
La razza aliena dei crostacei sbarcati dai transatlantici va combattuta a tavola
Il grande granchio blu è la nuova emergenza per l’ecosistema del Mediterraneo e soprattutto per gli allevamenti dei molluschi bivalvi italiani, poiché si tratta di un crostaceo famelico e onnivoro che, grazie all’aumento della temperatura del “Mare nostrum”, ha trovato l’ambiente ancora più accogliente. Se ne scoprono esemplari evoluti e sempre più giganti.
Allarmate notizie di questi giorni lo segnalano in risalita dal delta del Po; un’armata di granchi che si muove in direzione dell’acqua dolce. Dati recenti gli attribuiscono danni alla pesca e all’allevamento per 100 milioni di euro. Chi lo fermerà?
Il granchio blu è una specie originaria della costa nord atlantica e la sua presenza nel Mediterraneo è stata rilevata per la prima volta nel 1949. Sembra sia arrivato come clandestino, celato nelle acque di zavorra dei transatlantici, imbarcate e distribuite nella stiva per equilibrare il rollio delle navi.
Ultimamente, oltre ad aggredire la biodiversità e l’ecosistema naturale marino, il granchio blu causa danni alle attrezzature dei pescatori, tagliando le reti con le possenti chele affilate, adatte alla sua dieta onnivora, inoltre, il granchio si ciba di avannotti (i piccoli dei pesci) e distrugge gli allevamenti di molluschi, quali: ostriche, cozze, capesante, vongole e telline. La protesta dei pescatori sale, ma forse c’è spazio per reagire e inventare qualche nuovo piatto nazionale.
Soprattutto sulla costa atlantica degli Stati Uniti, dove il granchio blu è specie autoctona, l’animale è considerato una ghiottoneria ed è un piatto fisso nei menù, sia per piatti freddi, insalate miste e anche zuppe calde, che sono ritenute una sciccheria gastronomica.
Il colore magnetico dei granchi blu è dovuto alla presenza nelle sue estremità di una carotene-proteina, mentre il dorso è di tinta verde oliva e il ventre è bianco-azzurro. Se crudi, si servono tagliati a metà, con chele e zampe in bella evidenza, destinati ad essere rosicchiati come ogni altro crostaceo della specie.
Vanno presi con le mani e spezzati per sorbire la polpa che perlopiù, si trova nelle chele e nel corpo, ma qualche morso prelibato lo si stana anche nelle zampe. Il sapore è definito dai critici e dai giornalisti del settore, come delicato e leggermente dolce, la polpa tenera e succosa, l’aroma tipico, quanto vivacemente marino.
Dunque, il famelico granchio blu è distruttivo per un habitat in cui sta banchettando avidamente, ma è altrettanto appetitoso. Forse è tempo di invertire la tendenza. Trasformare il cacciatore in preda e il tormentone dell’estate in qualche creativo piatto all’italiana, che inneschi tendenza.
Dal tempo dei mitici “bastoncini di pesce” che piacciono a grandi e piccini (ma nascondono sorprese insostenibili), sulle nostre tavole sono apparse molte new entry, dal kebab agli insetti. Sembra che quest’ultimi siano proteine quasi gradite, soprattutto ai palati più giovani della nostra società.
I ristoranti cinesi, non sempre salutari, hanno fatto breccia da tempo. Piacciono altre cineserie, quali i “noodles”, anche nelle varianti thailandesi e coreane. Viva gli spaghetti! Il nipponico “sushi” è diventato una pietanza di moda, e infine, il “surimi”, sempre più apprezzato, sebbene artefatto e prodotto con scarti di vari pesci, impastato con riempitivi, quindi arrotolato e venduto a guisa di “piccoli tranci”. La forma e il sapore evocano il granchio, ma il prodotto è ben distante dalla polpa del prezioso crostaceo, sia arancione che blu.
Sono tutti prodotti di origine remota, mentre il granchio blu è tra noi, grassottello e abbondante. Non resta che mutarlo in alimento attuale, fresco, accessibile, salutare e di largo consumo. Forse la tinta oltremare disorienta il cliente più tradizionale, ma potrebbe trasformarsi in “trendy”. La palla passa alla pubblicità, agli chef del piccolo schermo, a qualche azienda lungimirante. Già alcune ricette circolano sul Web: granchio blu alla pugliese, alla veneziana, alla marinara, linguine e spaghetti al granchio blu… La battuta di pesca grossa al granchio extracomunitario è aperta! Quindi: in tavola!
Nel frattempo, dall’agosto 2023 si è iniziato a inscatolare i granchi e rispedirli negli USA. Nei primi tre mesi ne sono salpate 70 tonnellate per un fatturato di oltre 100.000 €. Che possa diventare una nuova chicca gastronomica del made in Italy?
BAH.
Ennesimo sfruttamento di animali. Buoni, eh? Ma mangiate pane e insalata, mangiate pasta e pomodori. Lasciate vivere gli animali che sono esattamente come voi, esseri senzienti e sofferenti. Aragoste rosse, granchi blu…risparmiate solo le meduse viola. Quelle non vi piacciono. E neanche i pirañas etc…