Di Alessandro Mella
Alcuni anni fa, trovandomi a Chambery con la fidanzata, decidemmo di visitare anche un luogo assai curioso che sorgeva a poca distanza dai nostri alloggi. Curioso perché riferito ad un personaggio che, obbiettivamente, non mi sento d’amare particolarmente e cioè il celeberrimo Rousseau. Una figura che, in effetti, per pensieri e per visioni avverto sicuramente come lontana ma cui non posso non riconoscere, ovviamente, la grandezza di pensiero e la capacità di influenzare il corso della storia europea.
L’idea, quindi, di conoscere un frammento di vita di quest’uomo così lontano dal mio spirito e dal mio cuore non mi dispiacque affatto e, spogliatomi di ogni pregiudizio e preconcetto, mi recai con Karen a visitare questa bella residenza.
La tenuta, di circa tre ettari totali, è davvero graziosa alla primissima vista, una tipica abitazione francese come potremmo immaginarcela, con un bel parco che la circonda. Quasi un’isola, verde e quieta, a pochi passi dall’odierna città:
Les Charmettes, casa di campagna divenuta celebre pel soggiorno di G. G. Rousseau e di madame de Warens; essa si trova a mezzogiorno di Chambéry, alla distanza di 35 minuti a piedi. (1)
Dal 1736 al 1742 vi visse, appunto, il Rousseau ospite di madame Françoise-Louise de Warens che gli fu musa ispiratrice e che certo toccò profondamente il suo cuore.
Furono anni sereni per il filosofo svizzero poiché qui poté dedicarsi agli studi di molteplici discipline nelle quali si dilettava con notevole capacità ed efficacia quali filosofia, geometria, latino, storia, geografia ed astronomia:
Ma Les Charmettes non furono soltanto l’amoroso asilo ove Rousseau trovò «les paisibles, mais rapides moments» che gli diedero il diritto di dire: «J’ai véci!». No! Furono anche il luogo di raccoglimento fecondo, ove egli poté formare il suo carattere e la sua cultura. E per questo specialmente Les Charmettes sono una casa storica. (…). Forse, senza il soggiorno delle Charmettes, il mondo non avrebbe avuto in Rousseau quel grande filosofo che strappò a Napoleone I la storica esclamazione: «Sarebbe forse stato meglio se né lui né io non fossimo vissuti mai…». (2)
Tuttavia, fu dopo la sua scomparsa che, edite postume le sue ultime opere, emerse con chiarezza il ricordo piacevole ed incantato che Rousseau aveva per questa casa ed il suo parco. Un ricordo così vivo e pulsante che molti repubblicani ed animatori della successiva Rivoluzione Francese, che del pensiero del filosofo si sentivano eredi ed in qualche modo continuatori, presero a visitare il luogo quasi fosse un santuario laico.
Les Charmettes fu in seguito acquistata, nel 1810 in piena epoca napoleonica, da George Marie Raymond che nel 1811 decise di renderla agevolmente visitabile traendone un museo il quale, nel 1905, divenne poi di proprietà civica venendo acquisito dalla municipalità di Chambery. Dal 1993 la casa è monumento nazionale tutelato e protetto dalla Repubblica Francese.
Numerosi sono i cimeli e ricordi di Rousseau e della storia di questa “casa museo” iniziando dalla sala della musica ove si incontrano, tra l’altro, un interessante pianoforte settecentesco ed un busto del Raymond posto a memoria del mecenate che fece dell’edificio sede museale aperta a tutti.
La seicentesca sala da pranzo è dominata da una rappresentazione del territorio tratta dal catasto del Regno di Sardegna alla cui realizzazione Rousseau partecipò. Nella stessa stanza si trova poi un suo ritratto opera di Jean Baptiste Peytavin.
Graziosissime, al piano superiore, le camere da letto ancora munite dell’originale tappezzeria del XVIII secolo, l’edicola votiva e la biblioteca con interessanti tomi settecenteschi per lo più dedicati a piante e botanica:
Si trova a pianterreno, dopo un piccolo vestibolo, una sala da pranzo abbastanza ampia, arredata di grandi sedie di legno impagliato, una grande credenza di noce molto tarlata, una tavola analoga alla credenza, (…).
Il mobilio, se non è quello stesso usato da Rousseau, è certamente di quell’epoca e forse è anche più vecchio. Altrettanto è del mobilio della seguente sala o salone, come lo chiama pomposamente la guida, e che si compone pure di poche sedie a bracciuoli, una tavola, una specchiera.
Nella sala vi ha però di particolare la spinetta o clavicembalo che Rousseau aveva sì caro e sul quale egli dice di aver studiato musica con affetto certo superiore alla fortuna toccata all’autore del nuovo Metodo di musica cifrata.
(…) Ritornati nell’atrio, si sale per una scala di pietra quasi greggia al secondo piano. Si visita una camera con due finestre e due alcove, abbastanza ampia, mobiliata di un letticciuolo di legno, con una coperta verde. Quivi dormiva, quando dormiva, Rousseau.
Un tavolino ed un seggiolone completano l’arredamento, che è pur qui modestissimo. Attigua a questa camera vi è quella della Warens. Anch’essa, ha due finestre che guardano levante. Vi si gode una vista magnifica del paesaggio che dalla valle degrada a Chambéry circondata dal grande sipario delle montagne. Nella camera vi è un grande letto coperto di drappi (…); una mezza dozzina di sedie e poltrone, un sofà di foggia che ora si direbbe all’ottomana, un inginocchiatoio; un cassettone con specchio, uno scaffale con molti libri, però di epoca posteriore a quella di Rousseau.
Una particolarità della camera: la tappezzeria è di carta, abbastanza ben conservata, ed è certamente uno dei più antichi esemplari di tappezzeria cartacea usata in Francia. Decorazione e stile della camera sono come quelli della sala sottostante, cioè misto di secolo XVIII e di giapponese; bellissimo il soffitto a cassettoni ben conservati. Uscendo dalla camera della signora di Warens si passa sopra un pianerottolo, ove, quasi come in una nicchia, è un altare (…).(3)
Tutto il grande fascino di questo sito storico sta non solo nella celebre frequentazione, ma anche nella conservazione del suo aspetto seicentesco, negli arredi, nei dettagli che ne fanno una graziosa macchina del tempo.
Da visitare per fare un salto nel passato e per darsi elementi in più per provare a capire quel Settecento che, con la sua vivacità intellettuale, vide grandi progressi, grandi mutamenti, grandi orrori ma anche grandi conquiste sociali e morali (4).
Alessandro Mella
NOTE
1) Covino, A., Da Torino a Chambery, Luigi Beuf Libraio, Torino, 1871, p. 156.
2) La Gazzetta del Popolo, 165, Anno LIV, 16 giugno 1901, p. 8.
3) Gazzetta Piemontese, 251, Anno XXVII, 11-12 settembre 1893, p. 1.
4) Parte delle notizie utilizzate per questo studio provengono dai pannelli esposti nella sede museale in tre lingue.
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