
Recensione di Alessandro Mella
Quando arriva la posta, e tra mille scocciature emerge un plico inviatomi da questo autore, mi rassereno. So che finalmente mi verrà l’occasione per riposare lo spirito, per dedicare qualche ora di lettura ad una narrativa che non potrà deludermi od amareggiarmi.
Conosco lo stile di Cremonini, la sua capacità di addentrarsi nel passato quasi come un cronista più che come un capace narratore. L’escamotage per darsi la massima libertà d’azione è semplice. Lui si finge uno spettatore, un coprotagonista, un testimone dei fatti che andrà a raccontare. E questo vive nella sua brillante fantasia come nella realtà, permettendogli anche di fare i conti con sé stesso con rara libertà d’azione.
Anche questo romanzo è un viaggio nella storia. Iniziato in un appartamento ungherese del 1956, al tempo della rivolta del paese contro l’oppressione sovietica. A scrivere ed a raccontare è un uomo, un tedesco, che ha vissuto il conflitto, terminato una decina d’anni prima, dietro i reticolati di un offlag germanico. Un campo di prigionia per ufficiali prigionieri di guerra.
Di questa realtà infelice, dove gli internati militari italiani tenevano alto in un silenzio assordante l’onore italiano, egli parla. Ne racconta la quotidianità, la vita difficile, la fame, i prodigi d’ingegno escogitati dai prigionieri per sentirsi vivi e restare umani nell’appiattimento generale.
Tra loro emergono varie figure, tra cui quella del capitano dei granatieri Monti Guarini. Un uomo ligio al dovere, un ufficiale tutto d’un pezzo, fermo nello spirito e nel cuore. Ma Monti Guarini non è l’eroe immacolato, sì ha tenuto fede al suo giuramento al re, ha rifiutato la via d’uscita dell’adesione alla Repubblica Sociale Italiana, perfino anche solo di simpatizzare con quei tedeschi suoi alleati fino a pochi mesi prima. Ma c’è altro, c’è un passato ingombrante dietro alla sua figura. Una condotta libertina che ne ha messo in pericolo perfino il contesto familiare, ma soprattutto l’adesione al fascismo primogenito, allo squadrismo, al regime che ha portato l’Italia in guerra. Eppure, dietro i reticolati dello stalag Monti Guarini si erge come un monumento. Anche quando il suo cuore tocca quello di una giovane ausiliaria tedesca. Molto più giovane di lui, cresciuta nei miti del nazionalsocialismo eppure rimasta capace di sognare. È un grande amore intellettuale, spirituale, un intreccio e sintonia d’anime che si sfiorano, ma non si toccano mai. Come nei poemi medievali il cavaliere amerà la dama, ricambiato, d’un amore puramente platonico eppure immenso. Tale da portare il nostro a sacrifici importanti fino all’ultimo momento.
La bella e sbarazzina Talli, il cui corpo sinuoso il nostro non esplorerà mai, diventa forse il più intenso e vero amore della sua vita. L’unico per cui vale la pena sacrificare tutto, financo la passione, financo l’amor proprio.
Talli, in fondo, rappresenta il mondo nuovo che guarda oltre, che vuole sognare, che nell’America vede l’icona del cambiamento. quello che, per forza, dovrà venire. Monti Guarini no, è un uomo della vecchia guardia, parte di una generazione che la storia sta archiviando impietosamente con le sue buone maniere ed i suoi codici, frammento di quel mondo che la guerra sta spazzando via. I due sono un punto di convergenza tra queste due realtà che si sfiorano, si osservano, si corteggiano e forse si legano pur senza incontrarsi mai.
Ogni figura di questo libro, del resto, è un po’ una metafora. Dal falsario russo, già veterano zarista in prestito all’Armata Rossa per puro orgoglio patrio, al medico e fino al maresciallo in fuga nei boschi dopo aver ucciso un ufficiale tedesco per reazione ad un sopruso. Non ci sono schemi fissi in questo romanzo, si scordi il lettore il binomio bianco/nero, buono/cattivo. La distinzione è sempre sfumata, mai netta, perché tutti hanno una componente buona e generosa ed una malvagia e cinica.
Ed in fondo anche il personaggio narrate è un’immagine. Quella del relitto di un tempo passato che ha tentato di sopravvivere in quello nuovo dopo aver provato a dimenticare e farsi dimenticare. In quel nuovo mondo che all’est ha deluso, ferito, soffocato ed ucciso. È una figura aggrappata saldamente ad un passato da cui non può realmente affrancarsi. Con cui fa letteralmente a botte ogni istante. Un passato di cui si libererà solo ricadendoci dentro. Quasi la sventura diventasse una forma di consolazione postuma.
Chiusa l’ultima pagina del romanzo mi soffermo un istante a pensare. Era la penna di Cremonini, non c’è dubbio. Nello stile, nei modi, nell’azione e soprattutto nell’innata capacità di non deludere mai.
Alessandro Mella
Goodbye Mr Kipling
Gaspare Cremonini
ISBN 978-88-6869-228-5
Pagine 96 – Misure 12×17 – Euro 12
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