
Un romanzo di Giorgio Caponetti lo definisce “Il Grande Gualino”
Un grande palazzo colorato spicca sulla collina torinese, visibile da più parti. Era Villa Gualino, la residenza da sogno che si fa costruire in posizione dominante, dove si è svolta per alcuni anni la manifestazione “Experimenta”, oggi in parte destinata al Centro don Gnocchi. Quel fabbricato è l’apogeo di un uomo e di un imprenditore di successo, ma se oggi chiedessimo a chi osserva la collina dal basso chi era Riccardo Gualino, pochi saprebbero rispondere.
Proviamo a tratteggiare in una pagina, operazione del tutto insufficiente a dare conto di tutte le sue attività principali, la sua immensa figura.
Riccardo Gualino nasce a Biella il 25 marzo 1879. Non è possibile definirlo con una parola: avvocato, costruttore, imprenditore, finanziere, mecenate e filantropo. Innumerevoli le sue idee, dettate da ispirazione e lungimiranza, quasi una preveggenza delle sorti dell’economia e del mondo. Un moderno Re Mida, che trasforma in oro, quasi sempre, quel che passa per le sue mani.
Oltre a fondare la Snia Viscosa e la Unica, due colossi dell’industria tessile e dolciaria negli Anni Venti del Novecento, egli è imprenditore leader in molti settori produttivi: dai legnami alla edilizia e al cemento; dai combustibili ai trasporti marittimi; dalla chimica ai servizi; è un trascinatore e produttore di cultura, cinema e teatro. Assurge a una notorietà e fama straordinaria nel mondo finanziario e industriale internazionale, che lo fa considerare l’uomo più ricco d’Italia e uno dei più facoltosi in Europa.
Ripercorriamo, in breve, alcune tappe della sua vita fantasmagorica, che ha indotto lo scrittore Giorgio Caponetti a definirlo in un suo romanzo storico Il Grande Gualino, come il “Grande Gatsby” di Francis Scott Firzgerald in quei ruggenti Anni Venti, prima che il soffio gelido della dittatura soffocasse chi non era allineato con la politica e l’ideologia fascista. Così leggiamo, infatti, sulla quarta di copertina, in un dialogo immaginario fra Gualino e la moglie Cesarina:
«Vedrai: fra non molti anni gli aeroplani riusciranno a fare lunghi viaggi senza scalo attraverso gli oceani. Si potrà volare dappertutto in poche ore. Ormai volare è più sicuro che camminare per strada. Cosa leggi?»
«The Great Gatsby di Francis Scott Fitzgerald: l’ho comprato a New York.»
«Di cosa parla?»
«L’ho incominciato da poco. Gatsby è un riccone che dà delle feste favolose, va in giro con automobili stupende, vola con l’idroplano…»
«Ecco perché the graeat. Il grande Gatsby…» mormorò lui.
«Ti piacerebbe se ti chiamassero il grande Gualino, neh?»
Il suo coraggio, con un pizzico di incoscienza, lo porta in Russia: a San Pietroburgo investe in un ambizioso progetto immobiliare promosso dalla Duma, che si frantumerà sotto i colpi della Rivoluzione d’Ottobre. In Francia, tramite la Société Générale Immobilière, si occupa della costruzione di palazzi ed edifici sugli Champs-Elysées, tra cui l’omonimo Teatro, di cui diventa comproprietario.
Nel 1917, con Giovanni Agnelli, Riccardo Gualino impianta una società di servizi con un capitale di 5 milioni di lire, la Snia (Società di Navigazione Italo Americana) che, all’origine, si occupa di trasporto di combustibile sulle rotte Italia – Stati Uniti. Appena il ramo marittimo segna una battuta d’arresto, con la stessa azienda Gualino si lancia nella nuova attività delle fibre sintetiche; aumenta il capitale sociale a 200 milioni e incorpora una serie di aziende operanti nel settore tessile. Quando la Snia è ormai concentrata nelle fibre, ne muta la denominazione in Società Nazionale Industria Applicazioni Viscosa (conosciuta come Snia Viscosa).
A Torino, Gualino fa di Palazzo Làscaris, in via Alfieri 15, il suo quartier generale: l’aulico edificio è per molti anni la sede legale e amministrativa della Snia e di altre sue società, fino a quando trasferisce gli uffici direttivi a Palazzo Gualino, in corso Vittorio Emanuele II angolo via della Rocca, nel 1930.
Gualino gioca un ruolo importante nella Fiat, di cui sarà vicepresidente (con Agnelli vicepresidente della Snia Viscosa), fino alla rottura fra i due, una pagina ancora da chiarire, sulla quale la storia ha steso un velo di silenzio e indifferenza.
Insieme a Werner Abegg, altro illuminato imprenditore torinese dell’industria tessile, crea la Unione Italiana Cementi, con sede a Casale Monferrato.
A lGualinovanno attribuite anche la Rumianca, nel settore chimico, la Lux Film per l’industria cinematografica e la Banca Agricola Italiana, poi confluita nell’Istituto Bancario San Paolo di Torino.
Riccardo e la moglie Cesarina Gurgo Salice fanno realizzare nella loro abitazione torinese di via Galliari 28 un piccolo teatro privato, che contiene sessanta spettatori. Il progetto della struttura e delle decorazioni interne venne realizzato dall’architetto Alberto Sartoris e dall’amico pittore Felice Casorati, tra il 1924 e l’inizio del 1925. La serata inaugurale del “Teatro Gualino” è il 27 aprile 1925. Vi si tengono, nel tempo, concerti da camera, spettacoli di prosa ed esibizioni coreutiche di Bella Hutter e Raja Markman e della loro scuola, a cui partecipa la stessa Cesarina. Tra i suoi frequentatori vi sono gli artisti del Gruppo dei Sei.
Inoltre, dopo aver acquistato il Teatro Scribe di via Verdi 29, lo fa restaurare con la supervisione del critico d’arte Lionello Venturi (anche lui non aderisce al fascismo), rinominandolo Teatro di Torino: l’inaugurazione avviene il 26 novembre 1925.
E che dire del Castello di Cereseto? Un’altra immaginifica opera di imitazione, oltre cento stanze quale dono d’amore alla sua amata Cesarina. Oggi l’immobile versa in cattive condizioni, dopo passaggi di mano vari che mai hanno teso alla cura e salvaguardia del maniero e del suo prezioso contenuto.
La crisi del 1929 trova Gualino troppo esposto in alcune ardite operazioni finanziarie, ed è costretto a negoziare un rientro dalle posizioni debitorie. Avverso (seppur mai dichiaratamente) al fascismo, nel momento in cui viene fissata la parità della lira a “quota 90”, esprime per iscritto le sue critiche alla politica monetaria del regime. Non riceve risposta, ma si può pensare che quel momento segni l’inizio della sua fine. Nel 1931 Gualino finisce al confino, a Lipari, dopo un rapidissimo processo – farsa; l’anno successivo è trasferito a Cava de’ Tirreni, e in seguito all’accusa di bancarotta fraudolenta viene interdetto dall’assumere cariche amministrative. I suoi beni saranno in gran parte confiscati e venduti all’asta, a lui e alla sua famiglia rimane ben poco di una colossale fortuna.
Riccardo Gualino si spegne a Firenze, in seguito a un ictus, il 6 giugno 1964.
Non è scritto da nessuna parte il motivo di quella “damnatio memoriae” che Torino e l’Italia hanno decretato su di lui.
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