Come il NIA (Noto Intellettuale Antifascista) ha toppato alla grande
Francamente diventa difficile classificare e trattare il “caso Scurati”, perché siamo di fronte ad un evento in bilico fra commedia e dramma, fra umorismo involontario e malafede programmata.
Non stiamo a ripercorrere i dettagli di questa sceneggiata perché ormai sono noti a tutti, ma proviamo a trarre da essa qualche evidenza e qualche insegnamento.
Innanzitutto la pochezza del monologo confezionato dal NIA (Noto Intellettuale Antifascista) ad un prezzo che pare non sia mai stato definito: 1.800 o 2.000 euro per un paio di minuti di pubblica erezione democratica (IVA inclusa o no?)
Siccome il suo contenuto, pur non avendo avuto l’onore del palcoscenico televisivo, è stato diffuso in molte sedi, a partire dal sito internet della Presidente del Consiglio, ed essendo ormai noto urbi et orbi, possiamo sottoporlo a sintetico giudizio, e dire senza paura di sbagliare che con la celebrazione del 25 Aprile non ci azzecca assolutamente nulla.
Il NIA parla dell’assassinio Matteotti, delle efferatezze belliche del 1944, della intrinseca ed eterna natura fascista della Meloni, del suo governo e dei suoi sostenitori politici. Nient’altro.
E questo velenoso brodino ideologico, scritto da uno che si considera storico del fascismo, sarebbe una commemorazione della Liberazione?
Abbiamo assistito in passato, pur non condividendone la retorica e la partigianeria, a molte celebrazioni di una festa che non ha mai saputo unire idealmente gli italiani essendosene appropriata una parte politica ben definita, la quale l’ha trasformata in una celebrazione di se stessa e in una demonizzazione degli avversari. Tuttavia, in esse si percepivano spesso un tono elevato e appassionato, una modalità culturale di un certo livello, una sincera rappresentazione di antiche e ancora brucianti sofferenze. Tutto ciò probabilmente anche grazie alla statura intellettuale e morale di molti celebranti.
Tutto materiale assente dal povero monologo del NIA, dove si percepisce solo l’astio ideologico preconfezionato per una trasmissione dagli ascolti in declino e, soprattutto, costruito a tavolino per compiacere chi ancora comanda largamente nella televisione pubblica, nonostante si cerchi di accreditare la narrazione di una Telemeloni in mano alle destre.
Ma possibile che con i soldi degli utenti, che affluiscono copiosi nelle casse RAI, non si possa produrre qualcosa di meglio di un monologo improvvisato, rancoroso e incoerente scritto -e fortunatamente non letto- da un sedicente intellettuale democratico e antifascista?
Appunto, un monologo, che per definizione è un’argomentazione unilaterale, autoreferenziale, egoistica; quanto di più lontano dalla democratica e liberale mentalità del confronto.
Perché non pensare, anche solo per una volta, di affidare la commemorazione di quella data ad un intellettuale non di sinistra (penso a un Veneziani, ma ce ne sono molti altri), per condividere e non escludere quei temi che potrebbero veramente rappresentare un patrimonio comune degli italiani? E soprattutto dare dignità ad un momento che sarebbe bene sottrarre alla miseria polemica di personaggi come il NIA?
Perché, ad esempio, continuare a ignorare la realtà storica del contributo alleato alla Liberazione nazionale, contributo assolutamente preponderante, assieme a quello dei reparti italiani del Regio Esercito che li affiancarono valorosamente, e continuare a perpetuare la leggenda di un’Italia liberata dai partigiani?
Non sarebbe forse l’ora di sottrarre alle mani della sinistra una celebrazione che ogni anno diventa sempre più un manifesto contro i governi che non sono ad essa riconducibili, manifesto sempre polemico, sempre sopra le righe, sempre aggressivo contro chi non appartiene alla confraternita resistenzial-sindacal-progressista impersonata da ANPI, CGIL, PD?
E quest’anno andrà sicuramente peggio.
La sinistra italiana sta infatti attraversando un periodo molto problematico: non è ancora riuscita a metabolizzare le ricorrenti sconfitte elettorali, a partire da quella politica del 2022, e la perdita del potere che è l’unico vero e grande collante delle varie forze che la compongono. Questa situazione ha prodotto una sinistra nevrastenica, iraconda, aggressiva, in cerca perenne di risse e occasioni polemiche per dimostrare la sua esistenza.
Il caso del nostro NIA ne è un’immagine evidente, pur in tutta la sua drammatica inconsistenza. E il 25 aprile 2024 sarà sicuramente un’occasione per moltiplicare e spettacolarizzare l’isteria comunicativa della sinistra, cercando in tutti i modi di far credere alla nazione che siamo alla vigilia del 1922, e che lunghe colonne di camicie nere stanno per occupare e brutalizzare il paese.
Sciocchezze, ovviamente, ma c’è chi ci crede. E dobbiamo aspettarci di tutto. Non solo nella data fatidica di aprile, ma anche e soprattutto dopo, in tante altre occasioni che verranno: elezioni europee, politica economica e, ancor di più, il momento della verità rappresentato dalla riforma costituzionale avviata da Giorgia Meloni che, con tutta probabilità, dovrà affrontare nel suo percorso il pericolosissimo scoglio referendario dove tutto può succedere.
E’ veramente il caso di vigilare. Anche per difendere proprio quella democrazia che il NIA ci voleva raccontare nel suo monologo buttato, con nostra grande soddisfazione, nel cestino della carta straccia.
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