Alcuni indizi di disinteresse verso un grande tema contemporaneo
Ci sono notizie che apparentemente sono insignificanti ma che, secondo il noto “paradigma indiziario” proposto a suo tempo da Carlo Ginzburg, diventano indicative di tendenze o situazioni assolutamente concrete e realistiche.
Mentre molti di noi si rilassavano al sole montano o marino, il 15 agosto Goldman Sachs Asset Management lasciava il Climate Action 100+, l’iniziativa nata nel 2017 che negli ultimi anni è riuscita a riunire una corposa serie investitori e che ha preso di mira i maggiori emettitori di gas serra al mondo, dialogando con loro per convincerli – finanziandoli- a decarbonizzare le loro produzioni.
Oltre a Goldman Sachs, secondo quanto riportato dai media Usa, anche altri gestori patrimoniali, tra cui TCW e Mellon Investments, hanno abbandonato il club verde. Queste ultime uscite seguono quelle annunciate già all’inizio di quest’anno da investitori tra i quali figuravano Invesco, JPMorgan Asset Management, State Street Global Advisors e Pimco, e il trasferimento da parte di BlackRock della sua partecipazione all’iniziativa a BlackRock International.
Che cosa significa questa emorragia di capitali da un soggetto creato appositamente per stimolare e finanziare la transizione green a livello globale?
Ad avviso di molti, significa una cosa molto semplice: la grande finanza globale sta perdendo interesse verso l’agenda ambientale creata anni fa proprio dai grandi gestori di capitali che, in quell’agenda, avevano riposto consistenti speranze di profitto.
Nel novembre del 2021 avevamo scritto un articolo su Civico20 dove tentavamo di dimostrare, sulla base di diverse considerazioni avanzate da osservatori internazionali, come la paranoia ecologica e ambientalista che ha sommerso l’occidente negli ultimi anni fosse sostanzialmente generata dai grandi investitori finanziari globali che, visti gli scarsi ritorni futuri previsti per gli investimenti nei vari settori reali -industriali e manifatturieri-, avevano deciso di spostare il loro interesse nel nuovissimo e promettente settore ambientale, confezionando e promuovendo la narrazione del surriscaldamento globale con la relativa creazione di una profonda angoscia collettiva sulle sorti del pianeta; cosa per loro assai agevole essendo anche proprietari a vario titolo dei maggiori mezzi di comunicazione planetari nonché finanziatori di una buona parte della ricerca scientifica mondiale.
Il risultato fu quello di costruire una mentalità collettiva tremante e terrorizzata dove la tematica ambientale divenne assolutamente predominante e con forti venature autoritarie, nel senso che non era permesso avanzare dubbi sul fatto (o “fattoide” per usare la terminologia di Dorfles) che la terra si stava avviando verso una catastrofe climatica in assenza di interventi correttivi, i quali però avrebbero richiesto una mole immensa di investimenti pubblici e privati, con grande gioia – ça va sans dire – dei grandi e grandissimi fondi di investimento globali.
Intendiamoci, molti, moltissimi di noi all’inizio si sono fatti investire da questa angosciante narrazione, convinti che la totalità della scienza contemporanea non avesse dubbi sulla realtà del surriscaldamento globale di origine antropica. Poi, pian piano, sono emerse voci diverse, anche nell’ambito di quella scienza, o pseudo-scienza, che non ammetteva contraddittorio, che batteva i pugni sul tavolo del confronto respingendo ogni ipotesi contraria, o quantomeno dubitativa, e rifiutando così la vera e pura metodologia del progresso scientifico.
Parallelamente, a partire dal 2020, si affiancò a quella narrazione climatica quella pandemica, ancor più intollerante e autoritaria, che, pur operando su di un piano totalmente diverso, contribuì a far sorgere in molti il dubbio assolutamente legittimo che la scienza, sui due fronti, fosse potentemente guidata e condizionata da interessi economici e politici che nulla avevano a che fare con la vera conoscenza e con i veri interessi dell’umanità.
Quando una narrazione, sia quella ambientale, sia quella pandemica (e da ultimo anche quella bellica), diventa dilagante e assertiva, univoca, aggressiva, invadente, nasce sempre il dubbio che essa sia etero-diretta e finalizzata a interessi propagandistici. Ma chi la etero-dirige e finalizza?
Ovviamente chi la finanzia, o quantomeno chi ne ricava un interesse economico, cioè i grandi signori del denaro mondiale: BlackRock, Vanguard, State Street, Goldman Sachs, Morgan Stanley, J.P. Morgan e tanti altri. E’ così difficile capire dove stanno la testa pensante e il braccio operativo delle scelte globalizzate?
Se oggi questi soggetti stanno abbandonando la scelta ecologista, in quanto non più remunerativa, che cosa accadrà?
Ovviamente non lo sappiamo con esattezza, ma basterà porre attenzione al cambio di narrazione globale. Se questa scelta verrà confermata assisteremo senz’altro a un abbassamento del tono comunicativo in materia ambientale. L’emergenza climatica verrà pian piano accantonata, indipendentemente dall’andamento delle temperature globali, delle emissioni di anidride carbonica, dello scioglimento dei ghiacciai, degli eventi meteorologici, per lasciare il posto a una qualche forma di normalità da ripristinare e da riproporre mediaticamente.
E le migliaia e migliaia di scienziati, giornalisti e politici che hanno vissuto sulle tematiche ambientali sino ad oggi?
Cambieranno semplicemente discorso e prospettiva e, non appena i padroni del mondo avranno individuato un altro conveniente e angosciante tema emergenziale, si accoderanno e lo supporteranno, come hanno sempre fatto.
Perché, in fondo, anche loro tengono famiglia.
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