Un contributo di Sonia Lotti
“Caro amico ti scrivo…”
Amico, pensa alle miriadi di lettere scritte fin dalla notte dei tempi, la mia è poca cosa.
Una cartolina però non poteva contenere quello che desideravo scriverti, spazi troppo piccoli, righe appena accennate. La cosa più difficile di questa missiva era trovare lo stile adatto perché il mio messaggio ti arrivasse forte e chiaro.
Poi, in un momento di calma mi sono detta «Non ci pensare, canta che ti passa.». Proprio mentre me lo dicevo trovai la modalità, quel tono che si confaceva a quegli argomenti di cui volevo scriverti.
Mi resi conto che affrontare certe cose senza cadere nei più stupidi luoghi comuni, fosse particolarmente complesso, era meglio che io tutte queste cose le scrivessi con leggerezza perché se quasi te le cantavo, tutta la rabbia che provavo intorno a quelle mostruosità si sarebbe dissolta.
Le canzoni raccontano la verità con poesia, la realtà è fuoco e la poesia è ciò che ne preserva le fiamme. Avvenne che solo a posteriori, soprannominai la mia missiva per te, una pop lettera. Primo tra i poeti il più pop di tutti, Goffredo Mameli dei Mannelli, se è vero che «Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta», io qui di fratellanza ne vedo ben poca e di persone deste ancora meno.
Bennato parlando dell’talia canta «Ti muovi bene su quei tacchi a spillo.., a volte sei una spiaggia libera a volte un rischio da evitare…, la tua bandiera ondeggia e ti ricopre appena». Un male a metà quello di usare un modo Berlusconiano divenuto virale, ma purtroppo che funziona in questo caso, quindi dimmi, caro amico: ne convieni che viviamo in un paese bello ma difficile?
Non vorrei neanche lamentarmi ma non riconosco più neanche Milano come quella buon’ anima di Lucio Dalla che cantava «Milano che fatica». Non mi è mai piaciuto essere pessimista, è un modo di essere che detesto ma dimmi ci sono lumi di speranza per il nostro popolo italiano?
Non posso scordarmi che se scrivo la parola popolo verrò tacciata di populismo, in fondo forse questa parola è diventata una scatola vuota tanto è stata riempita. Vengo insultata anche quando esprimo parere contrario su alcune forme di vaccini, anche quando dico no al rigassificatore che intendono piazzare a pochi metri dall’area marina protetta di Bergeggi.
Amico caro, come è che non si può più esprimere la propria opinione perché istantaneamente si diventa dissidenti? Lo sappiamo tutti che chi è dissidente non sarà mai integrato anzi, cercheranno di disintegrarlo. Tanto tempo fa, si pensava che un dissidente fosse anche pericoloso.
Non è più così oggi perché, se fosse così, i dissidenti godrebbero ancora di un’aurea di pericolosità e metterebbero un po’ di paura. Ma i potenti del mondo, come li ha battezzati Noam Chomsky, i guerrafondai, i demoni incarnati in esseri umani, una larga fetta della politica e i colossi multinazionali non temono i dissidenti, invece costruiscono loro la paura con il fine di produrre l’impotenza.
Il loro lercio gioco è sempre la manipolazione delle menti, delle informazioni, delle religioni, delle virtù, degli ideali, in poche parole la manipolazione a largo spettro. In mezzo a queste centinaia di disgustose guerre dove solo l’orrore è il vero padrone, che mi dici tu di questo fatidico rigassificatore che vogliono posizionare a ponente; anche qui ci sono misteriosi e fetidi complotti?
Oppure sarei solo io la signora terrorizzata dai complotti contro l’umanità, la paranoica in carne ed ossa?
Senti, la gente non lo vuole il « mostro» come in tantissimi hanno soprannominata la Golar Tundra, la nave rigassificatore ribattezzata poi Italis LNG, tanto per confondere le acque. Ma chi poi è questa gente? Questa è la domanda più stupida che io mi possa mai essere posta perché la risposta la conosco benissimo.
«E già!» canterebbe Vasco Rossi e Francesco De Gregori risponderebbe «La storia siamo noi nessuno si senta offeso.., la storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso, la storia siamo noi queste onde nel mare» E Patty Smith risponderebbe con voce rock« People get the power», ecco chi è la gente.
Non penso che nessun essere umano rispettoso dell’ambiente in cui vive, francamente, desideri «il mostro». Solo pensarci mi fa ribollire il sangue e temo di finire nel fango dello Stige in mezzo agli iracondi. Ma Diodato a Sanremo ha cantato «Fai rumore qui, che non lo posso sopportare»;
sì il mostro fa rumore, un urlo di male qui, dritto al mio cuore che non lo posso sopportare. Mi pare appropriato che la chiusa di questa epistola possa ricordare: il popolare, già citato, Lucio Dalla nonchè Marco Masini, che detto tra noi, non credo abbia mai portato sfiga come molti invidiosi avevano affermato con granitica convinzione.
«Certo chi comanda non è disposto a fare distinzioni poetiche, il pensiero come l’oceano non lo puoi bloccarne, non lo puoi recintare.
Così stanno bruciando il mare. Così stanno uccidendo il mare. Così stanno umiliando il mare. Così stanno piegando il mare».
«Ci vorrebbe il mare che accarezza i piedi, ci vorrebbe il mare su questo cemento, ci vorrebbe il mare dove naufragare…, ci vorrebbe il mare dove non c’è amore, il mare in questo mondo da rifare». La play list, amico caro, potrebbe continuare ma il messaggio della mia pop letter mi pare ora chiaro e distinto. Ti auguro ogni bene.