Un ricordo della prof.ssa M.T. Reineri
Una curiosità questa che pochi torinesi conoscono e che emerge dai ricordi della prof.ssa Maria Teresa Reineri – Fisico Nucleare e Informatico – che al tempo dell’evento, nel 1960 aveva da poco conseguito la laurea a Torino.
Tuttavia alla curiosità si sostituisce immediatamente lo stupore e l’ammirazione per il personaggio Paul Adrien Maurice Dirac (Bristol, 8 agosto 1902 – Tallahassee, 20 ottobre 1984) – Premio Nobel per la Fisica nel 1933 e, senza ombra di dubbio, una delle più importanti figure che diedero contributi fondamentali alla Meccanica Quantistica e alla Teoria Quantistica dei Campi.
Elencare i suoi enormi apporti scientifici innovativi, che hanno rivoluzionato la cultura fisica e matematica del ‘900, richiederebbe una narrazione esaustiva a parte. In ogni caso questa “immensa eredità scientifica” dovrebbe sempre essere ricordata e associata alla sua persona, per onorarne doverosamente la memoria.
Conseguentemente ci limitiamo a ricordare che è stato un grandissimo scienziato geniale che ha teorizzato l’esistenza dell’anti materia (in seguito dimostrata attraverso il fenomeno dell’annichilazione) e che ha formalizzato l’omonima equazione. L’equazione di Dirac rappresenta, nel linguaggio della meccanica quantistica, l’energia di una particella elementare. È utilizzabile per particelle di spin ½, come ad esempio gli elettroni e i quark e fu formulata per la prima volta nel 1928, quando egli aveva appena 25 anni.
Paul Dirac resta un personaggio psicologicamente difficile da definire per la complessità della sua personalità schiva, timida (probabilmente con una componente autistica), caratterizzata dalla difficoltà a colloquiare e dalla mancanza totale di empatia, ma dotato di una prodigiosa capacità di “vedere dentro e oltre l’ostacolo sfuggente” e di descrivere, in modo sublime e attraverso un potente formalismo matematico, le nuove realtà della materia e dell’universo.
Davanti a queste considerazioni, che elevano vertiginosamente il personaggio nell’olimpo della scienza, ci sembrerebbe opportuno che la sua breve permanenza a Torino fosse ricordata con un “segno di memoria e di riconoscenza”, quali ad (esempio una targa o l’intitolazione di una via, ecc.) gesto che non potrebbe altro che nobilitare l‘immagine della nostra città.
Nell’attesa e con la speranza che qualche autorità (politica, civile, universitaria, ecc.), sia sensibile al suggerimento dato, consigliamo i lettori di visionare l’articolo della prof.ssa M. T. Reineri, sotto riportato.
Buona lettura (m. b.)
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Paul Adrien Maurice Dirac (8/VIII/1902 – 20/x/1984)
Premio Nobel della Fisica nel 1933 .
Nella tarda primavera del 1960 contavo sei mesi di laurea (in Fisica) e stavo seguendo i corsi per conseguire la specializzazione in Fisica Nucleare. Mi ero laureata nel dicembre 1959 con il prof. Gleb Wataghin con una tesi che riguardava il suo attuale campo di ricerca: le interazioni deboli (il nome deriva dal fatto che le forze messe in gioco sono molto deboli, assai più deboli delle forze che legano l’elettrone nell’atomo).
L’empatia del prof. Wataghin non aveva eguali: la sua fama di grande scienziato (nel periodo fascista era stato costretto nuovamente ad espatriare in Brasile creandovi un centro di ricerca sui raggi cosmici che aveva attirato l’interesse degli scienziati di tutto il mondo) lo poneva al livello di ogni collega del mondo scientifico internazionale, ma era la sua capacità di comprendere e sentire ciò che un’altra persona stava vivendo, a farlo amare dai colleghi di ogni parte del mondo, come dal più scalcinato studente della sua facoltà.
Non mi sorprese perciò la notizia che a Torino sarebbe venuto in visita Dirac, il “famoso” premio Nobel, invitato da Wataghin di cui sarebbe stato ospite, anche per l’assenza da Torino in quel periodo dei professori Mario Verde (direttore dell’Istituto di Fisica Teorica) e Tullio Regge, suo assistente ma già noto nel mondo scientifico internazionale come studioso dal grande futuro.
Assistenti, borsisti e studenti (me compresa) spiavano Dirac andando su e giù per i corridoi dell’edificio, ma scantonando velocemente ritirandosi ciascuno nel proprio studiolo quando la voce allegra di Wataghin ne annunciava la vicinanza e la possibilità di un incontro desiderato, ma temuto. Era sempre Wataghin a chiacchierare presentando al suo taciturno ospite la persona incontrata, cui Dirac manifestava un silenzioso disinteresse.
Una mattina Wataghin mi convocò domandandomi, con la massima gentilezza, se avessi avuto il tempo di far conoscere qualcosa della città alla signora Dirac che si annoiava ad attendere il marito per ore e ore in albergo. Ovviamente gli diedi la mia disponibilità con non poca preoccupazione: temevo di non essere sufficientemente colta per intrattenere la moglie del “premio Nobel” sulle bellezze e sulla storia della città. La signora sessantenne (a me pareva più anziana) si lasciò condurre qua e là, dandomi soddisfazione con solo piccoli “oh, oh beautiful”. Intorno a mezzogiorno la riportai in Istituto consegnandola sana e salva al marito e a Wataghin, che si profuse in ringraziamenti.
L’indomani, mi pare di ricordare, i Dirac sparirono da Torino, accompagnati dal prof. Predazzi e dalla moglie, in gita fino a Sauze d’Oulx, poi partirono credo per la Florida e all’Istituto di Fisica tornò la tranquillità.
La visita di Dirac a Torino non fu senza conseguenze per me: acquistai l’ultima edizione inglese del suo testo fondamentale per lo studio della Fisica Teorica, The Principles of Quantum Mechanics, il vangelo per chi voleva dedicarsi alla trattazione più innovativa della materia.
L’anno successivo avrei sostenuto con il prof. Mario Verde l’esame di Fisica Teorica: qual modo migliore per presentarmi che esporre l’impostazione tutta particolare proposta da Dirac? Avevo l’approvazione di Tullio Regge che mi aveva incoraggiata. Mi infilai in un formalismo nuovissimo, ingegnoso quanto mai e altrettanto difficile la cui base parte dall’idea che una parentesi (braket) può spezzarsi in due parti (vettori) chiamati “bra” e “ket”. Il voto fu massimo, 30 e lode, ma la soddisfazione di Verde minima. Mi congedò con un gelido: “Protesto contro lo snobismo dei termini”, rivolto più a Tullio che a me. E così terminò la mia frequentazione di Dirac e del suo cervellotico formalismo: anche un premio Nobel può essere (giustamente?) contestato.
MARIA TERESA REINERI
Nata a Torino, è laureata in Fisica. Dapprima ricercatrice presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, successivamente direttore tecnico del primo Centro di Calcolo dell’Università di Torino, infine titolare di diversi insegnamenti presso il Dipartimento di Informatica della stessa Università. Conta un’ampia produzione scientifica pubblicata su riviste nazionali e internazionali e negli atti di convegni dedicati. Parallelamente all’attività istituzionale ha coltivato l’interesse per la storia del Piemonte, come dimostrano i libri di cui è autrice: Anna Maria d’Orléans, regina di Sardegna duchessa di Savoia (Centro Studi Piemontesi, 2006); L’archiatra di Casa Savoia, Giovanni Francesco Fiochetto (Centro Studi Piemontesi, 2010); Una carmelitana torinese, faro spirituale per la corte e la città, in G. Ghiberti ~ M.I. Corona (eds), Marianna Fontanella. Beata Maria degli Angeli (Effatà Editrice, 2011); Non v’impegnerò il cuore. Antonia Maria di Castellamonte nella Torino barocca (ArabAFenice, 2011). Collabora dal 2005 alla rivista «Studi Piemontesi» e ha presentato contributi comparsi sugli Atti dei Convegni: Torino 1706-2006; L’araldica del Pennello; Utrecht 1713-2013.
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Sono tanti i personaggi Non famosi ma che hanno migliorato il mondo spero che l’intelligenza artificiale non li faccia sparire.