
Ambrogio Zaffaroni
Generazioni di torinesi, prima ancora di approfondire le vicende storiche del Ducato di Savoia, sono stati contagiati dall’entusiasmo e dalle intuizioni del giovane capitano Guido Amoretti. Sin dagli albori degli anni’60 del secolo scorso, i nostri concittadini hanno avuto più volte la possibilità di accedere al Museo Pietro Micca, unico nel panorama italiano ed europeo per le caratteristiche architettoniche e la genialità del progetto che mirava a rendere ampiamente difendibile la città di Torino e il ruolo strategico del ducato di Savoia.
Nel corso degli anni, le ricerche del generale Amoretti e dei suoi volontari, hanno aggiunto tasselli al primitivo progetto spingendosi a scoprire il patrimonio inestimabile dei cunicoli, dei passaggi e delle gallerie, il Rivellino degli Invalidi, oltre a Cisternone e al Forte del Pastiss, fino agli ultimi ritrovamenti nel cortile della ex caserma De Sonnaz. All’ingresso del museo, è esposto un plastico, che dimostra la strategia adottata dai condottieri e dall’esercito del Duca Vittorio Amedeo II e del Principe Eugenio di Savoia che rappresenta una pagina indelebile di Storia.
A Torino le buone idee a volte marciano lente ed abbiamo dovuto attendere sino al 29 novembre del 2024, quando la città di Torino, ha intitolato al generale Guido Amoretti, scopritore della scala Pietro Micca, la via prospicente al museo (ex via Giucciardini).
Al convegno che si è tenuto per l’occasione nel salone di Palazzo Pralormo, ha partecipato un pubblico attento e numeroso di conoscitori della nostra Storia, di coloro che si stringevano attorno al Generale sino dai primi momenti di vita del Museo, portavano i figli e nipoti alla visita delle gallerie e ne hanno tramandato la memoria.
Il dottor Mauro Bonino su Civico20News, l’8 dicembre del 2024 ha pubblicato un ampio e documentato articolo che ripercorre la vita del generale, dalla intuizione agli studi e alla ricerca dei cunicoli sotterranei in cui si svolse la difesa nei confronti dei 45000 assedianti Galloispanici, oltre alla cronaca del convegno.
Altre testimonianze sulla figura del generale Amoretti, per l’occasione, sono state scritte dallo storico Pier Franco Quaglieni su un giornale cittadino, e da studiosi della Storia del Ducato di Savoia. il Centro Studi Piemontesi con i suoi autorevoli studiosi e attivi dirigenti, in eruditi convegni ha ricordato la grandezza del Piemonte sabaudo perpetrano l’eroica testimonianza di cultura e di libertà, insita nel sacrificio di Pietro Micca.
Perché ritorniamo sul significato della manifestazione del 29 novembre, già magistralmente narrata?
Per l’esempio dei nostri concittadini che continuano a testimoniare, con la loro presenza, la grandezza e lo spirito europeo di una dinastia che credeva tenacemente nel ruolo di Torino capitale, in competizione con altre più antiche e blasonate capitali europee.
Oltre alle autorità cittadine, tra i relatori sono poi stati chiamati i figli Carla, Oreste Amoretti e l’amico di famiglia l’avvocato Riccardo Rossotto. Costui tanto si è speso per portare a termine la pratica della via, arenata dopo la scomparsa improvvisa del Generale Cravarezza. E’ poi seguito l’atteso intervento del Colonnello Ambrogio Zaffaroni, quarto Direttore del Museo Pietro Micca
Siamo tornati a quasi sei mesi di distanza, dal colonnello Zaffaroni che da due anni, in qualità di Direttore sovraintende al funzionamento del Museo ed a tutte le attività inerenti le visite, le ricerche storiche e la presenza operativa del Gruppo storico, nel corso delle manifestazioni annuali e con le guide qualificate che accompagnano i visitatori.
Dal colloquio con il colonnello, sono emersi particolari molto interessanti. La fidelizzazione e la fama del Museo e la figura del generale Amoretti vanno bel oltre ai confini cittadini. Questo è un aspetto molto qualificante.
L’organizzazione delle visite è assai complessa, ci dimostra il colonnello. I gruppi non possono superare le 15 unità. Ogni gruppo viene accompagnato da tre guide e nel percorso sotterraneo sono operativi collegamenti e dispostivi di sicurezza, atti a consentire lo sgombero immediato in caso di pericolo o per altre emergenze. Nonostante queste accortezze, l’andamento delle visite non subisce rallentamenti.
Nel 2024 e nei primi mesi del 2025 si è superato l’80% delle possibilità teoriche di visita. Ma il Museo ha altre potenzialità che per svariate ragioni (sicurezza, numero di accompagnatori disponibili, autorizzazioni, ecc.) non sono stabilmente fruibili.
In più con il gruppo dei volontari, il Museo partecipa a manifestazioni celebrative non soltanto a Torino e il 7 di settembre di ogni anno, in occasione del ricordo del sacrificio di Pietro Micca, i gruppi di figuranti, al completo sfilano per le vie della città, vestiti con le divise d’epoca. È cultura itinerante che polarizza giovani e adulti.
Ci sono ancora sogni nel cassetto del colonnello Zaffaroni e siamo certi, dall’entusiasmo che traspare dalle sue affermazioni, che farà di tutto, secondo il suo ruolo, per poterli realizzare.
Va tenuto presente che la governance del museo è complessa. La struttura è zona militare e apparitene all’esercito Italiano. Come ogni proprietà pubblica è inserita nel patrimonio dell’Agenzia del demanio. La componente burocratica e gestionale di funzionamento è esercitata dalla Città di Torino. Tenuto conto della peculiarità del luogo, ogni piccola innovazione o intervento di manutenzione straordinaria, dev’essere sottoposto all’autorizzazione della Sovraintendenza.
Ma, nonostante la complessità nell’agire, come ritiene il Colonnello Zaffaroni di aumentare il coinvolgimento di popolazione e di visitatori, ampliando l’area espositiva stabilmente visitabile?
L’ampiezza del progetto ci porterebbe inevitabilmente alla concezione di un” Museo diffuso”, includendo nel perimetro museale il Mastio della Cittadella, totalmente rivisitato rispetto al funzionamento attuale che per gran parte ha nulla a che vedere con la Storia di Torino e del manufatto militare. Così, con l’acquisizione del Mastio da parte del Museo Pietro Micca, si potrà mettere a disposizione di visitatori e studiosi, spazi, documenti e cimeli che illustrino le gesta dei Duchi di Savoia sin da Emanuele Filiberto.
Progetto di ampio respiro che per poter ricevere attuazione, oltre alla volontà politica della Città di Torino, nel finanziamento indispensabile, dovrebbe ottenere la partecipazione degli Enti e Istituzioni Torinesi, già impegnati nella promozione degli interventi per la tutela architettonica dei beni e al rilancio culturale.
Auguriamoci che le difficoltà ambientali e operative per portare alla disponibilità degli spazi proceda e che nei programmi elettorali della prossima amministrazione comunale, in molti si sentano coinvolti per rendere attrattiva e disponibile una gloriosa pagina di storia, fondamentale per capire il ruolo di Torino oltre al 1706 e sino ai nostri giorni.
C’incontreremo sicuramente con il con Zaffaroni per capire se e quando i tempi potrebbero essere maturi per il varo di un progetto degno a perpetrare la storia di Torino, con l’apporto della civica amministrazione e senza il “tradimento dei chierici”.