
La lungimiranza di Bergoglio e Lucio Dalla, due menti accomunate dalla musica e dalla pace
Chissà se qualcuno avrà mai fatto ascoltare a Papa Bergoglio “Washington”, uno dei brani più lungimiranti nell’enciclopedica produzione musicale del compianto Lucio Dalla. Papa Francesco, attento amante della musica, vista come: «bellezza, strumento di pace che può raggiungere il cuore di tutti e aiutare la convivenza dei popoli», avrebbe gradito e condiviso la poetica, paradossale visione post apocalittica del grande musicista bolognese, compressa in un “pezzo” denso di contenuti. Oggi, ispirato da nuovi aliti di “guerra fredda”, è nuovamente tornato d’attualità. Purtroppo.
Tra l’altro e ahimè, le profezie di Baba Vanga prevedono un conflitto devastante in Europa e l’inizio di eventi catastrofici proprio durante l’anno in corso…E se si seguono i progressivi fallimenti di tregua che si moltiplicano dal Medio Oriente alla Turchia, dove lo Zar non ha alcun interesse a negoziare con nessun interlocutore, il timore è giustificato.
Nel brano di Lucio Dalla, due piloti militari in volo ad altissima quota, gli ultimi esseri viventi dopo una ipotetica, devastante Terza Guerra Mondiale, entrano in contatto radio mentre stanno compiendo la loro ultima missione. Il primo ha gli occhi a mandorla, il secondo viene da Londra, uomo di colore chiamato “Zebra” in quanto vi sono state trapiantate le braccia di un bianco di nome John (dunque l’azione si svolge in un futuro remoto).
I due piloti che avrebbero dovuto abbattersi a vicenda, si interrogano sul significato della loro missione: «Ma qui non si muove più niente – Non vi è rimasto nessuno – Siamo soli io e te, io e te, io e te…». Quindi la canzone sfuma intorno a un finale che si presume “definitivo”.
Chissà cosa avrebbe pensato Papa Francesco di questa “Washington”… Chissà se qualcuno la farà giungere alle pacifiche orecchie del nuovo Papa Leone XIV?
Sto andando a Washington
Ma cosa vado a fare, non lo so
Volo molto in alto, non vedo niente
Non si vede un accidente da qui
Lei ha gli occhi a mandorla
E una faccina piccola così
È con i suoi fratelli, piccolina come quelli
Vuoi vedere la sua foto che ho con me
Ma cos’è che sta volando
Sembra una pallina
Qualcosa sta ancora volando
E lentamente si avvicina
Ogni piccolo movimento, spara
Prima che l’altro faccia lo stesso con te
Ogni piccolo sentimento, spara
È meglio non chiedersi niente
Ma stavolta voglio vedere chi è, chi è, chi è, chi è, chi è, chi è
Son partito da London City
Dove c’erano i Beatles e il rock and roll
Ero una macchina negra
Ma adesso mi chiamano Zebra
Da quando mi hanno messo le braccia
Di un bianco di nome John
Tu vuoi andare a Washington
Ma cosa vai a fare laggiù
C’è solo un sasso, non si vede un casso
Non è rimasto in piedi più niente nemmeno là
Chissà se mi sta ascoltando
È una bella mattina
Chissà se anche lui sta pensando
Eccolo lì che si avvicina
Ogni piccolo movimento, spara
Prima che l’altro faccia lo stesso con te
Ogni piccolo movimento, spara
Ma qui non si muove più niente
Non vi è rimasto nessuno
Siamo soli io e te, io e te, io e te, io e te, io e te, io e te, io e te
… Ciao Pippo!
Un finale enigmatico, dove Pippo probabilmente è una metafora verbale che si rifà a un ricognitore (probabilmente più di uno), che nella notte, durante la Seconda Guerra Mondiale, sorvolava le regioni dell’Italia settentrionale, anticipando le incursioni dei bombardieri alleati. Pippo infatti era il “benevolo” soprannome di quel velivolo dalla Liguria all’Emilia, Bologna compresa.
Souvenir di tempi andati scaturito da un momento di sfiducia. Forse è meglio coltivare la speranza, eredità anch’essa del compianto Bergoglio.
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Sempre poetico anche nell’avanzare delle tragedie! Grazie Carlo Mariano Sartoris…un filo di speranza teniamolo nel cuore…tanto la morte è solo un cambiamento di stato!