Alcune considerazioni del filosofo Andrea Zhok
Probabilmente non tutti i lettori conoscono Andrea Zhok, docente di filosofia morale all’Università di Milano, autore di saggi fondamentali come Critica della ragione liberale (Meltemi, 2020) e Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo (Jaca Book, 2006) oltre che raffinato polemista contro i totem e i tabù della nostra contemporaneità.
Zhok non è un economista, ma in un brevissimo articolo di qualche giorno fa nella rassegna stampa di Arianna editrice (per chi fosse interessato https://www.ariannaeditrice.it/articoli/tassi-di-interesse) ha tratteggiato magistralmente il senso profondo della recente decisione di Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, di aumentare ulteriormente i tassi di interesse dell’eurozona.
Ciò a dimostrazione che non è necessario essere economisti accademici e titolati per capire ciò che sta succedendo sul fronte monetario europeo: basta l’intelligenza ordinaria dell’uomo attento e consapevole, anche se economisti “veri” come Bagnai e Stiglitz avevano lanciato lo stesso identico allarme nei mesi scorsi.
In un precedente articolo del gennaio 2023 su Civico 20News, avevamo già evidenziato l’assurdità di combattere un’inflazione da offerta, fondata essenzialmente sul rincaro di materie prime a domanda pressoché incomprimibile, con lo strumento dei tassi d’interesse, cosa che invece avrebbe provocato un rialzo disastroso del costo del denaro con tutte le conseguenze immaginabili sugli investimenti e, a seguire, sulla ripresa e sulla crescita economiche.
Ci chiedevamo se quella decisione fosse frutto solo di insipienza oppure di vera e propria follia. Oggi, dopo l’aumento dei tassi BCE sui rifinanziamenti principali di un ulteriore quarto di punto, portati al 4%, si sta facendo strada in molti una terza ipotesi, molto più inquietante.
Scrive Zhok: “Trattandosi in Europa di inflazione esogena, scatenata soprattutto dalla guerra Russo-Ucraina, che ha ristretto l’offerta di materie prime e risorse energetiche, rendendole più costose, un intervento restrittivo della BCE è un atto completamente incongruo – in effetti confinante con il criminale”. Tesi perfettamente condivisibile e coincidente con quella da noi e da altri già avanzata.
Ma il filosofo aggiunge: “Quando invece l’economia è stagnante, quando non recessiva, come avviene ora in Europa, un aumento dei tassi di interesse ha un’unica valenza: consente ai detentori di grandi capitali di difendersi parzialmente dall’inflazione, in quanto il loro denaro può essere messo a frutto con un interesse sul mercato dei capitali. Ma per i debitori, i mutuatari e l’economia reale delle piccole e medie imprese questo significa soltanto un ulteriore strangolamento, in una fase già estremamente difficile da almeno tre lustri. In sostanza l’intervento della Presidentessa Lagarde è una classica operazione di difesa nel breve periodo del grande capitale, camuffata da intervento per evitare danni pubblici da inflazione.”
Si tratta, in altre parole di una lucidissima operazione a difesa dei grandi capitali che, intaccati in diversi paesi dall’inflazione, trovano compensazione, appunto, nell’aumento dei rendimenti regalati loro dalla decisione (o meglio, dal susseguirsi di decisioni) della BCE.
Il tutto senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze sull’economia reale, a partire dalle famiglie, cioè da noi.
Secondo i calcoli della FABI (Federazione autonoma bancari italiani), riportati dall’Ansa del 17 giugno, alla luce dei nuovi rialzi decisi dalla BCE, le rate dei nuovi mutui a tasso fisso sono destinate a raddoppiare nel corso del 2023, mentre quelle dei mutui a tasso variabile dovrebbero salire del 55-65%.
Per un mutuo a tasso fisso da 200.000 euro di 25 anni (il tasso medio applicato dalle banche potrebbe essere superiore al 6%), la rata mensile sarà di 1.304 euro; per un prestito da 100.000 euro, sempre di 25 anni, col tasso al 5,3%, la rata mensile sarà, invece, di 609 euro. Per i vecchi mutui, invece, nessuna differenza per il tasso fisso, mentre le rate a tasso variabile hanno subito aumenti fino al 70%.
Ognuno di noi può capire che cosa significhi tutto ciò: lo strozzamento doloso e impietoso di migliaia e migliaia e migliaia di modesti soggetti economici; famiglie, piccole imprese, piccole partite iva.
E’ chiaro che tutto ciò provocherà una contrazione della domanda di consumi, di immobili, di beni produttivi, ma gli effetti anti-inflazionistici resteranno molto contenuti essendo l’aumento di prezzi, come ripetuto fino alla nausea, dovuto essenzialmente ai rincari delle materie prime acquistate all’estero.
Una manovra inutile, dannosa, e, come dice Zhok, ai confini della criminalità economica, o forse addirittura oltre. Tutto vero soprattutto per l’Italia, che sta attraversando una delicatissima e fragile fase di ripresa dopo la gelata delle politiche pandemiche e dei problemi di approvvigionamento energetico dei mesi scorsi.
Concludiamo ancora con le parole di Zhok: “Tirando le fila, la dirigenza europea, dopo averci trascinato in uno scontro bellico che non ci appartiene, dopo aver nutrito a colpi di erario pubblico la guerra, dopo aver danneggiato irreparabilmente i rapporti con i maggiori fornitori di materie prime, ora sta cercando di ammorbidire l’impatto di questi squarci soltanto per il ceto dei grandi detentori di patrimoni liquidi, lasciando il resto della popolazione ad annegare nelle conseguenze delle decisioni dei Borrell e delle von der Leyen”.
Parole da sottoscrivere punto per punto, e che purtroppo segnano un passo ulteriore rispetto alle analisi precedenti relative al comportamento della BCE: dall’incompetenza a una apparente volontà di distruzione dei sistemi economici, da una incomprensibile politica monetaria a una ormai fin troppo comprensibile scelta politica contro i ceti produttivi, soprattutto quelli medi, a tutto vantaggio della grande finanza internazionale.
Per caso, qualcuno ricorda ancora la “distruzione di domanda” evocata da un certo Mario Draghi nel 2022? E la “distruzione creatrice”, sempre adombrata da Draghi come auspicio per una nuova economia?
Quasi viene il sospetto che la distruzione costituisca il lato oscuro che talvolta affiora nella mente dei governatori della Banca centrale europea.
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