L’ultimo concerto del Festival dei Saraceni propone un suggestivo excursus nel genere della triosonata barocca.
La 57ª edizione del Festival dei Saraceni si chiude venerdì 30 agosto alle ore 21 nell’Oratorio di Sant’Antonio di Pamparato con L’essenza del trio, uno scintillante concerto imperniato sulla triosonata, che sarà proposto da Stefano Barneschi (violino), Martino Noferi (flauto dolce e oboe), Marica Testi (flauto traversiere), Marco Frezzato (violoncello) e Ottaviano Tenerani (clavicembalo e direzione).
Nei primi anni del XVII secolo dal modello della canzona, un genere strumentale strutturato in diverse sezioni contrappuntistiche fiorito nell’ultimo scorcio del Rinascimento, iniziò a formarsi la sonata per uno o più strumenti melodici e basso continuo, il “fondamento” che – secondo quanto si legge nei manuali di storia della musica – era stato “inventato” da Lodovico da Viadana con i Cento Concerti Ecclesiastici pubblicati a Venezia nel 1602, per quanto la sua pratica sia testimoniata anche in epoca precedente.
Nei primi 30 anni del Seicento iniziarono ad apparire diverse raccolte strumentali, come gli Affetti musicali op. 1 di Biagio Marini (1617) e le due serie di Sonate concertate in stil moderno del veneziano Dario Castello (1621 e 1629), che iniziarono a porre le prime solide basi di un genere che avrebbe rivestito una straordinaria importanza per oltre un secolo e mezzo.
Grazie al contributo di decine di compositori oggi in gran parte dimenticati, cominciarono ad assumere un’identità sempre più definita la sonata e triosonata, opere concepite rispettivamente per uno o due strumenti melodici, accompagnati dal basso continuo, la cui formazione può essere composta da strumenti di vario genere, tra cui il clavicembalo, il violoncello, il violone, la tiorba, il fagotto, l’arpa e altri.
La piena maturità venne raggiunta grazie ad Arcangelo Corelli, compositore “anomalo” per gli standard del Barocco, in quanto nel corso della sua carriera compose solo sei raccolte di dodici brani l’una, alle quali si aggiunge una manciata di opere singole.
Con le prime quattro raccolte, il compositore di Fusignano elevò la triosonata a livelli altissimi, portandone la struttura a una eccezionale perfezione formale e stabilendo un modello destinato a fare scuola tra i compositori delle due successive generazioni. In particolare, Corelli codificò le strutture della sonata da camera e della sonata da chiesa, la prima una sequenza di danze stilizzate come l’allemanda, la corrente, la giga e la sarabanda precedute da un preludio dal carattere astratto, la seconda una doppia alternanza di movimenti lenti e veloci, dalla quale si sarebbe in seguito sviluppata la sonata dei periodi classico e romantico. Nei primi decenni del XVIII secolo, per un giovane compositore ambizioso – come, per esempio, Antonio Vivaldi – era quasi un obbligo dare alle stampe come opera prima una raccolta di triosonate dedicata a un illustre personaggio, con la malcelata speranza che quest’ultimo ne rimanesse colpito al punto da offrirgli un remunerativo posto di lavoro.
In molti casi, le triosonate vennero scritte per due strumenti uguali, come due violini, ma la convenienza commerciale spinse molti editori a richiedere opere facilmente adattabili a diversi strumenti, come il violino, il flauto dolce, il flauto traversiere e l’oboe, che – oltre a consentire di aumentare le vendite – offrivano ai compositori la possibilità di utilizzare una tavolozza timbrica molto più ricca e variegata, che presentava anche il grande vantaggio di esprimere una vasta gamma di sentimenti, in base alla teoria degli affetti.
Nati a quattro anni di distanza, Georg Philipp Telemann e Georg Friedrich Hândel sono considerati con Johann Sebastian Bach gli esponenti più rappresentativi del Barocco maturo, il primo per la sua copiosissima produzione sacra, che comprende oltre 2000 cantate e un gran numero di passioni e di oratori, e il secondo per le sue vigorose opere serie e i suoi oratori inglesi, dallo stile radicalmente lontano da quello intriso di una intensa e sincera religiosità di Telemann.
Oltre a questo, entrambi i compositori ci hanno lasciato una vasta produzione di opere cameristiche, che rappresentano nel loro insieme il coronamento della civiltà strumentale barocca, grazie a una maliosa vena melodica e a una magistrale architettura armonica, che oltre a dare spessore a ogni opera consente agli strumenti del basso continuo di arricchire la tavolozza timbrica complessiva con le loro sfumature.
Nelle triosonate di Händel e di Telemann si percepiscono numerose analogie stilistiche – un fatto perfettamente comprensibile, se si pensa che i due compositori mantennero per molti anni fitti contatti epistolari, in cui parlarono di tutto, dalla musica alla botanica – ma anche qualche rilevante differenza, legata alle esperienze e alle personalità di ognuno di loro.
In particolare, Telemann – pur restando quasi sempre fedele al modello di Corelli – seppe dare spazio agli idiomi di ogni paese europeo (dalla Francia, all’Ungheria e alla Polonia), mentre nelle opere del creatore del Messiah possiamo spesso percepire qualche traccia di quella istintiva teatralità che seppe portare al successo i suoi melodrammi.
Venerdì 30 agosto 2024 – ore 21
Oratorio di Sant’Antonio
Pamparato
L’ESSENZA DEL TRIO
Georg Philipp Telemann (1681-1767)
Trio in sol maggiore per violino, flauto traversiere e basso continuo TWV 42: G1
Affettuoso – Vivace – Largo – Vivace
Georg Friedrich Händel (1685-1759)
Trio in fa maggiore per flauto dolce, flauto traversiere e basso continuo HWV 405
Allegro – Grave – Allegro
Georg Philipp Telemann (Pierre Prowo)
Sonate in re minore per flauto dolce, violino e basso continuo TWV 42: d10
Allegro – Adagio – Allegro – Presto
Georg Friedrich Händel
Trio in si minore per flauto traversiere, violino e basso continuo HWV 386b
Andante – Adagio – Allegro ma non troppo – Largo – Allegro
Georg Philipp Telemann
Trio in mi minore per flauto dolce, flauto traversiere e basso continuo TWV 42: e6
Affettuoso – Allegro – Grave – Allegro
Georg Friedrich Händel
Trio in fa maggiore per flauto dolce, violino e basso continuo HWV 389
Larghetto – Allegro – Adagio – Allegro – Allegro
Martino Noferi, flauto dolce e oboe
Marica Testi, flauto traversiere
Stefano Barneschi, violino
Marco Frezzato, violoncello
Ottaviano Tenerani, clavicembalo e direzione
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