
La sua ultima avventura è il suicidio sulla collina
Mentre i suoi romanzi sono divorati dal pubblico del tempo, lo scrittore vive in povertà e muore disperato. Non è un incipit alla Dostoevskij, ma un brevissimo riassunto della vita di Emilio Salgari, dopo tanti nomi esotici ed evocativi, sui titoli dei romanzi di avventura e fra le pagine: i pirati della Malesia e delle Antille, i corsari delle Bermude e tanto altro.
Che cosa succede a Torino, in quell’aprile 1911, mentre la mente di Salgari vola verso il suo ultimo viaggio? La città è concentrata sul cinquantenario dell’Unità d’Italia (qui proclamata il 17 marzo 1861) e sull’inaugurazione della Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro, una vera e propria “esposizione universale”, che si inaugurerà il 29 aprile.
Risultano, quindi, quasi ignorati sia il suicidio che il funerale di Emilio Salgari, veneto di origine e piemontese di adozione, dopo aver vissuto a Ivrea, a Cuorgnè e per lunghi anni a Torino.
Egli nasce a Verona il 21 agosto 1862; esordisce nella scrittura con racconti di appendice pubblicati su giornali a episodi di poche pagine, in genere la domenica. Nonostante un discreto successo, Salgari vive un’esistenza inquieta e tribolata. A sedici anni si iscrive all’Istituto Nautico di Venezia, senza terminare gli studi.
Tornato a Verona, intraprende l’attività di giornalista e dimostra una notevole immaginazione. Emilio non viaggia per mari e terre lontane, fa viaggiare la sua sconfinata fantasia, dopo essersi documentato con precisione su nazioni, usi e costumi.
Scriverà moltissimo, più di 80 romanzi e circa 150 racconti, quasi sempre pubblicati prima a puntate su riviste e poi in volume. I suoi personaggi diventano leggendari: Sandokan, Lady Marianna Guillon (la Perla di Labuan), Yanez de Gomera, Tremal-Naik, il Corsaro Nero e sua figlia Jolanda, solo per citarne alcuni.
Nel 1900, dopo un soggiorno di alcuni anni nel Canavese e una fugace sosta a Genova, si trasferisce a Torino dove cambia spesso alloggio: via Morosini e via Superga, piazza San Martino (l’attuale piazza XVIII Dicembre, nello stesso palazzo in cui Edmondo De Amicis scrive il libro Cuore); poi in via Guastalla e, da ultimo, in corso Casale 205, a pochi metri dalla chiesa e santuario della Madonna del Pilone. Sulla casa, una targa commemorativa ricorda l’ultima dimora del più grande scrittore italiano di romanzi d’avventura.
Schiacciato dai debiti contratti per pagare le cure della moglie, affetta da una malattia mentale, con quattro figli a carico, si toglie la vita con un rasoio, alla moda orientale, nei boschi della collina torinese, a poca distanza dalla Val San Martino.
Contro i suoi editori, che gli pagano a stento i diritti, lascia un atto d’accusa scritto, per essersi arricchiti sulla sua pelle, mantenendo lui e la sua famiglia in uno stato continuo di miseria, e chiede loro di farsi carico del funerale.
Ai figli scrive: «Sono ormai un vinto. La malattia di vostra madre mi ha spezzato il cuore e tutte le energie. Io spero che i milioni di miei ammiratori che per tanti anni ho divertito e istruito provvederanno a voi. Non vi lascio che 150 lire, più un credito di lire 600… Mantenetevi buoni e onesti e pensate, appena potrete, ad aiutare vostra madre. Vi bacia tutti col cuore sanguinante il vostro disgraziato padre.»
Dopo tanto successo di pubblico, le sue esequie passano inosservate, la città sta pensando ad altro o lo ha già dimenticato. La salma verrà poi traslata nel famedio del cimitero monumentale di Verona. Un tragico e amaro epilogo per l’uomo che, grazie alle sue avventure, ha fatto sognare generazioni di ragazzi.
Una scia di tragedie funesta in seguito la famiglia, alimentando una fantasiosa leggenda nera intorno al nome dei Salgari: nel 1914 muore di tubercolosi la figlia Fatima; la moglie Ida muore in manicomio nel 1922; il figlio Romero si suicida come il padre, nel 1931 e Nadir sarà vittima di un fatale incidente in moto. L’ultimo figlio, Omar, si toglierà la vita nel 1963.
Sulla lapide apposta in corso Casale 205 si legge:
Fra queste mura
EMILIO SALGARI
visse in onorata povertà
popolando il mondo di personaggi
nati dalla sua inesauribile fantasia
fedeli a un cavalleresco ideale
di lealtà e di coraggio
perché gli italiani non dimentichino
la sua genialità avventurosa
il suo doloroso calvario
la rivista “Italia sul mare”
questo ricordo pose.
Grazie Ezio per aver ricordato un illuminato scrittore!