
Mostra a cura di Victoria Noel-Johnson
Dopo la precedente mostra PARIGI ERA VIVA. DE CHIRICO, SAVINIO E LES ITALIENS DE PARIS (1928-1933), la Fondazione Accorsi-Ometto celebra nuovamente Giorgio de Chirico, considerato il precursore del movimento surrealista francese, dal suo fondatore, André Breton.
La mostra GIORGIO DE CHIRICO: 1924, inaugurata il 7 novembre 2024, si presenta al pubblico in occasione del centenario della pubblicazione del “Manifeste du surréalisme”.
Curata da Victoria Noel-Johnson, prende in esame l’arco temporale che va dal 1921 al 1928, ed è la prima mostra o iniziativa pubblica a porre l’attenzione sugli eventi artistici che ruotano intorno al 1924, anno cruciale per la nascita del movimento surrealista, all’interno del quale Giorgio de Chirico assume un ruolo fondamentale.
L’anteprima per la stampa e le guide turistiche hanno beneficiato della presenza del Presidente Guido Appendino e del Direttore Luca Mana. La curatrice stessa ha guidato e accompagnato i partecipanti ad una visita particolareggiata del materiale esposto, che si pone l’obiettivo di analizzare il complesso rapporto di de Chirico con André Breton, con il poeta Paul Éluard e sua moglie Gala (che poi sposerà Salvador Dalì).
Sono oltre 70 le opere esposte: una cinquantina di dipinti e opere su carta di de Chirico e una ventina di ritratti di artisti, poeti e scrittori surrealisti, fotografati da Man Ray e Lee Miller, provenienti da collezioni private o da vari musei ed istituzioni.
Grazie al prestito della Bibliothèque Littéraire Jacques Doucet di Parigi, viene esposto per la prima volta il carteggio de Chirico – Breton (1921-1925), inclusa la lettera del 1924 in cui l’artista italiano propone di realizzare per Breton la prima replica di una sua opera del periodo metafisico, Le muse inquietanti (1918).
Come nasce questo rapporto intellettuale?
Breton scopre la pittura metafisica di de Chirico nel 1916 a Parigi, grazie a Guillaume Apollinaire; la loro corrispondenza, iniziata verso la fine del 1921, coinvolge anche Paul Éluard e sua moglie Gala. testimonianza e documentazione ne è la foto di gruppo scattata da Man Ray al Bureau de Recherches Surréalistes nell’ottobre 1924, pochi giorni dopo la pubblicazione del Manifesto.
Questo rapporto di amicizia e collaborazione si inasprisce nel corso del 1925 e si spezza nel 1926, dopo la dichiarazione pubblica di Breton secondo cui de Chirico è “morto”’ artisticamente nel 1918.
Per quale motivo una decisione tanto drastica, pubblicizzata e unilaterale? Alla base di essa si mescolano cause reali (la contestazione verso de Chirico per un suo ritorno verso il classicismo e i grandi maestri) e di affari, un vero e proprio conflitto di interessi, in quanto i Surrealisti risultano proprietari della maggior parte delle opere dechirichiane del primo periodo metafisico (1910-1918). Il suo accostamento al classicismo appare evidente dal 1919 al 1925, con lo studio della pittura italiana del Quattrocento.
Per uno sguardo retrospettivo su questa vicenda, il visitatore troverà in mostra una ampia selezione delle opere realizzate durante la permanenza di de Chirico tra Roma e Firenze (1921 – 1925), seguita dal suo secondo soggiorno parigino (fine 1925 – 1928).
A parziale commento della ispirazione di de Chirico potrebbe parlare di una “metafisica continua”, illustrata da La mia camera nell’Olimpo (1927): in un’atmosfera fantastica ed enigmatica, compaiono oggetti accostati apparentemente in maniera casuale, che evocano il passato in modo sognante e forse ancora surreale, con un tratto classico e uno sguardo alla modernità che avanza.
Altre opere, come Tempio in una stanza e La famiglia del pittore, entrambe del 1926, dimostrano lo sviluppo innovativo di temi e soggetti da lui sviluppati negli Anni Dieci, come gli “Interni ferraresi” e i “Manichini”.
Il catalogo bilingue (italiano/inglese), pubblicato da Silvana Editoriale, contiene testi inediti di studiosi internazionali, oltre cento riproduzioni a colori e una cospicua selezione di documenti d’archivio.
Ancora una volta, con la presente iniziativa, il Museo Accorsi – Ometto si qualifica, usando le parole del suo Direttore Luca Mana, un “museo d’impresa”, nello stile e nella ispirazione che ha guidato per tutta la vita il suo fondatore, Pietro Accorsi, a ricercare e scambiare l’arte e la bellezza nelle mutevoli forme incarnate e vissute nel tempo.
Una mostra preziosa, da non perdere, aperta al pubblico fino al 2 marzo 2025, che suggerisce una infinita serie di suggestioni storiche, letterarie ed artistiche, tutte da approfondire.
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RIDOTTO INSEGNANTI: € 6,00
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