L’ensemble vocale e strumentale del Conservatorio “Antonio Vivaldi” di Alessandria diretto da Daniele Boccaccio esegue tre cantate sacre del sommo Cantor lipsiense
Sabato 4 maggio alle 16 in Sala Ghislieri di Mondovì e domenica 5 maggio alle 21 nella Chiesa di San Martino di Asti si terrà un concerto interamente imperniato sulla produzione sacra di Johann Sebastian Bach.
Considerato il più grande compositore di musica sacra di sempre, il sommo Cantor lipsiense ci ha lasciato accanto ai capolavori di ampio respiro (le Passioni di Matteo e di Giovanni, l’Oratorio di Natale e la Messa in si minore) un corpus di circa 200 cantate sacre scritte per essere eseguite nel corso delle celebrazioni eucaristiche di tutto l’anno liturgico.
Grazie alla loro meravigliosa musica e alla sincera fede che le pervade, queste opere sono in grado di rivelare la profonda spiritualità di Bach, affrontando temi eterni come il senso della vita, il peccato, il pentimento, la sofferenza, la morte e la redenzione con un approccio sorprendentemente moderno e in grado di attrarre irresistibilmente anche gli ascoltatori del XXI secolo.
Grandi protagonisti di questa imperdibile serata saranno i solisti, il coro e l’ensemble di strumenti originali del Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio “Antonio Vivaldi” di Alessandria, una nutrita formazione vocale e strumentale che sotto la guida di Daniele Boccaccio, clavicembalista e direttore di chiara fama nell’ambito del repertorio preromantico, accompagnerà per mano il pubblico alla scoperta di alcune delle gemme più splendenti della produzione sacra di Bach.
Composta nel 1707 a Mühlhausen per il primo giorno delle celebrazioni pasquali, la cantata Christ lag in Todesbanden venne probabilmente eseguita per la prima volta nel 1708 per essere poi ripresa con alcune modifiche – tra le quali l’aggiunta di un trombone – nel 1724 e nel 1725 durante i primi anni della permanenza lipsiense.
La musica di questa cantata – da molti considerata di particolare importanza nello studio dello stile giovanile di Bach – è basata sulla melodia di Christ ist erstanden, uno dei più antichi inni in volgare tedesco, che a sua volta derivava dalla sequenza in cantus planus Victimae paschali laudes. La cantata si apre con una breve sinfonia affidata ai violini e alle viole (entrambi divisi in due parti), che nell’angusto spazio di sole 14 battute tratteggia a tinte fosche la permanenza di Cristo nella tomba con le prime due note discendenti della melodia (sol-fa diesis) per aprirsi nelle ultime cinque misure alla frase ascendente dell’Alleluia che conclude in maniera significativa tutti i sette versus di cui si compone il testo. Alla sinfonia fanno seguito sette movimenti disposti in maniera simmetrica intorno al quarto versus, «Es war ein wunderlicher Krieg» che descrive in maniera suggestiva l’eterno conflitto tra la vita e la morte, espresso in maniera potentemente significativa dalla retorica domanda: «O morte, dov’è la tua vittoria?».
Questo versus centrale è preceduto e seguito da due arie: la prima («Jesus Christus, Gottes Sohn») affidata al tenore con l’accompagnamento dei violini sviluppa i temi della Resurrezione di Cristo e della vittoria sulla morte mentre la seconda («Hier ist das rechte Osterlamm») vede protagonista il basso in una spiegazione di carattere teologico sul significato salvifico della Passione e dell’inaudito concetto del sacrificio del Figlio di Dio per la redenzione dell’uomo.
A queste arie fanno corona due duetti, il primo («Den Tod niemand zwingen kunnt» per soprano e contralto) è incentrato sull’incapacità dell’Uomo di affrancarsi dal potere della morte e il secondo («So feiern wir das hohe Fest», per soprano e tenore) celebra l’abbagliante gloria della Resurrezione. I movimenti estremi sono invece cori, il primo («Christ lag in Todesbanden») ripercorre i drammatici fatti della Passione, con la morte del Redentore e l’apparente fine di ogni speranza, mentre l’ultimo («Wir essen und leben wohl») esalta la nuova vita della comunità dei fedeli illuminata dalla certezza della vittoria del Cristo.
Così concepita, questa cantata rappresenta il primo esempio della passione di Bach per la simmetria e le relazioni numeriche che tanta parte ebbero nella sua produzione (si pensi, per esempio, agli estremi capolavori, l’Arte della fuga e l’Offerta musicale) prefigurando lo straordinario talento di quello che si sarebbe consacrato il più grande musicista di tutti i tempi.
Tra i primi capolavori sacri di Johann Sebastian Bach spicca anche Gottes Zeit ist die Allerbeste Zeit BWV 106, una breve cantata funebre composta nel 1707 e conosciuta anche con il titolo Actus tragicus, tratto dal frontespizio di una copia manoscritta del 1768. Nonostante le ricerche degli studiosi, finora non è stato possibile stabilire con certezza per chi sia stata scritta quest’opera commovente, che rivela da un lato la maturità artistica del ventiduenne Bach e dall’altra la profondità della sua fede.
Secondo l’ipotesi più attendibile, la cantata sarebbe stata eseguita per la prima volta il 14 agosto del 1707 per le esequie di Tobias Lämmerhirt, zio per parte di madre del compositore.
A differenza della maggior parte delle cantate bachiane, l’Actus tragicus si apre con una Sonatina dai toni al tempo stesso mesti e colmi di speranza, che vede protagonisti due flauti dolci e due viole da gamba.
Il primo coro si apre con un’atmosfera serena e contemplativa, che lascia ben presto spazio a una vivace fuga che esprime il frenetico attivismo che l’uomo conduce per tutta la sua esistenza, ma con alla fine la linea d’ombra rappresentata dalla consapevolezza che tutto è destinato ad avere prima o poi una fine. Per Bach però la morte non è solo un momento di doloroso distacco dagli affetti familiari, ma anche il momento del fiducioso abbraccio con il Padre celeste, un tema che ricorre continuamente sia nelle cantate sia nell’accorata riflessione delle ultime sofferenze di Cristo delle passioni.
A questo coro fa seguito un arioso del tenore che riflette sulla caducità della vita, sul quale si inserisce il basso che con toni incalzanti invita gli uomini a prepararsi a rendere conto delle proprie azioni nell’imminenza della morte. Il successivo coro costituisce il cuore dell’opera, un brano di meravigliosa bellezza che culmina con l’appassionata e ripetuta invocazione del nome di Gesù, salvezza dell’uomo giunto al momento dell’agonia.
Questo coro è seguito simmetricamente da un’aria del contralto accompagnato dal solo basso continuo, in cui viene citato sul ritmo di ciaccona l’estrema invocazione di Cristo in croce (“Padre, nelle Tue mani affido il mio spirito”) e da un’aria del basso in cui viene ricordata la promessa di Cristo al buon ladrone (“Oggi sarai con me in Paradiso”) e infine dal commovente corale omofonico conclusivo, preceduto da un brevissimo passaggio strumentale che riecheggia la Sonatina iniziale.
Nel 1714 per la domenica Jubilate (terza domenica dopo Pasqua) Bach compose la cantata Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen BWV 12, un’opera basata sui versi di Salomo Franck, che descrive con toni molto accorati – fin dal titolo, traducibile con «Lacrime, lamenti, angosce, tormenti» – l’acuto dolore provato dai fedeli per la crocifissione di Cristo, che può essere superato solo grazie alla fede in Dio, topos che ricompare puntualmente nella maggior parte delle cantate sacre di Bach.
L’opera si apre con un Adagio assai, nel quale si mette in luce l’oboe con una linea melodica intrisa di una profonda tristezza. Il coro d’apertura è senza dubbio il brano più noto di questa cantata, in quanto molti anni più tardi Bach lo riprese per il Crucifixus della Messa in si minore.
A un breve recitativo del contralto, fanno seguito tre arie: la prima vede l’oboe al fianco dello stesso contralto per ricordare che nella fede cristiana la croce e la corona sono inscindibilmente unite, la seconda del basso esprime con toni risoluti e quasi baldanzosi il desiderio di porsi alla sequela di Cristo, mentre nell’ultima il tenore è affiancato da due parti strumentali – un basso ostinato e la tromba, che intona la melodia del celebre corale Jesu meine Freude – a simboleggiare l’unità della Santissima Trinità.
La cantata termina con il corale di Samuel Rodigast «Was Gott tut, das ist wohlgetan» (Ciò che Dio fa è ben fatto), sul quale si libra la contromelodia della tromba.
Sabato 4 maggio 2024 – ore 21
Sala Ghislieri
Via Francesco Gallo – Mondovì
Domenica 5 maggio 2024 – ore 21
Chiesa di San Martino
Piazza San Martino 11 – Asti
ACTUS TRAGICUS
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Cantata “Christ lag in Todesbanden” BWV 4
Cantata “Gottes Zeit ist die allerbeste Zeit” (Actus Tragicus) BWV 106
Cantata “Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen” BWV 12
Chiara Pontoriero, soprano
Gustavo Argandoña, contraltista
Gloria Senesi, contralto
Luca Dellacasa, tenore
Leonardo Sacconi, tenore
Marco Grattarola, basso
Orchestra e Coro del Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio “Antonio Vivaldi” di Alessandria
Anita Hashemi, Simone Lombardo, flauti dolci
Angelo Lombardo, José Luis Amaro Cabrera, viole da gamba
Stefano Vezzani, oboe
Simone Telandro, tromba
Michele Ruggieri, Anna Roveta, Ziyu Zhang, Demetra Bertini, violini primi
Margherita Fratini, Valeria Bisio, Shuoyuan Zhang, violini secondi
Enrico Lucchetti, Andrea Crespi, viole
Gaia Abaclat, violoncello
Silvia De Rosso, contrabbasso
Fernando De Luca, organo
Chiara Pontoriero, Chiara Sorce, Giada Ghiglino, Mirella Pisano, Martina Fracchia, Syria Mangino, soprani
Gloria Senesi, Gustavo Argandoña, Maura De Agostini, Moretti Matilde, Nabila Trindad, contralti
Luca Dellacasa, Leonardo Sacconi, Matteo Valivano, Wang Tailai, tenori
Marco Grattarola, Andrea Lesca, Gianfranco Migliardi, Timoteo Stroppiana, Valentino Coscia, Gabriele Ciaccia, bassi
Daniele Boccaccio, direttore
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