Di Alessandro Mella
Qualche tempo fa mi capitò di imbattermi in una vivace discussione social tra ambientalisti. Alcuni sedicenti esperti di montagna si lamentavano dei denari sprecati dalle pubbliche amministrazioni per la pulizia primaverile delle strade alpestri dagli abbondanti depositi nevosi invernali.
Ovviamente si faceva riferimento alle strade che salgono in quota, ai valichi, passi, piani ed alture. Vie che le provincie, in particolare quella di Cuneo e la Città Metropolitana di Torino, curano con grande precisione, puntualità ed impegno.
Secondo costoro quello era fracasso di troppo e denaro sprecato. Ai loro occhi era meglio lasciar perdere e tanto meglio se la gente non avesse avuto più la possibilità di percorrerle ed andare a rompere le scatole alla natura alpina.
Feci notare, garbatamente, che quell’estremizzazione era molto riduttiva e non teneva conto della realtà dei disabili e di chi ha problemi di deambulazione i quali, grazie a queste strade, hanno la possibilità di godere a loro volta delle bellezze della montagna, delle vette, della flora e della fauna alpestre.
Come queste vie rappresentino, per loro, l’unica speranza per beneficiare di un surrogato delle grandi bellezze delle nostre montagne.
Mi si rispose, in sostanza, che i disabili dovevano rassegnarsi a stare a valle perché la montagna non faceva per loro e dovevano accettare i limiti posti dalla natura alla loro persona. Da disabile, malato cronico e degenerativo, mi parve di ricevere un ceffone assai potente, un’offesa pesantissima, un qualcosa di doloroso, indigeribile e terribile.
La montagna non era per noi, la montagna era solo per chi poteva camminare, la montagna non era per i pigri con o senza bastoni e stampelle, la montagna era solo per loro affetti da superomismo dannunziano stantio ed ammuffito.
Ho sofferto molto quella sera, ho capito una volta di più come l’Italia sia anni luce indietro sul tema della disabilità nel comune sentire.
Paradossalmente le tanto vituperate istituzioni dimostrano, alle volte, maggiore sensibilità sul tema dei cosiddetti alpinisti, ambientalisti, esperti di montagna e così via.
Non tutti, si intende, anche tra loro emergono lodevoli eccezioni e guai a non riconoscerlo. Si renderebbe torto a tante anime belle e cuori generosi che meritano rispetto.
C’è qualcosa, tuttavia, che va capito.
Se nel week end si chiudono certi passaggi montani per sovraffollamento è giusto ma è altrettanto giusto provvedere alle navette per portare in quota chi non è pigro ma, semplicemente, non può. Negarlo vuol dire infliggere loro un’altra mortificazione, vuol dire ferire ancora di più delle vite già ridimensionate nei sogni, nelle aspettative, nelle speranze e nei desideri.
Proteggere e mantenere le strade montane vuol dire permettere a chi soffre di farsi accompagnare da chi ama a rivedere, con i propri occhi spesso tristi, gli stambecchi ed i camosci, i caprioli al pascolo, le marmotte il cui fischio restituisce pace al cuore.
Significa restituire a chi soffre il gioioso scampanio delle vacche all’alpeggio, l’urlo stridulo e potente dell’aquila, il soffio impetuoso del vento.
Per noi quegli spartineve che a maggio iniziano ad aprirci la via del Nivolet, del Pian della Mussa, di Malciaussia, dei passi e dei colli del cuneese sono un’immagine di gioia e speranza anche se per voi sono mostri rumorosi e puzzosi.
Ma ai nostri occhi sono costruttori di sogni.
Non dimenticateci e non siate cinici con i disabili che non hanno la fortuna di essere “normali” ed avere gambe giovani e forti come le vostre.
La montagna è anche per noi, per i nostri occhi e i nostri sensi, per le nostre brevi vite. Non chiediamo pietà, non chiediamo lacrimosi discorsi vacui, chiediamo rispetto e solo rispetto.
Montagna e disabilità: binomio possibile?
Sì, certamente sì, doverosamente sì, con coraggio, umanità, empatia e condivisione.
Facciamo squadra perché la montagna sia di tutti ed archiviamo gilde, corporazioni ed assurdi monopoli.
Insieme, perché si vada oltre ad una società in cui un uomo con una stampella od un bastone sembra dar più fastidio, far più impressione, di un uomo con la pistola.
La montagna è per tutti, anche un poco nostra, anche di noi così “diversi” ai vostri sguardi.
Alessandro Mella
Non posso dire altro se non condividere le tue riflessioni.
👍