Cavour potrebbe aver ispirato il Bezuchov di “Guerra e pace”?
Nel settembre del 1855 si svolgono le ultime, concitate fasi dell’assedio a Sebastopoli; sotto i colpi delle granate, prenderà corpo la vocazione pacifista dello di Lev Tolstoj, insieme all’embrione del suo romanzo “Guerra e pace”, come celebrazione dell’anima russa più vera e profonda, quella popolare.
Il tour europeo che il Principe e scrittore russo intraprende gli serve per riprendersi dagli orrori della guerra di Crimea, che ha vissuto in prima persona, dopo aver difeso il bastione di Sebastopoli attaccato proprio da truppe con la divisa del Regno di Sardegna (lì trae origine il suo nome un nevralgico corso torinese).
I viaggi europei dell’aristocratico Tolstoj avevano anche lo scopo di confrontare l’arretratezza russa rispetto all’ Occidente e capire per quale motivo la Gran Bretagna, la Francia e il Regno di Sardegna si fossero alleate con un decadente Impero Ottomano nella guerra contro la Russia, oltre a contrastare le mire espansionistiche dello Zar nell’area mediterranea.
Parigi lo entusiasma, addirittura «folle» nella sua gioia di vivere, ma lo sconcertano la violenza del potere, una esecuzione capitale tramite ghigliottina e la miseria diffusa, che ha portato a identificare alcuni luoghi parigini col nome di “Corte dei Miracoli” (1).
Dopo la capitale francese, va a Ginevra a rendere omaggio ai luoghi dell’amato Rousseau. Si arrampica, quindi, per dodici giorni sulle Alpi svizzere, finalmente arriva a Torino. Il soggiorno torinese non compare nelle edizioni dei diari pubblicate in Italia, ed è noto solo a pochi studiosi. Adesso ce lo racconta lo storico Roberto Coaloa in un profilo biografico che valorizza il Tolstoj pensatore impegnato e profeta del pacifismo (Lev Tolstoj. Il coraggio della verità, Edizioni della Sera, pp. 198, euro 17,00).
Tolstoj compie questo viaggio in diligenza accompagnato dall’amico Vladimir Botkin, ma poco dopo Lanslebourg – da perfetto esploratore di luoghi e anime – supera il confine a piedi attraversando il passo del Moncenisio, per poi riprendere lo stesso mezzo che lo condurrà a Torino. Egli aveva l’abitudine di redigere un diario nel quale trascriveva, quasi giornalmente, avvenimenti, persone, pensieri. Ecco un frammento del suo diario da “turista” redatto il 16 giugno del 1857:
“Mi sono svegliato presto, ho fatto il bagno, ho fatto una corsa all’Atheneum…” (così Tolstoj chiama l’Università nella quale rimane colpito dalla vita, giovane e forte, degli studenti); quindi aggiunge: “… siamo andati con Vladimir Botkin a Chivasso in diligenza e quindi siamo stati in un caffè nei pressi di Ivrea; dappertutto si può vivere, e bene”, è la sua conclusione sulla realtà subalpina.
Tolstoj è molto attratto dal mondo politico sabaudo; cerca di capire idee e programmi e istintivamente li traspone nella realtà russa, dopo la disfatta di Crimea.
In quello stesso giorno, assiste alla seduta in cui Angelo Brofferio chiede ragione della missione bolognese affidata a Carlo Boncompagni: perché la visita al Papa che si torva presso le Legazioni? Cavour risponde e lascia intendere che la missione non è un segno di debolezza o acquiescenza, ma intende dimostrare all’Europa che il Regno di Sardegna è in grado di conciliare il rispetto dovuto al Papa con l’indipendenza del potere civile: libera Chiesa e libero Stato.
Inoltre, Tolstoj si sveglia presto, corre all’Università, che lui chiama “Athenaeum”. Lo colpisce l’allegria degli studenti, la loro «vita giovane, forte, libera». Sotto i portici di via Po passeggiano esuli e patrioti di ogni parte d’Italia, lui è colpito dalla frizzante aria intellettuale che si avverte. Visita il «Museo delle Armi», cioè l’Armeria Reale, aperto al pubblico da Carlo Alberto. Infine, il «Museo delle Statue», cioè l’Egizio, inaugurato da Carlo Felice dopo l’acquisizione delle cospicue collezioni di Bernardino Drovetti, dove lo impressiona l’imponenza dello statuario.
Nel suo libro, Coaloa ipotizza che Cavour abbia offerto i suoi tratti al personaggio di Pierre Bezuchov, figura centrale in “Guerra e pace”. Così lo descrive Tolstoj: «un solido, grosso giovanotto dai capelli tagliati corti, con quei pantaloni chiari che andavano di moda allora, jabot ben alto e frac color cannella». Monsieur Pierre potrebbe essere nato a Torino dalla massiccia complessione del nostro primo ministro dell’epoca: i tratti incorniciati dalla sottile barbetta, gli occhi mobilissimi dietro i piccoli occhiali, le mani inquiete, i sorrisi misurati del politico di razza.
Note
1.Incerta l’origine del nome “Corte dei Miracoli”, sulla quale vi sono due ipotesi: la più accreditata è che derivi dal fatto che molti dei suoi abitanti erano mendicanti che si fingevano falsi invalidi durante il giorno, per poi “guarire” miracolosamente la sera quando facevano ritorno a casa. La seconda ipotesi riguarderebbe la gerarchia vigente all’interno della corte, ovvero il fatto che, contrariamente a quello che accadeva nel resto della città, i poveri comandavano e venivano anche eletti re, il che andava a costituire un vero e proprio “miracolo” per la società del tempo.
2.La “Corte dei Miracoli” più famosa del mondo è quella di Parigi, che nacque, secondo la tradizione, durante il Basso Medioevo in diverse zone della capitale. La Corte dei Miracoli, infatti, solitamente era costituita da più aree della città, e non da una soltanto. Queste zone avevano la caratteristica di essere collegate da strade sotterranee, tunnel e stretti cunicoli, tant’è che molto spesso le corti erano luoghi di difficile accesso anche per le forze dell’ordine.