Il tempo delle chiavi inglesi
In questi giorni sto riscoprendo il giornale online Il Sussidiario.net, oltre a frugare notizie sulla prestigiosa vittoria di Trump, ne ho trovato una che mi apre vecchi ricordi giovanili, l’omicidio nel 1975 del giovane militante di destra Sergio Ramelli. Ero arrivato a Milano da appena un anno e ricordo bene il clima acido di quegli anni. Angelo Frigerio intervista Guido Salvini, il giudice che condusse l’inchiesta sulla morte di Sergio Ramelli. (OMICIDIO RAMELLI/ Guido Salvini (pm): c’era una Milano-bene che copriva i colpevoli, contriti ma non pentiti, 20.11.24, ilsussidiario.net). L’occasione è stata la presentazione a Milano il 16 novembre scorso del libro di Nicola Rao, direttore della comunicazione della Rai, “Il Tempo delle chiavi” (Piemme, 2024).L’omicidio Ramelli era maturato negli ambienti della sinistra extraparlamentare e di cui, per molti anni, sono stati taciuti gli autori. È l’occasione per ripercorrere, insieme al coraggioso magistrato, quella vicenda e il contesto in cui avvenne. Per anni non se ne seppe più nulla, poi la vostra inchiesta. Quale fu la chiave di volta che vi portò a individuare i colpevoli?
È stata un’indagine difficile. Inizialmente si pensava che i responsabili dell’aggressione a Ramelli fosse un gruppo di quartiere, quelli del Casoretto, di matrice proto-terroristica. Poi capimmo che c’era qualcosa di più in alto. All’interno di un mondo di gente “perbene” che, proprio per questo, aveva consentito ai colpevoli di restare nell’ombra per tanti anni. Alla fine qualche testimone ci disse che era stato il servizio d’ordine di Avanguardia Operaia di Medicina a Città Studi. Tutti giovani della borghesia milanese. Fu difficile rompere quel muro di omertà che per tantissimi anni li aveva protetti. Siamo nel 1975 alla Scuola superiore per periti chimici al Molinari di Milano, tutto comincia con un tema in cui Ramelli mette a confronto gli opposti estremismi. Un tema che venne diffuso nella scuola e che fu l’inizio di una vera e propria persecuzione. Ma dov’erano gli insegnanti?
C’erano ma hanno voltato le spalle. Risponde seccamente Salvini. Lo testimoniano i registri dei consigli di classe dell’epoca. Quegli insegnanti, per ideologia o vigliaccheria, sono colpevoli o forse più che gli aggressori di Ramelli.
Torniamo all’inchiesta. Come arrivaste ai nomi dei colpevoli?
Ai nomi ci si arrivò tramite un ragazzo della squadra che non aveva partecipato all’aggressione in quanto era malato […]ebbe l’impressione che sapessimo già tutto e ci raccontò le modalità dell’aggressione. Arrivammo così ai componenti della squadra che aggredì Ramelli. Salto qualche passaggio dell’intervista e passo alla descrizione del giudice di questi ex ragazzi, che hanno ucciso Ramelli, ormai diventati adulti, alcuni medici affermati. Li trovai spaventati, – risponde Salvini – vergognosi di quello che avevano fatto, contriti ma non proprio pentiti. Come se in un certo modo fossero stati il terminale di un mondo politico che normalmente giustificava e faceva quelle cose. Per cui questo, in qualche modo, dentro di loro alleggeriva la colpa. I colpevoli dell’omicidio hanno poi raccontato come l’esecuzione del povero ragazzo:
«Ramelli capisce, si protegge la testa con le mani. Ha il viso scoperto e posso colpirlo al viso. Ma temo di sfregiarlo, di spezzargli i denti. Gli tiro giù le mani e lo colpisco al capo con la chiave inglese. Lui non è stordito, si mette a correre. Si trova il motorino fra i piedi e inciampa. Io cado con lui. Lo colpisco un’altra volta. Non so dove: al corpo, alle gambe. Non so. Una signora urla: “Basta, lasciatelo stare! Così lo ammazzate!” Scappo, e dovevo essere l’ultimo a scappare.” . Pare che “Quando spirò dopo oltre un mese di agonia orribile, dovette pure suscitare la standing ovation del consiglio comunale di Milano, esultante, dovette sopportare l’esaltazione dei vari Dario Fo, Franca Rame e in definitiva di tutti i cialtroni e gli sciacalli dell’intellighenzia che stava nell’alone del terrorismo, organizzava le gogne destinate a sfociare in omicidi e sapeva far sparire i compari materialmente responsabili, quelli che appiccavano il fuoco o manovravano la spranga, la chiave inglese, la rivoltella”. (Max Del Papa, La sinistra di Salis e Zaki tace sul poliziotto in fin di vita, 10.5.24, nicolaporro.it)
A questo punto mi sembra doveroso scrivere qualcosa sul libro di Rao, si tratta del viaggio in un tempo molto difficile, un tempo in cui le aggressioni politiche realizzate con la spranga erano appellate con un vezzeggiativo: i “cucchini”. Un tempo, quindi, in cui la violenza politica era all’ordine del giorno ed era considerata come uno strumento in più, fra i quali scegliere, per portare avanti le proprie idee e le proprie battaglie politiche. Il direttore Rao racconta questo tempo con dei documenti e delle testimonianze inediti, realizzando una lettura che appare quasi una sceneggiatura tratta da un film. A quasi cinquant’anni dall’accaduto, una nuova indagine. Perché? L’omicidio Ramelli rappresenta il punto più alto o più basso, dipende da dove lo si guardi, della degenerazione dell’impazzimento del fanatismo politico. L’idea che professava Ramelli, a mio avviso, è una sovrastruttura. Liberiamoci di questo. Poteva professare qualunque tipo di idea.
La cosa davvero sconvolgente è che un ragazzo di 18 anni, uno studente in una delle più importanti città italiane ed europee, è stato perseguitato per mesi, a scuola, all’interno di un edificio scolastico, in orario di lezione, perseguitato sotto casa, nel bar che frequentava con gli amici e con il fratello, costretto a lasciare la scuola. Quello di Ramelli, che non fu la sola vittima, è certamente uno degli episodi più gravi che sono successi in quegli anni. Tra il 1972 e il 1976 furono almeno 200 le persone colpite in testa dai cosiddetti “cucchini”, aggressione a colpi di chiave inglesi. E di queste persone molto sono rimaste mutilate, menomate, paralizzate. E’ solo un caso che sia rimasto ucciso solo un ragazzo, avrebbero potuto essere decine le vittime di questa vera e propria guerra di strada, una guerra dimenticata. Si trattò di una guerra strisciante che si è svolta soprattutto a Milano, in quell’arco di tempo, e che è stata combattuta dentro le scuole e dentro le università.
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