La morte del bracciante Satnam Singh
L’attenzione e le prese di posizione contro l’immigrazione clandestina sono, a nostro avviso una scelta politica con molte valenze positive, comprese le operazioni e le dissuasioni alle frontiere dell’Europa.
Diametralmente opposto è l’atteggiamento di ribellione che si prova dinnanzi a scelte selvagge e criminali conto l’Uomo di cui difenderemo sempre la prerogativa della centralità.
Il modo in cui il giovane bracciante Satnam Singh è morto dopo essere stato amputato da una macchina agricola nelle campagne di Latina fa inorridire. Attualmente Antonio Lovato, il datore di lavoro del trentunenne indiano, che era in Italia con la moglie senza un permesso regolare di lavoro, è indagato per omicidio colposo dalla procura laziale. Sarà dunque il procuratore generale Giuseppe De Falco a fare luce sulla dinamica dei fatti e sul grado di eventuale o parziale omissione di soccorso che il giovane ha subìto dopo essere stato letteralmente scaricato a casa e non in ospedale.
La vicenda che indigna è la modalità con la quale Satnam sia stato abbandonato a casa in fin di vita e con il braccio in una cassetta quando ben diversi dovevano essere i soccorsi.
Il datore di lavoro o i compagni, com’è noto, avrebbero dovuto allertare subito il 118.Invece Lovato si è dilungato in sterili giustificazioni dando per scontata la colpa dl lavoratore rilevando cinismo e insensibilità. Purtroppo negli ultimi tempi gli infortuni sul lavoro, letali o che causano preoccupanti invalidità si susseguono con troppa frequenza.
Con un tempismo preoccupante, ad indagini appena iniziate la sciarada di sindacalisti della CGIL con bandiere al seguito e la pletora di Schlein, Fratoianni &company si sono recati sul luogo del misfatto scaricando ogni responsabilità sul governo Meloni, facendo una confusione pazzesca su norme, dignità del lavoratore e carenze di varia natura.
Inevitabilmente si parla e non solo nella piazza egemonizzata dalle sinistre dell’inesistenza di norme di sicurezza sul lavoro.
Ebbene nelle zone agricole del cuneese, per citare una prassi usuale, sono frequenti le ispezioni congiunte di Carabinieri, ASL e Ispettorato del lavoro per verificare il rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro NEI campi e in lavorazioni limitrofe. Addirittura ci risulta che siano state imputate a qualche datore di lavoro le responsabilità per aver riscontrato avanzi di cibo negli alloggi abitati dai lavoratori stranieri. Un eccesso di zelo, ma comunque lo Stato presidia il territorio e le leggi esistono.
I casi più efferati, com’è ampiamente documentato, succedono al centro- sud.
Dopo le denunce giornalistiche e il clamore, tutto viene inghiottito dall’omertà e non si riesce più a risalire agli eventuali provvedimenti adottati e sulle conseguenze. Il caporalato è un crimine antico, narrato e vissuto, decenni prima che arrivassero gli immigrati nel nostro Paese.
Ancora una volta in quelle parti d’Italia che rivendicano in modo sguaiato diritti e lamentano torti subiti, si dimentica di ricordare che a casa loro governa una consorteria che coinvolge sindacati, partiti politici, le attività ispettive e di controllo dello Stato, capitana dalla malavita, dalle logge massoniche e dai poteri ricattatori, in tutt’uno con l’onorata Società.
Oggi la situazione oltre ad essere peggiorata esprime tutto il suo cinismo, benedetto e tollerato da una sinistra cialtrona e collusa con i trafficanti di merce umana, dalle ONG ai successivi passaggi di sfruttamento e di degrado.
Proprio perché questa vicenda rivela l’abisso di mancanza di dignità umana, bisogna però d’altra parte anche constatare un fatto che è sotto gli occhi di tutti e che sta sfuggendo nell’emotività del momento. Il povero Satnam era arrivato con la moglie dall’India, ma era clandestino. Quindi non era in regola con il lavoro, che perciò non poteva essere lavoro, ma era caporalato vero e proprio, sfruttamento a 4 euro all’ora senza alcun tipo di copertura assicurativa, formazione professionale, tutele previdenziali etc…
Oggi fa comodo chiamare Satnam un “irregolare”, un “clandestino”. Però non si usa lo stesso metro per chiamare “irregolari” o “clandestini” i tanti Satnam che arrivano sulle nostre coste e che una politica dell’accoglienza scriteriata fa sbarcare secondo i collaudati metodi che passano anche dagli interessi di scafisti senza scrupoli. Lì non sono clandestini, ma per i giornali sono migranti da far sbarcare senza regole di contenimento. Purtroppo, però, la vicenda di Latina ci mostra che i clandestini, se non cadono nelle braccia dei vari racket in mano alla malavita, finiscono a raccogliere meloni a 4 euro all’ora.
Ecco l’altra faccia dell’accoglienza. Se non ci fossero sul mercato disperati pronti a lavorare come schiavi nessun datore di lavoro si permetterebbe di assumere le persone a 4 euro all’ora e se questo accade non è solo per il cinismo di negrieri delle campagne senza scrupoli, ma perché un mercato dell’accoglienza permette loro di spingersi a farlo vista la quantità di manodopera a basso costo che viene sbarcata settimanalmente nel nostro Paese con il timbro di benvenuto: arrangiatevi. Questo è il percorso che collega i trafficanti a diverso titolo, ma sempre delinquenti che sul finto buonismo convivono e banchettano.
Satman è arrivato a toccare con mano l’ultima tappa di una filiera dell’indegnità umana che inizia sulle coste africane – o in Asia nel suo caso – e, con la compiacenza di professionisti dell’immigrazione, compie tutto il percorso per far arrivare schiavi freschi per il mercato.
L’Italia è ancora uno Stato di diritto e non possiamo che auspicare che la sua morte, che ha suscitato una profonda reazione anche tra i ministri (Lollobrigida e Calderone tra i primi), non resterà impunita.
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