La mostra personale di Andrea Chidichimo sarà inaugurata il 2 marzo dalle ore 18.30 alle 21.00
A Torino, sabato 2 marzo 2024, dalle 18.30 alle 21.00, alla Galleria del MAU Museo d’Arte Urbana, in via Rocciamelone 7/C, e da Spazio Garino, in via Rocciamelone 1/I, si terrà l’inaugurazione congiunta della mostra personale di Andrea Chidichimo dal titolo “Soglie”, a cura di Edoardo Di Mauro e con allestimento di Alberto Garino. Degustazione vini a cura di Stuzzivino, Piazza Risorgimento 2/C.
La mostra personale di Andrea Chidichimo, a ingresso libero, sarà visitabile fino al 6 aprile 2024. Nella personale sviluppata in due ambienti, Spazio Garino e la Galleria del Museo d’Arte Urbana, l’artista presenta, rispettivamente, 100 pitture di piccolo formato di china su carta, dipinti in bianco e nero realizzati con la fuliggine, ed altri dipinti ad olio su lastra.
Così Edoardo Di Mauro, Direttore Artistico del MAU- Museo d’Arte Urbana, presenta Andrea Chidichimo e la sua mostra “Soglie”.
La possibilità di creare mondi paralleli va di pari con l’aspirazione a dotare essi di un’anima, plasmandoli con il soffio primordiale della creazione, sostituendosi a Dio come era già intento dell’uomo rinascimentale.
L’arte non può quindi che fornire un importante contributo al dibattito vigente sulla dialettica organico/inorganico e su quello artificio/natura.
Ai giorni nostri i termini della questione e gli elementi dialettici sono rinvenibili all’interno di un diffuso tentativo di ricostruire una identità individuale, sottraendola alla dispersione cui pare destinata dai molteplici effetti dell’innovazione tecnologica ; che si manifesta con le apparenze di un Giano bifronte in grado, da un lato, di migliorare la qualità della vita ed aumentare il tempo libero a disposizione, elementi che già Aristotele dichiarava necessari ad un innalzamento del livello culturale del singolo, dall’altro causa di una riduzione dell’esistenza alle esigenze prioritarie dell’immagine, le uniche in grado di certificare, nel flusso caotico della comunicazione, un attestato di identità.
La scena attuale, caratterizzata da una estetizzazione diffusa della società, è stata efficacemente stigmatizzata alcuni anni fa dal filosofo francese Yves Michaud con il suo saggio “L’arte allo stato gassoso”, dove si evidenziava come alle opere d’arte ormai si sostituiscono le esperienze, con l’effetto artistico a prevalere sul tradizionale oggetto.
Il lavoro di Andrea Chidichimo si indirizza verso una volontà di umanizzazione del dato visivo dell’opera.
In un’epoca dove l’arte spesso ricerca il confronto con il reale nella sua pura e cruda esistenza, nell’immanenza del suo essere presenza concreta, senza alcuna mediazione concettuale ed ancor meno simbolica, generando angoscia e trauma, Andrea Chidichimo, riesce a dare nuova attualità alla tradizionale categoria estetica del sublime, nel suo caso inteso come confronto e dialogo con l’universo biomorfico.
I lavori di Chidichimo si presentano come sostanzialmente aniconici, ma il riferimento preciso all’universo naturale, il vorticismo della visione, le esplosioni di luce, le increspature, le fuliggini ed il ritmo che l’artista impartisce alle sue immagini, fanno balenare anche il dato figurativo, talvolta affiorante come un fantasma dai tratti indistinti, e comunque non consentono, questo è un bene, l’inquadramento delle opere entro recinti angusti.
Per parlare dell’oggi, di quel presente cui facevo cenno prima, non è necessario ricorrere al richiamo, talvolta banale, del quotidiano che spesso si tramuta in scontato sociologismo.
Chidichimo riesce a farlo efficacemente ricorrendo a temi archetipi e, ciò nonostante, quanto mai contemporanei, perché riferiti alla condizione umana in relazione al proprio tempo ed all’universo naturale che ci circonda e che, oggi come allora, tende a sovrastarci.
L’artista ridefinisce, con le sue opere, una categoria fondamentale per la storia dell’estetica come quella del sublime, riportandolo alla sua originaria etimologia, sia quella di Baumgarten riferita alla sensorialità, che quella di Kant, il quale definiva come sublime lo stato d’animo determinato dalla visione di una potenza naturale al culmine della sua manifestazione.
Come citato in un recente testo dedicato all’artista da Roberto Mastroianni, stimato collega di Antropologia Culturale all’Accademia Albertina, l’arte di Chidichimo si appoggia prevalentemente al dato dell’astrazione, che è la linea maestra del contemporaneo, come sottolineato da Filiberto Menna.
Nel suo “La linea analitica dell’arte moderna”, saggio del 1975, Menna analizza, in presa diretta, l’esito ultimo del moderno, l’avvento della contemporaneità con le forme dell’apertura dell’arte al mondo.
Apertura che avviene secondo modalità variegate, dapprima l’espansione vitale con le tendenze definite come Arte Povera, Land Art, Ecologic Art, a cui fa seguito una radicalizzazione della procedura. Concettualismo, Nuova Pittura e Narrative Art, quest’ultima con modalità che in realtà fanno trapelare il ritorno alla figurazione della fine di quel decennio, spostano la prassi dalla priorità del momento rappresentativo a quello dell’analisi e della riflessione sul procedimento mentale che presiede all’arte, che va a collocarsi su di un piano metalinguistico.
Chidichimo unisce il suo essere “qui ed ora” con la contemporanea militanza nel “là ed allora” di un tempo mitico e premoderno, alla ricerca della magia primordiale ed iniziatica del fare artistico.
Questo connubio tra passato remoto e presente lo rende un perfetto interprete della stagione post-moderna.
Come sottolineato dall’autore, la mostra ‘Soglie’ indica la possibilità di usare la figurazione all’interno di un’opera come passaggio di condizione di coscienza, e quindi transizione da uno stato ordinario a uno più interno e intimistico ed attento all’inconscio. (Edoardo Di Mauro, febbraio 2024).