XIII-XIV secolo non abbiamo elementi precisi per ricostruire la storia della Sindone: infatti, come si è detto, fino ad allora si parla di “periodo oscuro”, nel quale mancano notizie certe. Quanto sappiamo è riferito prevalentemente a elementi del corredo funebre di Cristo; non mancano poi i presunti ritratti di Gesù che si diceva si fossero formati miracolosamente: cioè le cosiddette acheropite.
In pratica, per molti anni, vi saranno due sindoni “in guerra” tra loro, o meglio a essere in guerra furono i rispettivi proprietari e l’entourage ecclesiastico e nobiliare che considerava quelle reliquie anche degli strumenti di potere.
Saranno battaglie per far trionfare una sindone sull’altra? Forse, in quel frangente, la fede non fu il valore primario, poiché possedere la Sindone significava anche avere una relazione più stretta con l’autorità ecclesiastica e conseguentemente tutti i vantaggi che quella relazione garantiva.
Osservata oggi, la vicenda potrebbe sembrare anacronistica, ma non lo era allora, quando le reliquie avevano un valore importantissimo, oggi molto ridotto, anche tra i cattolici, perché espressione di un’attenzione culturale tendente a derive in ambito magico-feticistico. Per semplicità e sintesi ecco le tappe fondamentali dell’articolata vicenda. Nel 1204 è documentata la presenza della Sindone a Costantinopoli. Da allora mancano notizie certe, solo vaghi accenni fino alla prima metà del XIII secolo, quando, a Besançon, in Francia, la famiglia de la Roche possiede la Sindone. Però, nel 1349, la Sindone di Besançon brucia. Trascorre una manciata di anni e tra il 1353 e il 1356, a Lirey, non lontano da Besançon, la famiglia de Charny possiede la Sindone, che non è quella Besançon.
Dopo una ventina d’anni (1377) colpo di scena: la Sindone di Besançon riappare, poiché sarebbe miracolosamente scampata al fuoco; ritornò alla luce a seguito del crollo di una parete della cattedrale di Santo Stefano: in tal modo fu possibile vedere l’incavo in cui era stata celata. La concorrenza tra le due reliquie all’inizio fu notevole, poi lentamente quella di Lirey fu prevalente, pur essendo al centro di numerose polemiche sull’autenticità e sulle pratiche devozionali a essa legate. Trascorse quindi un lungo periodo in cui Besançon e Lirey avevano ognuna una sindone. Poi, come detto, nel 1794, la Sindone di Besançon venne distrutta dai rivoluzionari. Ma ormai da trecentoquaranta anni quella di Lirey era parte del patrimonio dei Savoia e da più di duecento si trovava a Torino.
Il resto è storia nota.
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