Fondatrice dell’Istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù
“Da ricca che era” potrebbe intitolarsi questa intensa storia di vita, mutuando l’incipit da un libro di Giorgio Torelli, che ha per protagonista il dottor Candia sul Rio delle Amazzoni.
Clelia Merloni, invece, nasce a Forlì il 10 marzo 1861, ultima e unica sopravvissuta delle tre figlie di Gioacchino Merloni e Maria Teresa Brandinelli ed è battezzata nella cattedrale di quella città lo stesso giorno della nascita, coi nomi di Clelia Cleopatra Maria.
Il 2 luglio 1864 perde la madre e viene affidata alla nonna materna perché il padre, già operaio ferroviere, si è nel frattempo trasferito a Sanremo, e qui si fa raggiungere dalla figlia. Gioacchino Merloni si risposa con Maria Giovanna Boeri, una donna di forti principi religiosi che vuole molto bene alla piccola Clelia. Tuttavia, egli inizia una relazione con la domestica, Bianca, e quest’ultima inizia a comportarsi come se fosse la padrona di casa. La seconda moglie abbandona il tetto coniugale e Clelia soffre per la situazione che si è creata. Il 23 ottobre 1872 riceve la Cresima nella basilica di San Siro di Sanremo, dalle mani di monsignor Lorenzo Biale, Vescovo di Ventimiglia, mentre non abbiamo documenti relativi alla Prima Comunione.
La sua salute si dimostra, fin da piccola, debole e cagionevole.
Nel 1876 inizia gli studi presso l’Istituto delle Figlie di Nostra Signora della Purificazione a Savona, ma deve lasciare la scuola dopo un anno per motivi di salute. La sua istruzione prosegue fra le mura di casa, con un insegnante per le lingue straniere e uno per il pianoforte. Il padre vorrebbe per lei un matrimonio adeguato e una vita lussuosa, ma Clelia desidera farsi suora. Nel 1883 entra nella Congregazione delle Figlie di Nostra Signora della Neve (1), a Savona, dove assume il nome di Suor Albina; trasferita nella casa di Diano Marina, dopo il terremoto del 23 febbraio 1887 e la risultante inagibilità dell’edificio, è costretta a tornare in famiglia.
Nel 1892 entra nella Congregazione delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, a Como (2). Ed è qui che avviene il prodigio che le cambierà la vita: la guarigione dalla tubercolosi. Grazie alla intercessione del Sacro Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria ha la visione di quel che dovrà fare: creare un istituto di suore consacrate al Sacro Cuore di Gesù, dedicate al bene dei miseri, degli orfani, degli abbandonati, con l’offerta delle proprie esistenze ed opere buone per la conversione dei peccatori. Clelia, inoltre, desidera la salvezza dell’anima del suo papà, ateo e massone.
La visione, avuta in sogno nel 1894, le svela la città di Viareggio, a lei sconosciuta. Decide di mettersi in viaggio, il 24 aprile, con la sua amica Elisa Pederzini, a cui si aggiungerà Giuseppina D’Ingenheim. Il piccolo gruppo, giunto alla stazione di Viareggio, si ferma a pregare nella vicina chiesa della Madonna del Carmine, poi raggiunge S. Francesco, grazie all’accoglienza dei Frati Minori. Il 30 maggio 1894 Padre Serafino Bigongiari inaugura l’Istituto (in via Veneto) di fronte alla comunità, presentando ad un “folto stuolo di fedeli” le tre prime Apostole del Sacro Cuore di Gesù, tuttora impegnate a sostenere la missione di S. Margherita Maria Alacoque: la devozione al Sacro Cuore di Gesù.
La fioritura non si fa attendere: ben presto si aprono una scuola, un asilo, un orfanotrofio e subito dopo una casa per accogliere persone anziane, tutto grazie al generoso sostegno finanziario del padre. Il numero delle suore cresce insieme alle opere fuori Viareggio.
Alla morte del genitore, avvenuta il 27 giugno 1895 a S. Remo, la figlia è unica beneficiaria delle sue cospicue sostanze; quella conversione sul letto di morte è il frutto di anni di preghiere della figlia.
Intanto, Clelia e le consorelle sono autorizzate ad insegnare il catechismo ai fanciulli nei locali della Chiesa della SS. Annunziata. L’espansione delle opere si conclude bruscamente dopo appena tre anni, perché il sacerdote amministratore, don Clemente Leoni, parroco di San Giuseppe a Sanremo (che aveva assistito Gioacchino Merloni sino alla fine della sua vita), sperpera i beni con manovre finanziarie azzardate, fugge in Francia con quel che rimane dei soldi. Il fallimento costringe le Apostole ad abbandonare le loro opere e la città di Viareggio.
Provvidenziale appare l’incontro di Madre Clelia con Mons. Giovanni Battista Scalabrini, Vescovo di Piacenza, che accoglie le consorelle nella sua Diocesi, vedendo in loro un aiuto provvidenziale per realizzare la nascita del futuro ramo femminile dei Missionari di San Carlo, e le aiuta ad uscire dal dissesto finanziario. Nel 1900, il Vescovo invia le Apostole nelle Missioni tra gli immigrati Italiani nell’America del Sud (Brasile) e poi nell’America del Nord (Boston, U.S.A.) (3).
Madre Clelia e altre 18 suore fanno la loro vestizione religiosa nel Noviziato di Castelnuovo Fogliani, una frazione di Alseno, in provincia di Piacenza l’11 giugno del 1900. Nove di loro, inclusa la fondatrice, emettono anche la professione. Nonostante la gioia e il successo per i nuovi risultati, ottenuti con la collaborazione di Mons. Scalabrini, conflitti interni crescono tra le suore.
Inoltre, Mons. Scalabrini sta pensando di cambiare il nome della loro fondazione. Appena ne viene a conoscenza, Madre Clelia lo supplica in una lettera: «Lasciare il titolo di Apostole del Sacro Cuore per prenderne un altro, non è più mandare avanti l’opera incominciata per la quale sacrificai salute, riputazione e tutto quanto il mio patrimonio, ma sarebbe distruggerne uno per fondarne un altro». Si dichiara anche disposta a ritirarsi ad Alessandria, ospite di madre Maria Antonia Grillo Michel (al secolo Teresa, beatificata nel 1998) e delle sue Piccole Suore della Divina Provvidenza, pur di salvare tutto. Monsignor Scalabrini comprende le sue preoccupazioni e le offre di aprire una casa ad Alessandria e di spostare a Piacenza alcune suore.
La Casa Madre viene stabilita a Piacenza, a Palazzo Falconi, nei primi mesi del 1901. Grazie alla rivista «Il trionfo del Cuore di Gesù sul cuore umano» e a lettere da lei spedite a molti parroci del Nord Italia, Madre Clelia accoglie numerose postulanti. Quest’azione fa finire le Apostole del Sacro Cuore sulle pagine del «Corriere della Sera», in un articolo dove le si accusa di reclutare forzatamente le giovani, ma si verifica esattamente l’opposto: molte, dopo averlo letto, s’informano circa la nuova istituzione, a cui aderiscono.
La morte improvvisa di Mons. Scalabrini, avvenuta il 1° giugno 1905, fa emergere le divisioni. Il suo successore sulla cattedra di Piacenza, Monsignor Giovanni Maria Pelizzari, consiglia di passare sotto la diocesi di Alessandria, mentre il nuovo superiore generale dei Missionari di San Carlo, Padre Domenico Vicentini, afferma di non avere competenza giuridica sulle sue suore.
Inoltre, Madre Clelia, dopo il fallimento e le conseguenti vicende giudiziarie subite, diviene vittima di ulteriori calunnie: non vuole accusare pubblicamente il sacerdote malversatore e assume su di sé la colpa di tutta la situazione, passata e presente. Di conseguenza, il 28 febbraio del 1904 viene promulgato il decreto di destituzione di Madre Clelia con il passaggio del governo a Madre Marcellina Viganò.
L’anno dopo Madre Clelia è reintegrata, ma si trova, di fatto, con due gruppi di suore, unite e divise all’interno della stessa Congregazione: una parte desidera rimanere nel carisma della Fondatrice, un’altra parte propende per la sottomissione ai religiosi della Congregazione Scalabriniana.
Seguono tre visite apostoliche al termine delle quali, con un decreto della Sacra Congregazione dei Religiosi del 13 settembre 1911, Madre Clelia risulta nuovamente rimossa dall’ufficio di Superiora Generale. Non viene più consultata per le questioni riguardanti l’Istituto, il titolo dello stesso viene cambiato, e sono pubblicate nuove Costituzioni. Le numerose richieste di Madre Clelia di rivedere il suo caso rimangono senza risposta, mentre la discordia in seno alla Congregazione cresce e le suore a lei fedeli vengono espulse dall’Istituto. Sola, considerando la sua persona un ostacolo alla pace della comunità, decide di lasciare l’Istituto da lei stessa fondato, piuttosto che vederlo dilaniato dalla discordia.
Esilio, esodo e ritorno
Questo è un travagliato periodo di approfondimento spirituale, preghiera e rafforzamento della sua spiritualità. La casa generalizia viene trasferita a Roma nel medesimo anno, mentre già nel 1912 il nome dell’Istituto era cambiato: da Apostole a Zelatrici del Sacro Cuore.
Madre Clelia, che risiede ad Alessandria, tenta di ottenere ascolto da papa Benedetto XV, ma invano. Le resta una sola possibilità: chiedere la dispensa dei voti, pur di salvare le sue figlie. La richiesta, scritta il 10 aprile 1916 e rinnovata il 29 maggio, viene accolta: il 2 giugno è notificato che la Sacra Congregazione dei Religiosi le ha concesso la dispensa in data 24 maggio.
Il suo nome diventa qualcosa di sconosciuto per le successive generazioni di Apostole, è proibito tenere corrispondenza con lei, avere contatti di alcun genere o inviarle qualsiasi aiuto.
Nel luglio 1916 per lei inizia il momento più difficile: l’esilio. Le sue tappe saranno Torino, Roccagiovine, Marcellina, un lungo cammino per il Calvario.
Il ritorno tra le Apostole
Il 16 agosto 1920 Madre Clelia scrive al Papa, implorando il permesso di rientrare nella Congregazione da lei fondata, ma soltanto il 7 marzo 1928 le viene concesso di rientrare nell’Istituto.
Che cosa è cambiato in lei? Col tempo, Clelia si rende conto di aver domandato la dispensa dai voti in un momento di smarrimento e decide di richiedere ulteriormente di poter vivere i suoi ultimi giorni come Apostola del Sacro Cuore di Gesù. Prende il via un cospicuo scambio di lettere con Madre Marcellina Viganò, la Superiora Generale; finalmente, in quel fatidico 7 marzo 1928, può partire alla volta Roma, verso via Germano Sommiller ove ha sede la Casa Generalizia, dove riemetterà i voti al termine di un corso di esercizi spirituali. Le viene assegnata una stanza al secondo piano dell’edificio, con una piccola porta che affaccia sul coretto della chiesa interna alla Casa. In quel modo, può adorare Gesù nel Tabernacolo senza spostarsi troppo; è quasi la sua unica compagnia, dal momento che non poteva ricevere visite senza il permesso della Superiore e alle suore giovani non si parla mai di lei e non è concesso chiedere informazioni sulla sua persona.
Invecchiata e indebolita, trascorre gli ultimi due anni della sua vita all’interno della sua Congregazione, ma isolata da tutti, come in un eremo, il suo conforto è la preghiera.
La morte della Madre e le sue sepolture
Madre Clelia Merloni si ammala gravemente, sempre confidando nel Sacro Cuore di Gesù, si spegne all’età di 69 anni a Roma, il 21 novembre 1930 e viene sepolta nel cimitero Campo Verano. Il 19 luglio 1943 aerei alleati bombardano la vicina stazione ferroviaria di San Lorenzo, colpendo anche il Cimitero del Verano, con la distruzione o danneggiamento di molte tombe. Si deve attendere la fine della guerra per ritrovare i resti della Fondatrice, in mezzo a tanta devastazione: la bara di Madre Clelia, ancora sigillata; portata alla presenza della Superiora Generale, al suo interno il corpo della Madre Fondatrice appare intatto. Il 20 maggio 1945, solennità di Pentecoste, il corpo di Madre Clelia è trasferito con solenne processione funebre dal cimitero del Verano alla cappella della Casa Generalizia dedicata a S. Margherita Maria Alacoque, dove i resti mortali della Fondatrice vengono collocati nella parete destra. Sulla lapide marmorea è posta la seguente iscrizione: “MADRE CLELIA MERLONI FONDATRICE DELL’ISTITUTO DELLE APOSTOLE DEL SACRO CUORE DI GESÙ. IL DIVIN CUORE DI GESÙ FU LA LUCE DELLA SUA ESISTENZA. I POVERI, GLI OPPRESSI, GLI INFELICI IL PALPITO SUO PIÙ TENERO. VISSE DI PUREZZA, SEMPLICITÀ, CARITÀ.
Lo spirito dell’Istituto
Le Apostole del Sacro Cuore di Gesù, desiderose di porsi al servizio della Chiesa in una forma di vita più evangelica e fedele al Carisma, sono chiamate a coltivare tra le sorelle accoglienza reciproca, comunione fraterna, collaborazione, corresponsabilità e semplicità, sobrietà, testimonianza e povertà; a vivere e operare, inserite nel territorio e nella Chiesa locale, fedeli al Papa e al suo Magistero; a rendere viva ed efficace l’azione pastorale nelle opere, in cui si svolge la loro missione, con un ardore apostolico sempre più rinnovato; a curare la formazione dei laici, soprattutto dei giovani e dei collaboratori, rendendoli partecipi dello spirito dell’Istituto, perché diventino anche loro Apostoli della Evangelizzazione; a riattivare nell’Istituto l’originale espansione missionaria “ad gentes”: ad intra e ad extra aperta e sensibile ai poveri di ogni condizione e provenienza, con un’attenzione particolare alle nuove forme di povertà sociale.
La beatificazione di Madre Clelia
Nel 1988, a seguito della chiusura della prima parte del processo di beatificazione, Papa S. Giovanni Paolo II la dichiara Serva di Dio. Il 21 dicembre 2016 Papa Francesco promulga il decreto riguardante le virtù eroiche di Madre Merloni e le viene attribuito il titolo di Venerabile. Nella sua causa di beatificazione la Chiesa cattolica ha preso in esame la guarigione di Pedro Ângelo de Oliveira Filho, medico brasiliano, colpito il 14 marzo 1951 da una paralisi progressiva ai quattro arti, diagnosticata come sindrome di Guillain-Barré. A questo stato sopravvengono insufficienza respiratoria acuta e paralisi della glottide, i medici comunicano ai familiari la prognosi fatale e sospendendo le cure. La sera stessa suor Adelina Alves Barbosa, Apostola del Sacro Cuore e infermiera presso l’ospedale, interpellata dalla moglie del malato, Angelina Oliva, gli porge un bicchiere d’acqua dove ha messo una piccola reliquia “ex indumentis” della Venerabile Merloni, e si accorge che il paziente è riuscito a ingerirne un po’, mentre i familiari pregano per lui. La mattina dopo il medico di guardia trova guarito il malato, che viene dimesso dopo alcuni giorni. L’uomo muore il 25 settembre 1976 per arresto cardiaco, senza aver più presentato i sintomi della precedente malattia. Il 27 gennaio 2018 Papa Francesco autorizza la promulgazione del decreto che dichiara la guarigione di Pedro Angelo de Oliveira Filho, miracolo ottenuto per intercessione di Madre Clelia Merloni. La beatificazione è avvenuta il 3 novembre 2018 a Roma, nella basilica di S. Giovanni in Laterano. La memoria liturgica della beata è fissata al 20 novembre.
Filmografia
Sulla vita di Madre Merloni è stato prodotto il film Cento cuori, nel 2023, scritto e diretto da Paolo Damosso. La pellicola, con protagonista Silvia Budri, è la rilettura della vita di Madre Clelia alla luce dei giorni nostri. Nel film gli attori principali interpretano un doppio ruolo: la nascita della congregazione è narrata in parallelo alle vicende di una professoressa che affronta nel presente una situazione difficile presso la scuola dell’Istituto.
Considerazioni dell’Autore
Clelia Merloni è una donna che ha vissuto molte vite, potremmo dire.
Nasce ricca, si fa povera per onorare il Sacro Cuore di Gesù e aiutare i più bisognosi, attraverso la sua Congregazione, che ispira la creazione di un ramo femminile ad un illustre prelato dall’animo missionario; le avversità della vita la portano ad uscire da quella medesima Congregazione, nella quale chiede di rientrare quando sente avvicinarsi la fine, e per lei non sarà facile nemmeno il rientro nella “sua casa”. Vive gli ultimi anni da reclusa, da eremita, affrontando tutto alla luce della fede, spinta dalla fiducia nell’Amore più grande: «L’amor che move il sole e l’altre stelle», come aveva scritto Dante Alighieri nell’ultimo verso del Paradiso, al termine di un’altra grande e travagliata esistenza terrena, circa sette secoli prima (Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, v. 145).
Note
1.Congregazione fondata quarant’anni prima dal Canonico Giovanni Battista Becchi.
2.Le Figlie della Divina Provvidenza sono state fondate da S. Luigi Guanella, canonizzato nel 2011.
3.Colpito dalla durezza di vita degli emigrati, Mons. Scalabrini fonda i Missionari di San Carlo per l’assistenza degli Italiani all’estero.
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