
Sensi & controsensi di un’invasione a colpi di destre sovraniste e filorusse
Vladimir Putin l’aveva anticipato già nel 2007. Era la conferenza di Monaco, dove la Russia rifiutava il cosiddetto unipolarismo americano, impegnandosi a difendere i propri interessi di superpotenza, sfidando un distratto Occidente. A vent’anni di distanza, sembra che la profezia si stia materializzando, soprattutto nell’Europa dell’est, sempre più nostalgica dell’influenza russa.
Dopo le ambizioni europeiste di Cecenia & Georgia, piegate a un governo di obbedienza moscovita, l’Ucraina, già mutilata della Crimea nel 2014, quindi, dopo l’aggressione del 2022 e tre anni di sanguinosa guerra, oggi siede al tavolo di una ipotetica pace, rivendicando territori del Donbass annessi con la forza e in modo unilaterale alla Federazione Russa.
Il vento euroscettico, sovranista e putiniano
Intanto, alla fiera dell’est, il sovranismo avanza. L’Ungheria di Orbàn è già da tempo una voce filoputinana tra i banchi di Bruxelles e la Slovacchia di Fico non è d’accordo né con le sanzioni a Putin, né con gli aiuti a Kiev. La Romania sembra avviata nella stessa direzione se il ballottaggio presidenziale del 18 maggio darà ragione al favorito, euroscettico George Simion, ugualmente poco incline a sostenere le truppe di Zelensky.
Anche la Polonia, baluardo ad est della Nato, con le presidenziali dello stesso 18 maggio rischia di ritrovarsi meno compatta nel sostenere l’Ucraina, in quanto il presidente Andrzej Duda, in carica dal 2015, è giunto alla fine del suo mandato costituzionale e la previsione dei risultati delle urne è incerta.
Ma anche nel cuore dell’Europa l’estremismo che simpatizza russo avanza. Dalla Francia di Le Pen al nostro Salvini, e soprattutto alla Germania, con il successo elettorale dell’Afd e relativo problema di Merz, nel compattare il Bundestag e superare le resistenze all’alleanza Cdu-SPD, impegnate nel progetto di riarmo dell’esercito tedesco.
Come sta vincendo Putin
L’avvento dell’era Donald Trump ha certamente dato una grossa e forse imprevedibile mano alle previsioni di Vladimir Putin, spostando l’asse dell’Alleanza Atlantica verso l’America, indebolendo di fatto una NATO europea, che si era crogiolata sotto l’ombrello USA, senza peraltro mai sottrarsi, compatta e leale, alle guerre americane prive del benestare dell’Onu, scatenate dopo l’11 settembre nel nome di una lotta al terrorismo malamente condotta in Iraq e Afghanistan.
Sta di fatto che, per circostanze favorevoli o mosse d’anticipo, il progetto moscovita sembra comporsi un po’ per volta e in modo evidente, proprio attraverso le elezioni nelle democrazie.
All’inizio del terzo millennio, il blocco occidentale dell’Europa e della Nato ha assorbito molti Paesi dell’ex patto di Varsavia, diventando un privilegio per molti di essi. Dalla guerra in Ucraina però, la democrazia dell’est si sta spostando verso forme di democrature parzialmente nostalgiche di un’economia illiberale e minimalista di stampo comunista. Nazioni storicamente impreparate a gestire governi liberali e liberi di auto determinarsi con votazioni di popoli poco fiduciosi nella classe politica.
Probabilmente l’occhio attento di Putin aveva perlomeno in parte previsto tutto questo e lo Zar sta vincendo senza troppo combattere, almeno per il momento. È una guerra aspra in Ucraina, ma anche una guerra mediatica che rimbalza sui social a colpi di paura o di simpatia, quindi è una guerra di materie prime, di nostalgie identitarie e un insieme a cascata che rende credibile e temibile quel riflusso di espansione territoriale russa dichiarata da Putin a Monaco nel 2007, in tempi non sospetti e scenari internazionali poco credibili.
L’annunciato disimpegno americano dal quadrante europeo della NATO e dalle altalenanti simpatie ora per Putin, ora per Zelensky, con relativo stop degli aiuti militari USA a Kiev ha prodotto i maggiori slittamenti della nuova geopolitica europea, attizzando i lungimiranti progetti del Cremlino minacciati 18 anni or sono, senza neppure troppi giri di parole. In questo contesto le premesse di una tregua Putin-Zelensky da concordare in Turchia sono nate praticamente nulle.
L’Europa schiacciata dalle due superpotenze nucleari
Oggi l’Europa si ritrova a fare i conti con i suoi 80 anni di pacifica convivenza, continente di certo non aggressivo nei confronti di una Russia afflitta da endemica persecuzione territoriale, seppur non pervenuta. Un’Europa che rischia nuovamente di ritrovarsi capro espiatorio e finanche potenziale teatro di “esperimenti d’un conflitto allargato”, nuovamente divisa in paesi dell’est, accolti sotto le ali della grande madre Russia, e paesi occidentali, questa volta orfani dell’alleato americano. Due mini schieramenti riportati ai tempi della “guerra fredda”, schiacciati dagli interessi convergenti di un ipotetico disegno delle due arroganti potenze nucleari.
Forse è venuto il momento di guardare avanti dalle parti di Bruxelles e spingere lo sguardo oltre le previsioni di Vladimir Putin, compattando il Vecchio Continente intorno ai suoi valori ormai più unici che rari, irrobustendo quanto è giusto gli arsenali senza sbandierarlo ai quattro venti, facendo parimenti leva sulla voce del nuovo Santo Padre di romana Chiesa, Leone XIV che parla al mondo intero di concordia e di pace.
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Il mondo sembra volersi auto eliminare. Credo che ci sia poco da sperare purtroppo.
Mi sono sempre domandata perchè dobbiamo devolvere gran parte delle nostre ricchezze ad un paese corrotto, con un presidente ancora più corrotto?
Se l’Italia fossr rimasta neutrale ci avremmo guadagnato tantissimo e non sto a dilungarmi sulla penosa situazione economica in cui ci troviamo a causa di questa guerra e degli ingenti aiuti da noi forniti…ognuno lo può constatare da sè!!!