
Un momento di leggerezza calcistica e un tocco di immaginazione per entrare in un mondo onirico illuminato dalla stella del pallone
Diego Armando Maradona, fino allora stella del Barcellona, dopo l’interessamento del Napoli da parte del suo presidente Corrado Ferlaino pareva cosa fatta, ma in seguito a immediati contrasti con l’allora allenatore della squadra partenopea Ottavio Bianchi, e altre cose mai trapelate, il fuoriclasse argentino reagiva con uno dei suoi istintivi colpi di testa.
Dopo un consulto con il manager Guillermo Coppola, Maradona decollò da Napoli in direzione di Torino, per valutare l’offerta precedente passata quasi in silenzio da parte del presidente del Toro, il lungimirante imprenditore Sergio Rossi, che silenziosamente aveva messo insieme una solida cordata per rinforzare la squadra.
Per uno di quegli inspiegabili allineamenti astrali, qualche giorno prima Maradona aveva letto una struggente lettera di un giovane tifoso italoargentino, che di cognome faceva: Fantino, il quale gli aveva narrato la commovente tragedia di Superga e la sorte del Grande Torino, narrando di capitan Mazzola, della trombetta, del grande cuore Granata.…
Nella lettera il giovane chiedeva a Diego Armando di provare a immaginare quanto la sua figura sarebbe diventata immortale se fosse andato a giocare nel Torino, in fondo non era una cattiva squadra, serviva un leader del suo spessore, e poi, perché aveva sognato “l’angelo della basilica”, il quale gli aveva detto che con Maradona in squadra il Toro avrebbe vinto tutto.
Diego Armando Maradona si era fatto fare le carte da Carmen Bonita, la sua veggente di fiducia che era rimasta molto colpita dal favore degli incastri, ma non solo. Durante il volo da Barcellona, Maradona aveva incontrato una giovane, bellissima nobildonna piemontese che lo aveva letteralmente stregato con il suo modo di fare mezzo sabaudo e mezzo cortigiano, così diverso, sofisticato, ma molto seducente, tipico di chi sa quello che offre e quel che vuole senza svendere né troppo lusingare. E poi, la donna ne capiva di calcio forse più di un vero allenatore.
Maradona e lo staff atterrarono a Caselle in quel caldo pomeriggio di luglio dell’84, accolti da un selezionato corteo di entusiasti sostenitori, subito dopo fu portato in elicottero al ricostruito stadio Filadelfia, sepolto di bandiere granata sventolanti. Avvicinandosi alla città Diego aveva visto Superga e il suo cuore, che aveva battuto in testa, comunicava di avere fatto la scelta giusta.
Quello che è successo è sui libri di storia di una squadra costruita per verticalizzare le incursioni dell’asso argentino con il supporto dei migliori esterni presenti sul mercato, per rinforzare un organico che già di per sé non era niente male. Piena sintonia con l’esperto Luigi Radice: tre scudetti tra il 1985 e il 1989, una Coppa dei Campioni nel 1988, un’altra nel 91, due Coppa Italia strappate in finale con una Juventus trattata male. Altri due scudetti, nel 92 e nel 95, con il Torino sempre più forte e in giro per l’Europa.
Il resto è leggenda da non credere: Armando stemperato nel suo carattere impulsivo, affascinato dalla cultura e dalla filosofia, sposava la bella contessa incontrata sul volo e dopo un periodo da allenatore sempre della stessa squadra oramai del cuore, entrava a far parte dello staff selettivo del Torino FC, da dove impartisce sapienti consigli ancora adesso in quella che è diventata una delle squadre più forti del mondo e…
“Cose che vengono in mente quasi vere nel dormiveglia di una febbre da Covid che, a parte tutto questo, avrei preferito evitare…”
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