
Il Nuovo fronte popolare è relegato all’opposizione e scatena le piazze
Cinquantuno giorni dopo le dimissioni di Gabriel Attal, il presidente della repubblica Emmanuel Macron ha finalmente deciso e ha dato l’incarico di primo ministro all’ex commissario europeo ed ex mediatore Ue con il regno Unito per la Brexit, l’esponente gollista del Partito repubblicano Michel Barnier.
Uno “schiaffo” al Nuovo fronte popolare l’alleanza di sinistra che ha vinto le elezioni anticipate di due mesi fa e ha già preannunciato la sfiducia in Parlamento.
I suoi candidati, in particolare l’alta funzionaria Lucie Castets, non sono nemmeno stati presi in considerazione, mentre il presidente ha preferito guardare a destra. Dopo aver bocciato le proposte di Macron riguardanti l’ex premier socialista Bernard Cazeneuve e il centrista presidente della regione degli Hauts de France, Xavier Bertrand, il Rassemblement national di Marine Le Pen non ha posto il veto a quella di Barnier.
Quando l’Eliseo ha reso nota la scelta, Marine Le Pen ha commentato favorevolmente che Barnier “non ha mai ostracizzato il Rassemblement National” poiché “è un uomo di dialogo”.
Inoltre, nel 2022, Barnier aveva invocato una moratoria sull’immigrazione.
“Non parteciperemo al suo governo – ha detto Le Pen – ma aspettiamo il suo discorso di politica generale”.
Le ha fatto eco il presidente del partito Jordan Bardella:
“Giudicheremo in base a come le grandi emergenze dei francesi saranno finalmente affrontate”.
Ma non si tratta ovviamente di un placet. Marine Le Pen ha negato di aver avuto un ruolo attivo nella nomina a Matignon di Michel Barnier. Un’accusa mossa dall’opposizione di sinistra del Nuovo Fronte Popolare che ritiene “illegittima” la scelta di Barnier e denuncia una presunta alleanza tra Macron e Le Pen.
“Non sono la direttrice delle risorse umane di Emmanuel Macron e credo anche che solo un primo ministro del Rassemblement National possa attuare il nostro progetto di partito”
ha dichiarato Marine Le Pen.
Queste dichiarazioni non convincono la sinistra.L’ex presidente socialista Francois Hollande ha commentato che
“l’estrema destra ha dato una forma di liberatoria all’esponente gollista”
mentre anche il leader della France Insoumise Jean-Luc Mèlenchon, ha contestato
“un primo ministro nominato con il permesso della RN”.
Marine Tondelier, leader degli ecologisti, la terza forza dell’alleanza di quattro (con il Partito comunista francese) che ha permesso di arginare l’ascesa della destra estrema, ha dal canto suo accusato Macron di aver
“fatto ballare il valzer al fronte repubblicano”
che aveva impedito la RN dalla vittoria delle elezioni legislative solo due mesi fa.
La sfiducia annunciata da parte dei 193 eletti di sinistra renderà l’astensione del RN essenziale per la creazione di un nuovo governo.
La France Insoumise e i movimenti degli studenti avevano convocato una mobilitazione di piazza per sabato scorso, mentre la CGT, il principale sindacato, non ha aderito, ma la considera legittima.
“La scelta di Barnier – ha detto la segretaria generale Sophie Binet – è la prova del suo disprezzo per il voto degli elettori francesi”.
Nel corso del weekend si sono tenute 150 manifestazioni in tutto il paese ad iniziare da Marsiglia, Lilla, Nizza, Lione, Bordeaux e Strasburgo e domenica a Parigi .
Intanto sono partite le prime consultazioni di Michel Barnier per formare il nuovo governo francese a due mesi dalle elezioni.
Il premier incaricato ha incontrato Macron e i leader di Ensemble e della Destra repubblicana, che hanno aperto a una loro partecipazione al governo, mentre la sinistra l’ha esclusa con forza e ha chiamato alla già ricordata mobilitazione contro “il colpo di mano” del Presidente.
I macronisti di Ensemble, come detto dal presidente del gruppo parlamentare ed ex premier Gabriel Attal,
“non hanno la volontà né di bloccare né di dare un appoggio incondizionatoa Barnier”.
Ma cercheranno di essere “utili” al Paese, con una loro “possibile partecipazione” al governo.
Apertura anche dalla Destra repubblicana di Laurent Wauquiez, secondo cui
“quello che conta è il programma” che presenterà il premier, ma comunque “nulla è deciso”. E anche ‘A Droite’, il partito di Eric Ciotti nato dalla scissione dei Repubblicani dopo la sua decisione di allearsi con l’estrema destra del Rassemblement national.
“Decideremo in funzione del programma” ha detto Ciotti, mentre l’Rn, da cui in effetti dipende la nascita del governo, nel quale non entrerebbe ma a cui darebbe appoggio esterno.
Di tutt’altro tenore le dichiarazioni che arrivano dalla sinistra, con il segretario del Partito socialista, Olivier Faure, che ha denunciato “il tradimento democratico” assicurando che “nessuno” entrerà al governo.
Barnier è a capo di un governo a rischio censura. Tanto da poter battere il record del premier con il mandato più breve della Quinta Repubblica. La minaccia non diventerà però reale se non ci sarà accordo su una bocciatura tra almeno 289 deputati dell’Assemblée Nationale sui complessivi 577.
E nessuno dei tre blocchi può, da solo, riunire tutti i voti necessari ad affossare il nuovo esecutivo. Sulla carta dunque a pronunciarsi per la sfiducia dovrebbero essere i 193 deputati del Nfp, troppo pochi per far passare la mozione.
Sull’altro versante, non dovrebbero pronunciarsi a favore di una censura i deputati di Ensemble pour la République (ex-Renaissance), del Modem e di Horizons, che dovrebbero schierarsi con Macron e avallare la sua scelta. Renaissance ha annunciato di voler illustrare
“nelle prossime ore” al premier le sue “priorità programmatiche”.
“Nessuna censura automatica ma esigenze di fondo senza assegni in bianco” ha chiarito il partito.
Edouard Philippe (Horizons) ha espresso le sue calorose felicitazioni a Barnier. “Saremo in tanti ad aiutarlo”, ha assicurato promettendo sostegno.
Questo non toglie la possibilità di dissidenti interni alla ‘macronie’, soprattutto tra gli esponenti della sua ala sinistra.
Se Barnier supererà i non pochi ostacoli potremo capire se la strategia un po’ contorta di Macron risulterà vincente.
© 2024 CIVICO20NEWS – riproduzione riservata
Scarica in PDF