Sol Gareth “Garry” Davis, un premio Nobel per la pace mancato
Voglio parlarvi, oggi, di un personaggio probabilmente sconosciuto alla maggior parte di noi, che tuttavia ha svolto, dal dopoguerra, un ruolo fondamentale per lo sviluppo della consapevolezza del cittadino, ruolo che, secondo i più classici principi della manipolazione mediatica, non è mai stato messo in risalto in maniera adeguata da alcun mezzo d’informazione nel mondo.
Eppure quest’uomo, già alcuni decenni fa, in un momento in cui i potenti della terra erano occupati a spartirsi il mondo uscito dal secondo conflitto mondiale, aveva intuito come la vera appartenenza dell’essere umano a questo pianeta sia, per definizione, scevra da ogni qualsivoglia vincolo di popolo, territorio e nascita.
Parlo di Sol Gareth Davis, “Garry” per gli amici. Nato nel 1921 negli Stati Uniti da un’abbiente famiglia, Gary cresce nel rispetto delle regole imposte dalla sua condizione sociale, conducendo una vita classica, elegante, di cui a gran parte delle persone non sarebbe affatto dispiaciuto far parte. Nel 1941 debutta a Broadway come attore, ma poco dopo decide d’arruolarsi in aviazione per prendere parte al secondo conflitto mondiale.
Verrà assegnato ai caccia bombardieri B-17, le tristemente famose “fortezze volanti”. Fu proprio questa esperienza a segnarlo radicalmente. Il suo animo sensibile e visionario non sopportò le distruzioni causate dalle azioni a cui prese parte, in particolare il bombardamento di Brandeburgo, che causò un gran numero di vittime. Questi fatti, unitamente al grande dolore per la perdita del fratello maggiore, avvenuta in una battaglia navale al largo di Salerno ed il forte timore che ordigni come le due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki nel 1945 potessero costituire la nuova modalità di guerra futura, portando in tal modo alla distruzione dell’umanità intera, lo turbarono profondamente.
La questione lo tormentò a tal punto che il 25 maggio 1948 si presentò all’ambasciata americana di Parigi per rinunciare platealmente alla cittadinanza statunitense e dichiararsi “cittadino del mondo”.
“Se riuscissi a dimostrare che è possibile sopravvivere nel mondo senza documenti, attraversare le frontiere senza passaporto e comportarmi come un essere umano libero senza il beneficio di alcuna credenziale nazionale, colpirei il cuore stesso del nazionalismo“, scrisse.
Davis non fu certo il primo a inveire contro il nazionalismo, ma fu uno dei più abili nel farsi pubblicità. Il suo messaggio risuonò in un’Europa ancora stanca per la guerra e affollata di rifugiati. Eleanor Roosevelt lo elogiò nella sua rubrica di giornale. A Parigi si accampò per giorni sui gradini del Palais Chaillot, sede delle nascenti Nazioni Unite. Parlò a un comizio e attirò gli applausi di 20.000 parigini.
Impegnandosi per anni in azioni da teatro di strada globale, la sua nomea crebbe senza sosta.
Mentre cercava di entrare in Germania dalla Francia, ad esempio, le guardie tedesche su un ponte non lo lasciarono entrare nel Paese senza documenti e le guardie francesi non gli permisero di rientrare. Aiutato da sostenitori entusiasti, si accampò sul posto per settimane, solo per citare uno degli innumerevoli aneddoti che hanno costellato la sua lunga esistenza.
Davis, che ha registrato se stesso e più di 950.000 altre persone come “cittadini del mondo”, ha portato la sua causa ben oltre i timbri di gomma. Ha fondato nel 1953 il “Governo Mondiale dei Cittadini del Mondo” (https://worldservice.org/index.html?s=1), un’organizzazione che emette a chi ne faccia richiesta, direttamente e senza bisogno d’intermediari, i propri “passaporti mondiali”, visti, certificati di nascita e altri documenti, nel tentativo di superare i confini nazionali e i conflitti che essi generano.
Citiamo dal sito Governo Mondiale dei Cittadini del Mondo (https://worldservice.org/docpass.html?s=1): “Nei tempi moderni, il passaporto è diventato un simbolo di sovranità nazionale e di controllo da parte di ogni Stato nazionale. Tale controllo riguarda sia i cittadini all’interno di una nazione che tutti gli altri al di fuori di essa. Tutte le nazioni colludono così nel sistema di controllo del viaggio piuttosto che nella sua libertà. Se la libertà di viaggiare è uno dei segni essenziali dell’essere umano liberato, come affermato nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo1, allora la stessa accettazione di un passaporto nazionale è il marchio dello schiavo, del servo della gleba o del suddito. Il Passaporto mondiale è quindi un simbolo significativo e uno strumento, talvolta potente, per l’attuazione del diritto umano fondamentale della libertà di viaggiare. Per la sua stessa esistenza, sfida la presunzione esclusiva di sovranità del sistema degli Stati nazionali. Tuttavia, è progettato per essere conforme ai requisiti degli Stati nazionali in materia di documenti di viaggio. Cionondimeno, non indica la nazionalità del portatore, ma solo il suo luogo di nascita. Si tratta quindi di un documento d’identità neutro e apolitico e di un potenziale documento di viaggio.”
A volte questi documenti funzionano e a volte no – Davis stesso è stato incarcerato almeno 32 volte e altrettante volte rilasciato per inconsistenza dell’ipotesi di reato – ma il suo obiettivo più ampio era quello di attirare l’attenzione su ciò che vedeva come la violenta follia del nazionalismo.
Attualmente il passaporto mondiale è stato riconosciuto da 188 paesi nel mondo, che hanno rilasciato a più riprese, ai possessori di questo documento, i loro visti (https://worldservice.org/visas.html?s=1).
Qual è dunque l’ideologia che ispira tutto questo?
Sempre nel sito del Governo Mondiale dei Cittadini del Mondo (https://worldservice.org/wgd.html?s=1) leggiamo: “Un cittadino del mondo è un essere umano che vive intellettualmente, moralmente e fisicamente nel presente. Un cittadino del mondo accetta il fatto dinamico che la comunità umana planetaria è interdipendente e integra, che l’umanità è essenzialmente una. Un cittadino del mondo è un individuo pacifico e pacificatore, sia nella vita quotidiana che nei contatti con gli altri. In quanto persona globale, il cittadino del mondo si relaziona direttamente con l’umanità e con tutti i suoi simili in modo spontaneo, generoso e aperto. La fiducia reciproca è alla base del suo stile di vita. Dal punto di vista politico, un cittadino del mondo accetta un’istituzione sanzionatoria di governo rappresentativo, che esprime la volontà sovrana generale e individuale, al fine di stabilire e mantenere un sistema di leggi mondiali giuste ed eque, con organi legislativi, giudiziari e applicativi adeguati. Un cittadino del mondo rende questo mondo un posto migliore in cui vivere armoniosamente, studiando e rispettando i punti di vista dei concittadini di qualsiasi parte del mondo.”
Il mondo viene definito “universalmente in uscita, concettualmente senza limiti, il pianeta dinamicamente, sinergicamente e organicamente uno con se stesso e con il cosmo.”
Un cittadino del mondo, nel senso inteso da Davis, trova conseguentemente nella seguente definizione la sua precisa significanza: “Il termine “cittadino del mondo” può essere compreso meglio con una definizione negativa che con una positiva. Se un cittadino di uno Stato con frontiere politiche è tenuto a prestare fedeltà al governo dello Stato a cui appartiene e a prendere le armi contro gli stranieri che potrebbero invadere il territorio dello Stato, un cittadino del mondo riconosce il mondo intero come proprio Stato e, in linea di principio, non riconosce alcun membro della propria specie come estraneo alla comunità mondiale a cui appartiene. Una persona di questo tipo riconosce la terra come il proprio genitore sostenitore, le leggi innate e inviolabili della natura come il proprio protettore, tutti gli esseri senzienti come i propri fratelli, sorelle e parenti e il mondo senza frontiere come la propria casa. Il cittadino del mondo è fedele al fondamento della verità, all’universalità della conoscenza e alla base fondamentale di tutti i valori.” – Guru Nitya Chaitanya Yati (2 November 1924 – 14 May 1999), fondatore / capo, East-West University (https://worldservice.org/wcd.html?s=1).
Davis rimase coerente con questi principi fino al suo ultimo respiro, esalato il 24 luglio 2013, all’età di 91 anni. Alcuni mesi prima del suo decesso, s’interessò di persona affinché il passaporto mondiale fosse inviato a Julian Assange, quale potente iniziativa a suggello della libera circolazione delle notizie in tutto il pianeta, di cui fu convinto sostenitore per tutta la sua vita.
Simile gesto compì anche nei confronti di Edward Snowden, il fuggitivo della National Security Agency, all’epoca trattenuto presso l’aeroporto di Mosca. Tuttavia non si sa se egli l’abbia ricevuto, ha dichiarato David M. Gallup, presidente della World Service Authority, il braccio amministrativo del Governo Mondiale dei Cittadini del Mondo.
Garry Davis dedicò tutta la sua esistenza dal dopoguerra in poi al tentativo di porre le fondamenta solide e durature per una vita di pace e prosperità tra tutti gi esseri umani, considerando l’umanità come un sol corpo ed una sola anima, spendendosi in prima persona, restando coerente a questo ideale e pagandone spesso personalmente il fio.
Un tale individuo avrebbe a pieno titolo potuto e dovuto essere insignito del premio Nobel per la pace, avendo dimostrato con atti concreti i presupposti sulle cui basi essa sia effettivamente realizzabile.
Ciò, manco a dirlo, non è mai avvenuto. Chissà come mai! Rimane tuttavia un grande esempio per le generazioni future di cosa un essere umano può realizzare, quando mosso dai più alti ideali.
“Contrariamente alla maggior parte delle persone sul pianeta che vogliono fare la pace nel mondo e che dicono che l’amore è la risposta, lui ha capito che la risposta è politica”, ha detto suo figlio Troy, docente universitario a Strasburgo, in Francia. “Non si tratta solo di amare il prossimo. Bisogna cambiare il sistema”.
Grazie Garry per il grande esempio della tua vita. Ci auguriamo di riuscire tutti a raccogliere degnamente la tua eredità e condurla ad ulteriore sviluppo.
Ce n’è davvero bisogno!
luca rosso
1Ogni persona ha il diritto di lasciare qualsiasi Paese, compreso il proprio, e di tornare nel proprio Paese (Articolo 13, paragrafo 2, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo).
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